Seconda guerra mondiale: il sottomarino giapponese I-58 affonda la USS Indianapolis, uccidendo 880 marinai. È il 31 luglio 1945.
All’incrociatore pesante Indianapolis, di classe Portland, della Marina statunitense era stata affidata una missione fondamentale per le sorti della Seconda Guerra Mondiale: trasportare parti critiche e uranio per la bomba atomica che avrebbe colpito Hiroshima, quella soprannominata Little boy1.
La nave salpò da San Francisco il 16 luglio 1945, poche ore dopo il Trinity test, la prima esplosione atomica, a mo’ di test, fatta nel Nuovo Messico (lo abbiamo ricordato nel post Primo test atomico nel deserto del Nuovo Messico il 16 luglio 1945); in tre giorni l’Indianapolis arrivò a Pearl Harbor (stabilendo un record di velocità) e infine, il 26 luglio, giunse a destinazione a Tinian. L’obiettivo dell’Indianapolis fu dunque raggiunto, come testimoniato dall’esplosione del 6 agosto successivo, ma nel viaggio di ritorno i soldati furono attaccati dal sottomarino giapponese.
Da poco passata la mezzanotte, nei primi minuti del 31 luglio del 1945, due siluri, lanciati da un sottomarino giapponese, colpirono la nave, che impiegò dodici minuti ad inabissarsi. Come nel film Lo Squalo (1975, di Steven Spielberg) il personaggio interpretato da Robert Shaw racconta ai due, attoniti e inorriditi, compagni di viaggio (interpretati da Roy Scheider e Richard Dreyfuss), gran parte dell’equipaggio non morì per l’affondamento dell’incrociatore, poiché molti riuscirono ad evacuare prima che affondasse. Centinaia di marinai restarono a mollo per giorni e si trasformarono in cibo per gli squali; alcuni morirono di disidratazione, ipernatriemia, ipotermia; altri ancora, in seguito a deliri e allucinazioni, uccisero se stessi o i proprio compagni.
Sembra che, nonostante l’alto livello di segretezza della missione, furono lanciati gli SOS 2. I segnali non vennero, tuttavia, accolti nella loro importanza. Ci vollero, dunque, tre giorni e mezzo prima che qualcuno della Marina si accorgesse di quelle centinaia di uomini alla deriva: un bombardiere americano passò in quel punto dell’oceano durante una ronda di routine e i soccorsi poterono partire.
La USS Indianapolis aveva a bordo 1196 marinai. Ne furono recuperati appena 316.
Alberto Quattrocolo
Alessio Gaggero
1 Cui si è fatto accenno in questo breve articolo sulla rubrica Corsi e Ricorsi.
2 Le prime dichiarazioni ufficiali parlarono di mancanza di evidenze in tal senso.
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