Scandalo Lockheed: dimissioni del Presidente della Repubblica
Vi è chi ci muore dentro e vi è chi ci specula sopra.
Il 29 marzo 1976, l’allora Presidente della Camera dei Deputati, Sandro Pertini, ricevette gli atti giudiziari fino a quel punto accumulati dagli inquirenti: da lì in poi, fu la Commissione parlamentare d’inchiesta ad occuparsi della faccenda.
La Lockheed, importante industria aerospaziale americana di livello mondiale, rivelò, alla fine del 1975, di aver pagato grosse somme di denaro a politici, funzionari, e partiti esteri. Indonesia, Filippine e Arabia Saudita furono i primi paesi in cui fu svelato il sistema di corruzione; più tardi fu la volta di Giappone, Italia, Germania e Paesi Bassi. La cifra dichiarata si aggirava intorno ai 22 milioni di dollari.
La citazione all’inizio dell’articolo fa riferimento ai prodotti oggetto delle trattative criminali: velivoli da trasporto C-130, acquistati per l’Aeronautica militare. In particolare, chi vi morì dentro furono 44 militari, poiché l’aereo su cui stavano viaggiando si schiantò sul Monte Serra, nei dintorni di Pisa.
Dunque, stando alla Commissione del Senato americano, le trattative tra l’azienda e il nostro paese iniziarono nel 1968, anno in cui si avvicendarono alla Presidenza del Consiglio Mariano Rumor e Giovanni Leone. Nel 1976, quando scoppiò lo scandalo nel nostro paese, Leone era Presidente della Repubblica. Due anni dopo, gli mancavano solo sei mesi al termine del mandato, quando fu costretto alle dimissioni: il PCI le chiese formalmente a metà giugno, gesto inedito per la Repubblica. Il partito Radicale, tra i più critici nei confronti di Leone, nel 1998 invierà delle scuse pubbliche verso l’ex Presidente, trovato poi estraneo ad ogni episodio dalla Corte Costituzionale, che in seguito si occupò della vicenda.
Un anno dopo, infatti, iniziò il primo e unico processo di fronte alla Consulta. 24 mesi più tardi si concluderà con condanne importanti: un ex ministro, il presidente di Finmeccanica, un generale dell’aviazione e diversi funzionari e intermediari. La corruzione non guarda in faccia a nessuno.
Alessio Gaggero
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