SOS CRISI Solitudine

SOS CRISI e la solitudine.

Il servizio gratuito SOS CRISI, che Me.Dia.Re. gestisce a Torino e in altre città, fin dall’inizio della crisi economica, costituisce una risposta alla solitudine generata dalla Crisi economica.

SOS Crisi offre, gratuitamente, un sostegno psicologico individuale, di gruppo e familiare, un’attività di mediazione dei conflitti (che sono prevalentemente interni alla famiglia, ma vi sono anche quelli che si sviluppano in altri ambiti relazionali e sociali: sanitario, di lavoro, di vicinato…), nonché altre forme di supporto psicosociale (Job Club, gruppi di auto-mutuo aiuto, gruppi di confronto e riflessione per genitori di NEET…).

SOS CRISI, dunque, è un servizio teso anche a risolvere la condizione di isolamento emotivo delle persone e delle famiglie vittime della crisi economica.

Con la Crisi emerge anche la solitudine

Infatti, insieme ai risvolti più strettamente clinici, che possono essere generati in coloro che sono stati travolti dalla Crisi economica, vi è un altro aspetto da prendere in considerazione: la solitudine.

A questo proposito, l’Eurostat (Istituto europeo di statistica), che ha diffuso i risultati di una survey sulla solitudine delle persone, relativi al 2015, in ambito europeo, pone l’Italia in testa alla classifica.

Tra questi dati sulla solitudine, si segnalano i seguenti, assai pertinenti con le tipologie di supporto offerte da SOS CRISI:

  • il 13,2% degli italiani over 16 non ha una persona alla quale chiedere aiuto. Si tratta della percentuale più alta a livello europeo, dove il valore medio è del 6%.
  • l’11,9% degli italiani non ha qualcuno con cui parlare dei propri problemi personali, contro una media europea del 6,1% (è vero, però, che in Francia la percentuale è del 17,7% della popolazione).

In sostanza, gli italiani, o perché non possono rivolgersi a nessuno per chiedere aiuto, o perché non hanno un amico o un familiare con cui parlare dei problemi più intimi, vivono, secondo il rapporto Eurostat, una quota di solitudine doppia, in termini percentuali, rispetto alla media europea.

Infodata ha provato ad incrociare i numeri sulla solitudine con altri indicatori per capire quale possa essere la causa di questo sentimento. E il primo elemento riguarda le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale. Quelle cioè che hanno un reddito inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. Emerge che col crescere della povertà aumenta anche il numero di persone che dichiarano di essere sole. E una tendenza simile si ha prendendo in considerazione il tasso di disoccupazione. Inoltre più cresce l’età mediana della popolazione, più aumenta la quota di persone che si dichiarano sole.

2008: l’impennata delle richieste di sostegno psicologico nei Servizi gratuiti di Ascolto del Cittadino e di Mediazione dei Conflitti

Ciò può contribuire a spiegare perché , fin dal 2008 nei Servizi gratuiti di Ascolto del Cittadino e di Mediazione dei Conflitti, gestiti dall’Associazione Me.Dia.Re. dai primi anni duemila, si presentarono molte persone che, più che essere sofferenti per conflitti di coppia e familiari, o legati ad altri contesti interpersonali, erano portatori di un disagio strettamente riconducibile a disoccupazione, precarietà, inadeguatezza del reddito, paura per il futuro.

In breve, chiedevano ascolto, ancor più che aiuto, poiché sentivano di sprofondare in uno strano isolamento. Un silenzio tetro, strettamente connesso alla difficoltà, o all’impossibilità, di condividere i loro vissuti.

Com’è noto, la situazione economico-occupazionale non migliorò negli anni seguenti.

Per effetto della disoccupazione e della precarietà lavorativa, nei primi cinque anni successivi all’esplodere della crisi (tra il 2008 e il 2012) i redditi medi erano calati in provincia di Torino del 15,7%, in linea con quanto avvenuto nelle altre metropoli del Centronord (che vanno da -13% nel caso di Venezia a -17,9% per Firenze). Insieme a Firenze e Venezia, dunque, quella torinese risultava tra le province centrosettentrionali meno ricche.

Il numero di famiglie economicamente assistite dai servizi sociali pubblici del Comune di Torino era in continua crescita: 2.248 nel 2014, laddove l’anno prima erano 1.876.

Anche il privato sociale era oberato da un numero crescente di richieste d’aiuto: ad esempio, alla Caritas torinese (sportello “Due tuniche”) nel 2013 si erano rivolte 2.197 persone, contro le 1.865 del 2012, le 612 del 2010, le 284 nel 2008. Il maggior numero di richieste riguardava problemi di debiti (nel 44,2% dei casi), occupazionali (29%), di salute o disabilità (11,2%), legati a spese per l’abitazione (9,1%).

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La solitudine come isolamento emotivo e non come mancanza di compagnia

Per tali ragioni, Me.Dia.Re., oltre sei anni fa, avviò formalmente il Servizio SOS CRISI, ottenendo, nel 2013,  il contributo fondamentale della Fondazione CRT e della Compagnia di San Paolo, e potendo poi avvalersi anche dei contributi e/o della collaborazione dell’Unione delle chiese metodiste e valdese, della Fondazione SociAL, della Banca d’Italia, del Comune di Collegno, delle Circoscrizioni 1,7 e 8 della Città di Torino.

Ancora oggi, SOS CRISI è attivo. Anzi, grazie al contributo rinnovato dalla Fondazione CRT e a quello della Città di Torino, può offrire un ventaglio più ampio di forme di sostegno, poiché il disagio, col passare del tempo è divenuto ancora più profondo e si è maggiormente diffuso. Anche se pare ancora insistere con maggiore danno su quella parte della popolazione che ha, o aveva, lavori di tipo esecutivo. Ad esempio, tra chi chiede aiuto alla Caritas vi sono soprattutto persone che hanno perso posti di lavoro esecutivi, come operaio, operatore delle pulizie, colf (fonte: http://www.osservatoriocaritastorino.org).

La solitudine e l’impressione di non contare nulla e di non poterci fare nulla

Quel che in questi anni di gestione di SOS CRISI è emerso, però, con particolare nettezza è il nesso tra il vissuto della solitudine e la sensazione di non avere valore per la società nel suo complesso.

Da un lato, si riscontra una diffusa percezione di essere considerati soltanto numeri, di essere entrati in qualche statistica sulla povertà, ma di essere stati dimenticati, giudicati ed emarginati dalla società e dalle sue istituzioni.

Dall’altro, vi è una sorta di identificazione di sé, anche in termini depressivi, come vittime impotenti di una Crisi, rispetto alla quale ogni lotta o ribellione risulta impossibile ancor prima che inutile. Ma ciò crea una rabbia sorda, disperata e dolente. Ci si irrita per tale identificazione e si cercano altri soggetti su cui scaricare la rabbia, che, altrimenti, implode con esiti autodistruttivi.

Ma la rabbia, proiettata all’esterno o no, crea lontananza, sia nel senso che tiene lontani gli altri, sia nel senso che ci si allontana dall’altro. Forse, per precauzione in entrambi i casi. E da ciò la solitudine trae origine o sviluppo.

La solitudine generata dalla vergogna

Del resto, in questi anni di gestione del servizio SOS CRISI, assai spesso, si è potuto constatare che, con particolare evidenza presso gli appartenenti alla cosiddetta classe media, impoveritasi improvvisamente, vi è la sensazione di rappresentare agli occhi degli altri qualcosa di sgradevole, di inguardabile. Un brutto spettacolo da evitare.

In molti casi, il vissuto dello stigma, temuto ancor prima di essere esperito, induce a nascondere al resto del mondo non soltanto la situazione di oggettiva difficoltà economica ed occupazionale, ma ancor di più la sofferenza emotiva.

Quest’ultima, quindi, alimentata da un miscuglio di vergogna, senso di colpa e di sconfitta, che inducono facilmente all’autoisolamento, trova una ulteriore causa di incremento, radicamento e approfondimento.

SOS CRISI: l’ascolto della solitudine

Fin dal principio, dunque, il Servizio SOS CRISI, si è declinato anche come luogo in cui dare cittadinanza a tali vissuti di solitudine, come spazio in cui poterli verbalizzare e come occasione per rifletterci sopra.

SOS CRISI, quindi, nelle sue diverse forme di intervento, non sminuisce né ridimensiona la portata di tali sentimenti, ma li accoglie.

I professionisti di SOS CRISI, ovviamente, non giudicano, né propongono facili o vuoti messaggi consolatori, ma ascoltano e accompagnano le persone nelle loro riflessioni, aiutandole così ad elaborare il dolore e l’angoscia, a dare significato alla rabbia, a superare la vergogna e il senso di colpa.

In breve, alle persone che si sentono esiliate o auto-esiliate dalla Crisi si offre la possibilità di ritrovare fiducia nella parola come strumento di connessione e condivisione con l’altro, così da individuare, ove possibile, anche le modalità soggettivamente più opportune per risolvere l’isolamento e la solitudine in cui si è scivolati.

Alberto Quattrocolo

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