Sostegno psicologico per rifugiati e richiedenti asilo adulti
Sostegno psicologico e psicoterapia per rifugiati e richiedenti asilo adulti
Dal 2013 Me.Dia.Re. eroga servizi di sostegno psicologico rivolti a rifugiati, richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale e umanitaria, in convenzione con il Comune di Torino, in partnership con la Cooperativa Esserci e l’Associazione Frantz Fanon.
A chi si rivolge
Ai soggetti inseriti nel Sistema nazionale di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (S.P.R.A.R.) e segnalati dall’Ufficio Stranieri del Comune di Torino o da altri operatori ed enti impegnati nell’accoglienza e nell’accompagnamento all’integrazione sociale.
Approccio e metodologia
L’approccio adottato dal Servizio fa riferimento al modello di psichiatria transculturale messo a punto dal servizio dell’Ospedale Avicenne di Parigi, diretto dalla Prof. M. Rose Moro e dal Gruppo Trauma diretto dal Prof. T. Baubet, che prevede una presa in carico dei soggetti di tipo gruppale.
Su ispirazione del modello parigino, l’attività del Servizio di Ascolto, Sostegno Psicologico e Psicoterapia è quindi svolta da psicologi clinici e/o psicoterapeuti affiancati da figure in grado di interpretare le specificità culturali emergenti dai racconti (micro équipe composta da 2-3 operatori, tra cui psicologi, antropologi e mediatori culturali) e di permettere di meglio comprendere la natura, la portata e le conseguenze del trauma vissuto.
Quali servizi offre
Scopri il modello di psichiatria transculturale di M. R. Morò
L’impostazione messa a punto dall’équipe della dott.ssa Morò e adottata nel Servizio di Psichiatria Transculturale dell’Ospedale Avicenne di Bobigny, nei pressi di Parigi, prevede che il gruppo di terapisti, assieme all’interprete o al mediatore culturale, accolga la persona ed eventualmente i suoi familiari in una ricerca collettiva del senso delle difficoltà presenti, permettendo a ciascuno di “dire la propria singolarità” in uno spazio contenitore adeguato in cui i diversi codici culturali e le differenze delle persone e delle culture vengono messi al servizio del pensiero e della cura. La capacità di “potersi dire”, di poter raccontare a se stessi la propria vita e la propria storia passa attraverso la possibilità di poterla raccontare ad altri. In questa prospettiva, il dispositivo mira a favorire una narratività gruppale che fa da supporto alla capacità del singolo di narrarsi in modo per lui strutturante, attraverso una tecnica terapeutica che favorisce le libere associazioni a partire dalle immagini e dalle metafore delle persone che partecipano al gruppo. In questa narrazione oltre alla storia del soggetto hanno importanza la storia della famiglia, ma anche le relazioni fra il soggetto che ora vive qui e quanto di lui è restato laggiù, nella sua patria di origine. Il gruppo diventa pertanto luogo di accoglienza, di elaborazione delle difficoltà delle persone e di ricerca di soluzioni in quanto attiva ed amplifica le risorse dei soggetti, riconosciuti nella loro singolarità ed individualità, nonché nella loro possibilità di inventarsi e condividere un nuovo progetto di vita in un paese diverso dal proprio, ma non per questo necessariamente del tutto estraneo.