Viene ucciso da Cosa Nostra Boris Giuliano il 21 luglio del 1979
Così Borsellino ricorderà Giorgio Boris Giuliano nell’ordinanza di rinvio a giudizio del maxi-processo:
“Deve (…) ascriversi ad ennesimo riconoscimento della abilità investigativa di Giuliano se quanto è emerso faticosamente solo adesso, a seguito di indagini istruttorie complesse e defatiganti, era stato da lui esattamente intuito e inquadrato diversi anni prima. Senza che ciò voglia suonare critica ad alcuno, devesi riconoscere che se altri organismi statali avessero adeguatamente compreso e assecondato l’intelligente impegno investigativo del Giuliano, probabilmente le strutture organizzative della mafia non si sarebbero così enormemente potenziate e molti efferati assassini, compreso quello dello stesso Giuliano, non sarebbero stati consumati”.
Dopo l’omicidio dello stesso giudice, queste parole fanno ancor più male agl’occhi di chi le legge.
Giuliano, investigatore formato dall’FBI, sul finire degli anni Settanta cercò la verità in terra siciliana, in uno dei periodi più pericolosi per farlo. Le novità apportate dal suo metodo di lavoro gli permisero di indagare sul caso De Mauro, legato a Enrico Mattei, sui prodromi della Seconda guerra di mafia, che si sarebbe consumata di lì a pochi anni, e sul traffico internazionale di droga, la cosiddetta Pizza connection.
L’eccessiva bravura nel suo lavoro, testimoniata dallo stesso Borsellino, gli costò la vita. Ci vollero circa quindici anni per condannare Riina, Provenzano, Greco, Madonia, Calò, Brusca e Geraci come mandanti. Fu Bagarella a premere il grilletto, il 21 luglio di quarant’anni fa. Sette volte. Alle spalle.
Alessio Gaggero
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