Riflessioni
Un luogo di riflessione sulla mediazione dei conflitti
Conflitti che generano altri conflitti
Capita che da un conflitto, per così dire, principale ne derivi un altro, secondario, relativo alle differenti opzioni circa i modi preferibili di affrontare il primo. Nell’esempio dello scontro tra il presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, e i vertici delle forze armate ai tempi della crisi missilistica cubana (sessant’anni fa), si sarebbe potuto dire che, in seno ai massimi livelli del governo USA, lo scontro fosse tra i sostenitori della necessità di lasciare aperta fino all’ultimo una possibilità di dialogo con i leader russi e i fautori di una linea di contrapposizione durissima contro l’Unione Sovietica. Entrambi argomentavano le loro posizioni fondandole sull’obiettivo di prevenire lo scatenarsi di una Terza Guerra Mondiale in grado di cancellare quasi ogni forma di vita dal pianeta. Entrambi consideravano l’altra opzione pericolosissima e giudicavano incoscienti e irresponsabili coloro che la sostenevano.
Analoghe dinamiche, pregne di diffidenza reciproca e di sospetto di tradimento, possono prodursi nei rapporti intercorrenti tra i membri di alcune o di tutte le fazioni che stanno confliggendo in ambito familiare o lavorativo, come in altri contesti relazionali. In tali circostanze, chi volesse tentare di gestire il conflitto principale, secondo noi, farebbe bene a non sottovalutare la rilevanza di quelli che ne sono derivati. Tanto più che questi ultimi, in parte, spesso vivono di vita propria e, in parte, possono, a loro volta, alimentare il conflitto che li ha generati e provocarne di ulteriori.
A. Baiocchi: Micro e macro conflitto nel tessuto sociale – Tavola rotonda Ricostruire legami
Antonella Baiocchi, nella riflessione che ha svolto nella Tavola Rotonda "Ricostruire legami”, ha esplorato gli effetti dei conflitti che attraversano la nostra vita comunitaria e ha proposto una particolare chiave di letture sulle dinamiche psicologiche sottese al reato e alle sue conseguenze sugli autori, sulle vittime e sugli altri membri della comunità.
M.A. Trombara: Gli strumenti di Giustizia Riparativa all’interno della comunità – Tavola rotonda “Ricostruire legami”
Nel suo intervento alla Tavola Rotonda "Ricostruire legami” Maria Alice Trombara ha posto in luce come la comunità in cui si verifica un reato, tipicamente esclusa da ogni possibilità di farsi sentire nei modelli di Giustizia fin qui prevalenti (Retributivo e Rieducativo/Riabilitativo), riacquisti un ruolo di rilievo, quindi non meramente passivo, con l’affermarsi degli strumenti di Giustizia Riparativa.
Maurizio D’Alessandro: Comunità e Istituzioni: accogliere il disagio e arginare il disordine – Tavola Rotonda Ricostruire legami
Attraverso gli esempi della violenza matricida di Oreste, della sua persecuzione delle Erinni e dell'assoluzione decisa dal tribunale dell'Areopago, nella trilogia di Eschilo, attraverso la citazione della furia delle Baccanti e degli inganni vendicativi di Dionisio, nella tragedia di Euripide, e passando da Platone a Tönnies, si sviluppa la riflessione di Maurizio D'Alessandro nella Tavola Rotonda "Ricostruire legami", fino ad illustrare le ragioni di fondo dei Servizi gratuiti di Ascolto e Mediazione di Me.Dia.Re., e il loro valore in termine di riparazione dei legami sociali, senza tralasciare i risvolti di senso che egli ne ha esperito, gestendoli per circa quindici anni.
M. Vallesi: Funzioni della Giustizia Riparativa all’interno della comunità – Tavola rotonda Ricostruire legami
Per spiegare e dare la misura della concretezza del paradigma della Giustizia Riparativa, quale strumento di riparazione dei legami sociali che il verificarsi di un reato può spezzare, indebolendo una comunità, Martina Vallesi, nel suo intervento alla Tavola Rotonda "Ricostruire legami", racconta un intervento di gestione di un conflitto che, sviluppandosi attraverso il coinvolgimento diretto della cittadinanza, ha consentito ai residenti di una zona cittadina periferica di sentirsi ascoltati e di ascoltarsi reciprocamente e di individuare modalità e azioni per risolvere le criticità alla base delle ostilità, delle diffidenze e degli scontri fino ad allora imperanti.
L’influenza della cultura cristiana nella mediazione penale
La Giustizia Riparativa e, in particolare, la Mediazione Penale in particolare possono risentire dell'influenza culturale del cristianesimo, ad esempio su registri come quello dell'espiazione o quello del perdono,
si è chiesto Maurizio D'Alessandro, rivolgendosi ai relatori (Maria Alice Trombara, Maria Rosaria Sasso, Alberto Quattrocolo e Giovanni Grauso) della Tavola Rotonda "Cittadinanza alle emozioni. La Mediazione dei Conflitti e i suoi ambiti".
Giovanni Grauso: La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale – Tavola rotonda Cittadinanza alle emozioni
«La Giustizia Riparativa non può essere uno slogan, né una bandiera, deve essere una scelta culturale»
E' ciò che ha sostenuto Giovanni Grauso, svolgendo le sue riflessioni su possibilità e limiti delle previsioni della Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale, nel quarti intervento della tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La Mediazione dei suoi Conflitti e si suoi ambiti.
Maria Rosaria Sasso: La Mediazione Scolastica – Tavola rotonda Cittadinanza alle emozioni
Purtroppo nella scuola, che è la prima agenzia di socializzazione, si parla troppo poco di emozioni, ma a queste e ai conflitti che lì sorgono (quelli tra studenti, quelli tra questi e gli insegnanti, quelli tra le famiglie e i docenti...) può dar voce, e la dà, la Mediazione Scolastica, spiega Maria Rosaria Sasso in questo video del suo intervento nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La Mediazione dei suoi Conflitti e si suoi ambiti
A. Quattrocolo: Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito sanitario – Tavola Rotonda Cittadinanza alle emozioni
«Poco meno di vent’anni fa, noi dell'Associazione Me.Dia.Re. ci siamo chiesti: poiché alla base o a lato del reclamo e/o della richiesta di risarcimento e/o dell’azione legale, vi sono spesso degli stati d’animo che le risposte formali (giudiziarie o extragiudiziarie) non sempre appagano, non sarebbe necessario offrire a cittadini e professionisti una possibilità di esprimere anche questi aspetti personali e interpersonali e, se interessati, uno spazio per comunicarseli reciprocamente?»
Nel video proposto in questo post è possibile seguire le riflessioni di Alberto Quattrocolo su "Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito sanitario", fondate sull'esperienza pratica di Me.Dia.Re. nella gestione dei conflitti tra professionisti e pazienti (che si siano manifestati con denunce o richieste di risarcimento per responsabilità professionale, con reclami, con aggressioni ai danni degli operatori e in altri modi ancora).
M. A. Trombara: La mediazione penale – Tavola Rotonda Cittadinanza alle emozioni
«Per capire la Giustizia Riparativa, dovremmo farci tutti insieme una domanda: perché la "pena"»
Inizia così la riflessione di Maria Alice Trombara sulla Mediazione Penale, svolta nella tavola rotonda "Cittadinanza alle emozioni. La mediazione dei suoi conflitti e i suoi ambiti", organizzata dall'Associazione Me.Dia.Re. il 12 novembre
Ricostruire legami: tavola rotonda del 19 novembre
Vi aspettiamo il 19 novembre, sulla pagina Facebook di Me.Dia.Re., dalle 17,30 alle 19,30, alla Tavola rotonda:
“Ricostruire legami”: la Mediazione dei Conflitti e i suoi ambiti
Si parlerà delle dinamiche d'innesco e delle conseguenze della conflittualità quotidiana nelle comunità, degli effetti dei reati e dei conflitti che li hanno provocati o che ne sono derivati sulle vittime e sugli autori, nonché sul contesto sociale, e degli strumenti e degli obiettivi e delle funzioni della Giustizia Riparativa proprio all'interno delle comunità.
Discussione su Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti
Nel corso del dibattito al termine della presentazione del libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti” (di Alberto Quattrocolo, Maurizio D'Alessandro, con prefazione di Isabella Buzzi, FrancoAngeli, 2021), si è discusso della ricchezza e della complessità dell'ascolto, ma anche, e con molta sincerità, delle difficoltà che può incontrare il mediatore nella gestione dei propri vissuti attivati dalla relazione con i confliggenti ascoltati
Il modello Ascolto e Mediazione come mediazione trascendentale
Nel presentare il libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, che ha scritto con Alberto Quattrocolo, in questo video dell'incontro svolto il 21 ottobre 2021, Maurizio D'Alessandro spiega perché a pagina 147 del testo ha scritto «La mediazione crea le condizioni di possibilità di un confronto e in questo senso possiamo kantianamente definirla mediazione trascendentale».
«In Kant, infatti, "trascendentale" ha un valore particolare, che non richiama la trascendenza come ciò che è oltre il mondo, ma che riguarda "ogni conoscenza che si occupi in generale non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti, nella misura in cui questa deve essere possibile a priori". Non mi voglio soffermare tanto sul concetto di “a priori” (perché lì si aprirebbero delle parentesi che non so neanche se sarei in grado di spiegare), ma sull'espressione “del nostro modo di conoscere”. Perché? Perché in fondo per quel che mi riguarda, tanto nei momenti formativi quanto nelle mediazioni, talvolta mi rendo conto che mediare, più che usare quella cassetta degli attrezzi di cui parlavo prima, vuol dire proprio, in primo luogo, entrare in contatto con sé stessi, con il proprio modo di essere, di relazionarsi all'altro, per tentare di entrare in quell’agire comunicativo di cui abbiamo parlato e per far sì che l'altro si senta davvero ascoltato e non strumentalizzato»
Il modello “Ascolto e Mediazione”
Alberto Quattrocolo nel presentare il libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, di cui è autore con Maurizio D’Alessandro, si è soffermato sulle ragioni per le quali nell’elaborare una denominazione per definire l’approccio dell’Associazione Me.Dia.Re. alla gestione dei conflitti si è deciso di
«estrarre dal concetto di mediazione un aspetto ad essa connaturato (l’ascolto): non per slegarlo, ma per esplicitarlo, rammentandone così la centralità. Ascolto e Mediazione, appunto, e non “soltanto” mediazione».
Isabella Buzzi: «siamo tutti fatti di carne e di sangue»
Isabella Buzzi, in questo video dell'incontro sul tema della mediazione ha spiegato perché ha accettato di essere autrice della prefazione del libro "Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti" (di A. Quattrocolo e M. D'Alessandro, FrancoAngeli, 2021).
Ascolto (ed empatia) nella mediazione penale
Si parla anche di cinema - i due capolavori del cinema comico italiano, “I soliti ignoti” e “Guardie e ladri”(a quest'ultimo avevamo già dedicato un post della rubrica Corsi e Ricorsi), e di musica (la canzone la “Guerra di Piero”) - in questo terzo articolo (e video), dedicato alla mediazione penale, tratto dall’incontro organizzato e condotto da Maria Alice Trombara, Maria Rosaria Sasso e Antonella Sapio, All’ora del thè, in compagnia di Alberto Quattrocolo dell’Associazione Me.Dia.Re
Gli esempi cinematografici (si fa notare, incidentalmente, che alla regia e alla sceneggiatura di entrambi aveva messo mano Mario Monicelli e che entrambi vedevano nel cast la presenza determinante di Totò) e la canzone di Fabrizio De André, infatti, servono a supportare alcune riflessioni sull’ascolto svolto dal mediatore penale e sull’empatia: sia quella che egli, ascoltando, deve declinare nel suo relazionarsi con i protagonisti della vicenda, che quella che, a seguito del suo ascolto, può svilupparsi tra di loro. Infatti, lo spunto proposto da una domanda di Maria Alice Trombara ad Alberto Quattrocolo è stato il seguente:
«Alberto, mi volevo ricollegare a quello che tu dicevi sulla mediazione penale specificando che attualmente il modello della Morineau è quello che si usa maggiormente in Europa, ma anche Oltreoceano (pensiamo al Canada): sappiamo che la Morineau propone questa tripartizione in “Teoria”, “Crisi” e “Catarsi”, che lei, come “numismatica greca”, prende dalla tragedia greca, ma nel mondo moderno, nel mondo attuale, come viene vissuta dai nostri medianti questa tripartizione (appunto, “Teoria”, “Crisi” e “Catarsi”) e il mediatore come riesce ad accompagnarli in questi tre stadi, ossia dalle emozioni ai valori, diciamo così?».
Gli sbocchi professionali per i mediatori penali e per i mediatori familiari
Quali sono gli sbocchi lavorativi per chi vuole formarsi per diventare un mediatore penale o un mediatore familiare o per chi vuole acquisire entrambe le competenze? A questa domanda hanno risposto Alberto Quattrocolo (dell’Associazione Me.Dia.Re.) e l’avv. Giovanni Grauso (mediatore familiare, supervisore dei mediatori familiari e membro del Consiglio Direttivo dell’A.I.Me.F.) nell’ambito del ciclo di incontri All’ora del thè, in compagnia di …, organizzato e condotto da Maria Alice Trombara, Maria Rosaria Sasso e Antonella Sapio, dedicato a «Mediazione Familiare e dintorni. Chiacchiere in rete. “Perché tutti siamo importanti nelle dinamiche familiari”»
Differenze e similitudini tra mediazione familiare e mediazione penale
In una piacevole chiacchierata del 7 luglio 2021 di Antonella Sapio, Maria Rosaria Sasso, Maria Alice Trombara e Giovanni Grauso con Alberto Quattrocolo (dell'Associazione Me.Dia.Re.) sono stati affrontati diversi argomenti riguardanti il tema della mediazione penale. Il primo affrontato è stato quello dei rapporti tra la mediazione familiare e la mediazione penale da un punto di vista applicativo-operativo: in questo articolo, che contiene anche il video dell'intervista, ci si sofferma sugli elementi in comune e le differenze tra questi due strumenti di gestione dei conflitti sotto molteplici punti di vista: il contesto giuridico; il contesto relazionale (all'interno del quale ci si sofferma sul processo di vittimizzazione, sui meccanismi di autogiustificazione e sul tema della violenza); il conflitto; i principali modelli teorico-operativi; l'ascolto e l'accoglienza delle persone al di là del loro ruolo di parti.
Mediazioni e compromessi come sinonimo di vita (libera)
Mediazioni e compromessi punteggiano le nostre vite di tutti i giorni. Sulle mediazioni e sui compromessi si sono fondate delle costituzioni, si sono approvate leggi d'importanza capitale e si sono costruite innumerevoli maggioranze di governo, perfino esecutivi di unità nazionale, fin dai tempi della Prima Guerra Mondiale (ma si potrebbe risalire alle guerre napoleoniche), nel Regno Unito, come del resto, in Italia.
Scriveva Amos Oz:
«Nel mio mondo la parola compromesso è sinonimo di vita (...) Il contrario di compromesso è fanatismo, morte (...). Ritengo che l’essenza del fanatismo sia nel desiderio di costringere gli altri a cambiare».
Se il compromesso (e la mediazione che lo ha prodotto) è il contrario del fanatismo, cioè del progetto di cambiare gli altri, allora anche i mediatori, forse, dovrebbero stare attenti a non diventare fanatici della mediazione e del compromesso cercando di costringere i protagonisti del conflitto a cambiare, cioè a smettere di essere in conflitto.
Mediazione e compromesso
Mediazione e compromesso sono spesso intesi come un binomio, un'accoppiata inscindibile. Tanto che talvolta pare quasi che significhino la stessa cosa. Ciò per lo più si verifica allorché mediazione e compromesso sono percepiti e intesi in senso negativo, come indici di debolezza, come sintomi di una mancanza di valori e perfino come sospetta disponibilità a simpatizzare con il nemico. Tuttavia, esiste e ha un certo consenso anche la posizione, opposta, di chi tesse le lodi della disponibilità alla mediazione e al compromesso, ritenendola sinonimo di maturità e di capacità di dialogo.
Non manca, peraltro, il conflitto tra i fautori della mediazione e del compromesso e coloro che si rifiutano anche solo di prenderne in considerazione l'eventualità.
Ma che rapporto c'è tra mediazione e compromesso? In molti casi, anche in ambito professionale (si pensi alla mediazione civile e commerciale o alla mediazione familiare), si potrebbe dire, che è largamente diffusa una rappresentazione di tale relazione come se fosse di tipo "genitoriale" (una mediazione riuscita genera un compromesso, cioè un accordo), ma non è detto che mediazione e compromesso debbano essere necessariamente associati. Non è detto, cioè, che il fine di un intervento di mediazione debba essere necessariamente il conseguimento di un compromesso tra i protagonisti del conflitto. In questo articolo spieghiamo quali sono le conseguenze "operative e commerciali" di una stretta correlazione tra mediazione e compromesso e come sia possibile intendere e svolgere la prima senza avere come fine il raggiungimento dell'accordo.
Fair Play Goodbye
Ha scritto, anni fa, Johan Huizinga:
«È un ideale umano di ogni epoca quello di combattere con onore per una causa che sia buona. Questo ideale sin dall’inizio è violato nella sua cruda realtà. La volontà di vincere è sempre più forte dell’autodominio imposto dal senso d’onore. Per quanto la civiltà umana ponga dei limiti alla violenza a cui si sentono portati i gruppi, tuttavia la necessità di vincere domina a tal punto i combattenti che la malizia umana ottiene sempre libero gioco e si permette tutto ciò che può inventare l’intelletto».
Ebbene, queste amare osservazioni relative alle condotte conflittuali di popoli o di gruppi ampi di persone, in realtà, possono essere estese con notevole frequenza anche ai conflitti inter-individuali o, comunque, tra gruppi più ristretti di persone. Anche in questi, infatti, le logiche del conflitto e le dinamiche della sua escalation si rivelano spesso dotate di una forza irresistibile, che sottrae ai protagonisti una parte consistente della loro capacità di governare la relazione e, ancor prima, di avere il controllo sui loro pensieri, sulle loro emozioni e sui loro comportamenti.
Di questi aspetti il mediatore dovrebbe essere estremamente consapevole, se vuole evitare di assumere un atteggiamento giudicante. E per riuscirci, tutto sommato, potrebbe bastargli ripensare alle proprie esperienze conflittuali e all’abilità con cui la propria mente gli ha procurato pronte autogiustificazioni nei momenti in cui, preso dalla lotta e irrigidito nella contrapposizione, ha agito infischiandosene del fair play.
L’esperienza di Ascolto e Mediazione al tempo del Covid
Proponiamo una sorta di bilancio emotivo di circa 15 mesi di attività gratuita di Ascolto e Mediazione al tempo del Covid. Quali sentimenti, emozioni, dinamiche relazionali, conflitti interni ed esterni sono approdati nei nostri servizi gratuiti? Quanto ancora pesano i fardelli trascinati in questi mesi, quanto affliggono ancora le perdite sofferte e quanto angosciano tuttora le difficoltà del futuro?
Intervista a Mariagrazia Bertini
L'avv. Mariagrazia Bertini, che è anche mediatrice familiare, affronta il tema della mediazione familiare con un approccio che coniuga i punti di vista e le competenze accumulate in entrambe le professioni, ponendosi così in linea con lo spirito che sottende il convegno del 19 maggio 2021, "La mediazione familiare: una risorsa di gestione dei conflitti", organizzato da Aiga Ivrea, Aiaf sezione di Ivrea e Associazione Me.Dia.Re.
Intervista alle avv. Patricia Proshwitz Cester, Franca Sapone e Silvia di Nunno
Abbiamo intervistato l'. (Referente AIAF sez. di Ivrea), l'. (socia dell'AIAF sez. di Ivrea) e dall'. (Segretaria AIGA sez. Ivrea) in relazione al convegno del 19 maggio 2021, "La mediazione familiare: una risorsa di gestione dei conflitti", organizzato da Aiga Ivrea, Aiaf sezione di Ivrea e Associazione Me.Dia.Re.
La tensione tra pensiero scientifico e pensiero anti-scientifico nella terza intervista a Maurizio D’Alessandro
Alla domanda sul cosa pensare della tensione tra pensiero scientifico e pensiero antiscientifico divenuta così importante e perfino ingombrante, Maurizio D'Alessandro risponde che per sviluppare tale tema è necessario partire da due autori Cartesio e Galileo: poiché il dibattito sul metodo dell’inizio del ‘600 ritorna attuale in questo momento storico in cui l'umanità riversa tutte le proprie speranze sulla scienza e sul suo sapere. Da ciò, inevitabilmente deriva un secondo quesito che riguarda il modo in cui quel dibattito si svolge in termini di linguaggio. A questo proposito egli osserva che nel linguaggio politico si sviluppa una tensione maggiore di quelle che caratterizza la discussione sul piano scientifico poiché vengono a mancare oggetti “consistenti” e quantificabili.
Il rapporto tra il linguaggio e la verità nella seconda intervista a Maurizio D’Alessandro
Qual è il rapporto tra verità e linguaggio in un momento storico in cui il rischio è quello di una comunicazione orientata alla manipolazione?
Su questi temi si sofferma Maurizio D'Alessandro, mediatore familiare e penale, supervisore professionale A.I.Me.F., e autore, in ambito filosofico, di Ermeneutica, saggezza e filosofia pratica, Nuova TRauben, 2020
Intervista a Maurizio D’Alessandro: la filosofia di fronte all’avversione al pensiero scientifico
In quest'intervista, Maurizio D'Alessandro, che non è solo un mediatore e un formatore con quindici anni di esperienza, ma anche dottore di ricerca in filosofia (e autore di diversi testi di filosofia, tra i quali, Ermeneutica, saggezza e filosofia pratica, Nuova Trauben, 2020), conducendoci per mano attraverso i concetti di phronesis (saggezza), ethos (cioè, usi, abitudini, da cui l'etica) e prassi, stimola delle riflessioni utili anche rispetto al sempre più intenso conflitto tra pensiero scientifico e pensiero antiscientifico.
Il “sequestro emozionale” del conflitto e l’ “intelligenza emotiva” della mediazione
Il conflitto ha una sorprendente capacità di inibire le nostre capacità di sentire e riconoscere le nostre e altrui emozioni e ci fa pensare, volere e agire sotto il condizionamento della propria forza pervasiva. In altri termini, il conflitto ha uno spaventoso potere di porre in essere un "sequestro emozionale" in danno dei suoi protagonisti. La mediazione, da questo punto di vista, può essere vista come l'azione di liberazione delle capacità sequestrate dal conflitto, quelle capacità che costituiscono la nostra "intelligenza emotiva". Infatti, attraverso l'ascolto empatico svolto dal mediatore, la mediazione restituisce agli attori del conflitto la consapevolezza dei loro sentimenti e delle loro emozioni, il che costituisce il presupposto indispensabile per il recupero della capacità empatica e di quella di pensare, sentire e agire liberati dai condizionamenti della dinamica conflittuale.
L’empatia non è una passeggiata
L'empatia del mediatore, che non può essere solo una disposizione d'animo, dovendo essere comunicata ai protagonisti del conflitto con cui si relaziona, e che è strettamente legata alla neutralità e alla sospensione del giudizio, può essere difficile da declinare in alcune circostanze. Ad esempio, davanti a confliggenti indisponibili a dare segni di de-escalation dell'ostilità e del risentimento.
La mediazione familiare è laica
Nel promuovere la mediazione familiare si rischia di sottovalutare un aspetto, spesso condizionante e alquanto scomodo (e, forse, per questo sottovalutato o schivato): c’è una tensione di fondo, in moltissime situazioni, tra l’offerta della mediazione familiare e il conflitto che quella si propone di gestire.
Questa tensione, però, potrebbe attenuarsi, forse, se si rinforzasse il messaggio che la mediazione familiare è a-valutativa e, quindi, laica: è anch’essa in qualche modo figlia di Emmanuel Kant, nel senso che anche per il mediatore familiare gli esseri umani con cui professionalmente interagisce sono un fine e non possono essere mai trattati come un mezzo. Neppure per raggiungere un fine che è costituito da altri esseri umani, cioè i figli dei confliggenti (vale a dire, il loro benessere, inteso come salvaguardia dagli effetti dannosi del conflitto nella coppia genitoriale).
Tristezza (“per favore, vai via”)
Nella nostra società, il parlare di tristezza o il fare discorsi “tristi” è, molto spesso, additato e tacciato come sintomo di debolezza e, quasi istintivamente, la prima cosa che facciamo, quando vediamo qualcuno triste, è cercare di confortarlo, di fare in modo che possa allontanare da sé quell’emozione, come se il provare tristezza fosse sempre deprecabile, sbagliato e deleterio per sé e per gli altri. Invece, sono molteplici le funzioni di questa emozione (come quella della richiesta di aiuto, del porci in contatto con la nostra intimità, di aumentare il nostro senso di realtà o di aiutarci a recuperare la calma dopo momenti di forte stress). Ma come deve porsi il mediatore di fronte alla tristezza della persona che sta ascoltando? A seconda dei casi può rispecchiarla, nominandola, oppure ricorrere al cosiddetto reframing.
Si fa presto a dire “emozioni”: la paura nella mediazione
Le emozioni entrano nella stanza della mediazione e giocano un ruolo importante. Tra queste emozioni figura anche la paura.
Come può il mediatore “maneggiare” questa emozione? Cioè, come può disporsi e prepararsi a riconoscerla, rispettarla, rispecchiarla e sostenerla?
Il tentativo di triangolazione durante la mediazione
Nei percorsi di mediazione familiare e, più in generale, di mediazione dei conflitti capita molto spesso che gli attori del conflitto, anche inconsapevolmente, pongano in essere dei tentativi di triangolazione nei confronti del mediatore. Come può reagire quest'ultimo in tali situazioni, considerando che il bisogno di sentire il mediatore dalla propria parte, quando si sta vivendo una situazione conflittuale, è perfettamente comprensibile?
Il mediatore dei conflitti e il colloquio da remoto: l’importanza della comunicazione non verbale.
La comunicazione non verbale ha un'importanza fondamentale nella relazione tra il mediatore e gli attori del conflitto. L'irruzione del SARS-CoV-2 ha reso inevitabile dei cambiamenti anche nello svolgimento dell'attività mediativa, che vanno ad interessare principalmente questo aspetto. Ma, poiché, anche quando la mediazione (familiare o in altri ambiti) si svolge online, la comunicazione non verbale resta un aspetto centrale, quali sono gli aspetti e gli accorgimenti a cui deve prestare particolare attenzione il mediatore?
Tu chiamale, se vuoi, Emozioni
Quando si chiede “come stai?”, nel primo colloquio individuale, durante un percorso di Ascolto e Mediazione, spesso, la risposta è un laconico “Bene, grazie”, però, accompagnato spesso da una smorfia, a metà strada tra la diffidenza e la sorpresa. La risposta a quella stessa domanda diventa, nel corso degli incontri successivi, più articolata e complessa, perché dà voce a sentimenti ed emozioni contrastanti, che accompagnano e attraversano la persona e che l’hanno condotta lì, alla mediazione.
Separazione e divorzio di coppie con figli adolescenti
Come vive l’adolescente la separazione dei genitori? Quali sono i disagi che vive? Dal momento che è sicuramente più logorante e deleterio per la sua salute psichica vivere in un contesto familiare all'apparenza unito ma molto conflittuale, rispetto al vivere in una famiglia con genitori separati che hanno raggiunto un buon grado di stabilità ed armonia, non è detto che la separazione dei genitori sia da considerarsi di per sé causa di disagio. In questo post di Riflessioni si tenta di comprendere il punto di vista dei figli adolescenti, soffermandosi anche su quei segnali di disagio dell'adolescente che non sono da sottovalutare, ma anche sui comportamenti da non sopravvalutare, nonché sui fattori che possono determinare una maggiore o minore problematicità legata alla separazione coniugale.
La mediazione tra Eros e Thanatos durante la pandemia
Recuperando, non in termini interpretativi ma di mera suggestione, il conflitto tra Eros e Thanatos, di freudiana memoria, tentiamo qualche riflessione su alcuni dei fronti conflittuali attivati dalla pandemia in corso e sulle difficoltà e possibilità di una loro mediazione.
Il bisogno di ascolto e mediazione nell’era del Coronavirus
Di fronte ad un tale cambiamento epocale, anche per chi si occupa di gestione dei conflitti diventa urgente pensare alla duplice possibilità di un incremento considerevole della quantità, e forse della intensità, della conflittualità quotidiana e dell'emersione di un bisogno di ascolto e mediazione non identico a quello dell'era pre-Coronavirus. Verosimilmente, allora, anche per le implicazioni tecnologiche, gli stessi approcci metodologici dovrebbero essere efficacemente rapportati a questa nuova, per molti aspetti inquieta e inquietante - in quanto ignota e comunque destabilizzante - realtà.
La caccia alle streghe
In questi giorni difficili, nei quali sono state modificate le nostre abitudini quotidiane, ci è stato proibito il contatto umano, giorni nei quali l’unico modo per esternare il nostro disappunto, il nostro malessere, la nostra frustrazione, è l’utilizzo dei social, si osserva il ritorno prepotente del fenomeno della “Caccia alle streghe”. Ma chi sono queste streghe e chi sono i cacciatori?
Conflitti virtuali e conflitti virtuosi
Viviamo oramai da giorni in un’atmosfera surreale: da un lato, non possiamo abbracciarci ed avere contatti ravvicinati; dall’altro lato, siamo costretti a convivenze forzate “0-24” che mettono a dura prova anche i rapporti più consolidati e forti. Si sta insinuando, nei rapporti di tutti i giorni, già complicati, un nemico insidioso, perché invisibile, sul quale diventa difficile riversare la nostra rabbia, la nostra frustrazione e la nostra umana impotenza. E dunque la “valvola di sfogo” diventa il nostro PROSSIMO. Insomma siamo “animali sociali”, ma anche – e di più – “animali conflittuali”.
Riflessioni filosofiche: La mediazione dei conflitti e il concetto di applicazione.
La mediazione dei conflitti usa delle tecniche, ma non è una tecnica.
Infatti, in questo post di Maurizio D'Alessandro, prendendo le mosse da Hans Georg Gadamer, il pensatore che più ha contribuito al recupero di Aristotele nell’ermeneutica del Novecento, giunge ad affermare:
«Non si nega che la mediazione dei conflitti si avvalga di tecniche ripetibili, insegnabili e, dunque, trasmissibili, ma solo che essa usa delle tecniche senza essere essa stessa una tecnica. Il mediatore, perciò, è tenuto a tenere sempre in conto il singolo caso particolare che non va posto acriticamente sotto una categoria “tecnico-scientifica”, ma messo in relazione a più valori, massime dell’azione, norme etc. affinché il singolo caso stesso non risulti soffocato da una "proceduralizzazione” dell’agire che tenga in considerazione più i temi - quali: conflitto, sistema giudiziario, mediazione - che non i vissuti di colui il quale quel conflitto sta vivendo e che deve essere tutelato dal desiderio del mediatore di strumentalizzare conflitti e confliggenti per fini propri e che sono estranei allo spirito di neutralità, libertà di scelta, accoglienza del conflitto che dovrebbero caratterizzare queste forme di pratica».
Ma occorre leggere il post, per comprenderne i passaggi e rifletterci sopra.
Figli e mediazione familiare: è giusto coinvolgerli?
"Quale è il ruolo dei figli durante il conflitto tra i genitori?
I figli possono sembrare spettatori passivi rispetto alle discussioni che coinvolgono i genitori ma, la maggior parte delle volte, gli stessi vengono trascinati all’interno del conflitto e si trovano in una posizione molto
svantaggiata poiché lo subiscono e non possono avere “voce in capitolo” a riguardo.
Ecco perché appare evidente quanto sia importante il dialogo tra genitori e figli, in particolare modo quando la coppia si trovi ad affrontare un passaggio molto delicato quale quello della separazione.
E’ altrettanto evidente quanto questo risulti difficile, soprattutto in questa fase nella quale la coppia è prevalentemente impegnata a farsi la guerra e risulta, per la maggior parte delle volte, cieca nei confronti di quello che sarebbe bene per i figli."
Ci chiediamo, quindi, se sia giusto coinvolgerli, facendoli divenire parte attiva al percorso di mediazione familiare.
La mediazione familiare, tra obbligatorietà e dovere di informazione
Ancora oggi la stragrande maggioranza delle coppie, in contenzioso per una separazione o un divorzio, non conoscono la mediazione familiare e le poche che l'hanno sentita nominare, ne ignorano la natura, le finalità e le modalità di svolgimento. In questo gli avvocati non sono abbastanza d'aiuto. Del resto è un dovere per l’avvocato informare il cliente in tema di mediazione civile e commerciale, come lo è farlo per la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, ma nulla è invece previsto per la mediazione familiare, se non nel caso in cui si sia raggiunto un accordo a seguito di negoziazione assistita.
Quindi, più che all'obbligatorietà della mediazione familiare, occorrerebbe pensare all'obbligatorietà della somministrazione di un'informazione corretta ed esaustiva.
La violenza sui social e la mediazione dei conflitti: una proposta di Social Media Conflict Management
Come possiamo reagire alla tendenza crescente ad una comunicazione sempre più violenta sui social? Rispondiamo all’odio con un altro odio, che è frutto della paura e dell’angoscia suscitate dall'odio delle comunicazioni violente? Reagiamo con la violenza verbale alla violenza verbale? Demonizziamo chi, comunicando in modo violento, diffonde la violenza, finendo così anche noi con il contribuire alla demonizzazione altrui e alla legittimazione culturale della violenza? Oppure pensiamo alla de-escalation, cioè tentiamo di disinnescare le premesse della violenza, come, ad esempio, la de-umanizzazione dell'altro? Se la mediazione dei conflitti approdasse sui social (si potrebbe chiamarla Social Media Conflict Management), adempirebbe anche ad una funzione culturale: contribuirebbe a riabituarci a pensare (quindi anche a leggere e a ragionare) anche sui social.
La mediazione e lo sviluppo delle comunità
Analizzando le dinamiche del conflitto all'interno delle comunità, inclusi i temi della leadership basata sulla contrapposizione radicale, della demonizzazione dell’altro gruppo sociale e delle narrazioni mediatiche che la alimentano, Sara Mela riflette sulle possibilità dell'Ascolto e Mediazione dei Conflitti di contribuire allo sviluppo locale delle comunità.
I doveri di informazione del mediatore familiare
Come si adempie in concreto al dovere di informazione? Daniela Meistro Prandi evidenzia il senso e gli aspetti pratici del primo colloquio informativo, mettendo il rilievo come essi abbiano in primo luogo un significato relazionale, coerentemente anche con un'impostazione la cui principale risorsa è l'ascolto empatico. In questa prospettiva ci si sofferma anche sul rapporto del mediatore familiare con gli altri professionisti.
La libertà della mediazione, tra “prassi” e “tecnica”
Prendendo spunto dall'Orestea di Eschilo, si svolgono delle considerazioni sulla funzione della mediazione "in una società sempre più arrabbiata" e sulla libertà di avvalersene: infatti, "se la polis, la città, lo stato, è il luogo in cui il cittadino esercita la propria libertà, come può uno stato obbligare il cittadino a seguire, un percorso contro la propria stessa volontà?"
Il riconoscimento e la mediazione
Se è vero che molto spesso alla base dell'innesco del conflitto c'è un vissuto di mancato riconoscimento, che non raramente dà luogo a reazioni comportamentali foriere di analoghi vissuti in capo all'altro, qual è il compito del mediatore rispetto a tale dinamica conflittuale? Stimolare il riconoscimento reciproco oppure porsi egli stesso come soggetto che fa sentire riconosciuti gli attori del conflitto?
La mediazione familiare come relazione
La mediazione familiare non è un mero intervento tecnico, non è una procedura: come altre professioni, è, in primo luogo, una relazione. Una relazione tra persone.
Il conflitto non ha genitori e il mediatore deve tenerne conto
Come la sconfitta, così il conflitto non ha genitori perché tutte le parti pensano che è stato l’altra ad iniziare le ostilità, si percepiscono come coloro che lo subiscono ma non lo agiscono e perché sono convinti di reagire al comportamento ingiusto altrui. Come deve porsi il mediatore di fronte a quest’assenza di genitori del conflitto? Occorre che ne tenga conto, poiché la sua sottovalutazione può pregiudicare irrimediabilmente non soltanto l’andamento e l’esito del percorso, ma ancor di più e ancor prima, la relazione tra il mediatore e le parti.
Le due fosse del conflitto
Se vuoi vendicarti di qualcuno scava due fosse, dice un proverbio. E può valere anche per i conflitti interpersonali in cui le persone non si sentono mosse da sentimenti di vendetta. Però, ricordare alle parti che si scavano la fossa da soli, cioè fargli presente quanto ci stanno rimettendo, con il loro portare avanti all’infinito il contrasto, non sempre risulta efficacia. La mediazione, a ben vedere, non è un mero appello alle istanze auto-conservative dei protagonisti del conflitto. È qualcosa di più e di diverso, che deve tenere conto anche della disponibilità degli attori del conflitto a continuare a sopportare insopportabili sacrifici.
Tipologie di conflitto e senso di riconoscimento
Prendendo spunto da ha Habermas e da Honneth si svolgono delle considerazioni sui tipi di conflitto, nonché sul riconoscimento e sulla comunicazione quali fattori in grado di provocarli o di prevenirli e gestirli. Il che conduce anche al tema della mediazione dei conflitti
Società e comunicazione
Viviamo una società ad alto rischio conflittuale. E quando la comunicazione, la capacità di relazionarsi a 360°, si deteriora, si interrompe, il rischio dell’isolamento, del possibile conflitto sociale, è più frequente di quanto si creda. Prendendo spunto da un film del 1975, Prigioniero della Seconda Strada, si affronta il tema del rapporto tra società, comunicazione e conflitto.
La mediazione come attraversamento del conflitto
La mediazione familiare e il legame sociale
La mediazione familiare può essere un importante strumento di recupero, rinnovamento o rinforzo del legame sociale. E lo ha ampiamente dimostrato negli ultimi trent'anni. Rischia, però, di perdere tale efficacia, anzi di generare un effetto opposto, se diventa un percorso che si è costretti a seguire. La previsione della sua obbligatorietà, infatti, può dare luogo ad un conflitto tra lo Stato, che impone la mediazione per costringere i genitori in lite a risolvere il loro conflitto, accordandosi, e costoro, che possono non gradire tale costrizione. Infatti, è improbabile che si possa sentire la vicinanza e la solidarietà di uno Stato che, implicitamente ma sostanzialmente, dichiara guerra al nostro conflitto e al nostro essere in conflitto.
La mediazione familiare e le ochette
«Mia moglie è una persona veramente immatura. L’altro giorno, per esempio, mentre mi facevo il bagno, è entrata e, senza motivo, mi ha affondato tutte le ochette! (W.Allen)»
Quante volte, in un conflitto interpersonale, non ci accorgiamo che l’altro è immaturo grosso modo quanto lo siamo noi e che la sua condotta irrazionale è speculare alla nostra?
Tra i compiti del mediatore familiare, però, non rientrano di sicuro il far sentir gli attori del conflitto giudicati come immaturi, né il dare a loro l’impressione di sottovalutarne e sminuire i vissuti. Gli tocca, invece, ricordare che anche le "ochette" possono non essere solo delle "ochette".
Il prezzo del conflitto: il mediatore familiare e “l’ostinazione” delle parti
«Faremmo bene (…) a non trattar subito gli altri da ostinati e perversi solo per il fatto che non rinunciano alle loro opinioni per accettare le nostre, o almeno quelle che vorremmo imporre loro, quando è più che probabile che noi ci comportiamo non meno ostinatamente nel non accettare alcune delle loro»
La “modestia” del mediatore e la sua formazione
Radio Veronica One intervista Me.Dia.Re.
Il mediatore e lo specchio emotivo
La mediazione familiare va sospesa nei casi di violenza psicologica
Gran brutta malattia, il razzismo, più che altro strana…
"Gran brutta malattia, il razzismo, più che altro strana: colpisce i bianchi ma fa fuori i neri".
Proponiamo alcune riflessioni sul tema della mediazione dei conflitti rispetto alle situazioni in cui alla base del conflitto vi siano il pregiudizio e l'odio razzista. Lo spunto è fornito dal primo caso che venne gestito in uno dei nostri Servizi gratuiti di Ascolto e Mediazione, quasi vent'anni fa.
La mediazione familiare e la violenza
Mentre prosegue e si estende il dibattito sul DL Pillon, che, fra gli altri aspetti controversi, contempla anche il tema della mediazione familiare, configurandola come obbligatoria, proponiamo qualche accenno di riflessione sulla assai problematica questione di tale strumento di gestione del conflitto nei casi di violenza. Infatti, la Convenzione di Istanbul che l'Italia ha recepito nel proprio ordinamento, doverosamente vieta l'intervento di mediazione familiare nei casi di violenza. Sta, dunque, ai mediatori familiari preoccuparsi di ciò, non solo per non violare quel divieto, ma ancor prima per evitare di farsi involontariamente complici della violenza in corso.
Il superamento della preoccupazione di persuadere il mediatore della validità delle proprie ragioni
Liberare le persone in conflitto, nella relazione con il mediatore, dalla preoccupazione secondo cui “dimostrare che ho ragione significherebbe ammettere che potrei avere torto” (Beaumarchais), attenuare l’ansia di riuscire ad essere persuasive nei suoi confronti circa la correttezza e appropriatezza dei propri pensieri, sentimenti e comportamenti sviluppati nel conflitto: sono queste alcune delle prerogative che offre il percorso di mediazione, in virtù della sua irrinunciabile natura a-valutativa.
La mediazione e l’Alterità
Secondo Emmanuel Lévinas, si è sempre assistito al tentativo di ricondurre l’alterità dell’Altro, del Diverso ad una Totalità unitaria, che, nel tentativo di racchiudere il molteplice, ne avrebbe provocato una neutralizzazione.
Secondo un certo modello di mediazione, tale strumento è proposto e gestito non come spazio in cui stimolare le persone dialogare, se tale non è la loro intenzione, ma come occasione di confronto. Cioè come possibilità di esprimere, in un confronto, posizioni, punti di vista, idee, bisogni, esigenze, aspettative, emozioni e sentimenti differenti, spesso in contrasto. L'idea di fondo, si potrebbe dire, è che il dialogo, potrebbe avere più probabilità di affermarsi realmente e sinceramente, e non in termini retorici, allorché il mediatore, con la sua attività di ascolto, con la sua comunicazione, invece di negarla o neutralizzarla, riconosce l'Alterità.
La mediazione familiare non fa il processo ai genitori in conflitto
Mentre si discute di un disegno di legge riguardante anche la mediazione familiare, ricordiamo che la mediazione familiare, fondamentalmente, sorge per proteggere i figli dagli effetti più distruttivi del conflitto tra i loro genitori, specificando, però, che ciò non comporta che tale intervento si declini o sia proposto come una lotta contro il conflitto della coppia genitoriale. I genitori, pertanto, nella pratica della mediazione non andrebbero messi sotto accusa né sotto giudizio per il solo fatto di essere in conflitto.
Perché “Ascolto e Mediazione” e non soltanto “Mediazione”?
Un certo di modo di pensare, praticare e proporre la mediazione prevede di definire tale percorso di Ascolto e Mediazione e non soltanto di mediazione. Ne accenniamo il perché in questo post della rubrica #riflessionimediare
Il mediatore sullo sfondo
Il mediatore non è un protagonista. Infatti, incontra altri esseri umani e condivide con questi la scena dell'incontro, ma deve tendere a mettersi da parte, a restare il più possibile sullo sfondo. Quello sfondo sul quale emergono le figure dei soggetti il cui conflitto è chiamato a mediare: i medianti
Il fine della mediazione non è prestabilito dal mediatore
Mentre in Parlamento si discute un disegno di legge teso ad introdurre l'obbligo di seguire un percorso di mediazione familiare per le coppie in fase di separazione, sulla base di una quasi ventennale esperienza pratica, proponiamo qualche riflessione su natura e obiettivi del percorso mediativo, secondo un particolare approccio che ambisce a rispettare massimamente la libertà degli attori del conflitto.
La libertà e la mediazione
La libertà degli attori del conflitto è alla base di un particolare modo di intendere e praticare la mediazione nei diversi ambiti (familiare, penale, sanitario, aziendale, sociale…)
Obiettivi della mediazione e speranze del mediatore
Sulla rubrica #riflessionimediare si ragiona sul rapporto tra le eventuali speranze del mediatore sull’esito del percorso e gli obiettivi della mediazione.
La mediazione come gestione non giudicante del confronto
Il mediatore, per rispettare fino in fondo il suo dovere di astenersi dal giudicare le posizioni, gli interessi, i comportamenti, i pensieri e le emozioni e i sentimenti delle parti in conflitto, ma dovrebbe non farlo anche rispetto al loro essere in conflitto. In altre parole, la mediazione non è - o sarebbe preferibile che non fosse - una guerra al conflitto. Neppure è una crociata contro il peccato o l'eresia-conflitto, né una cura della malattia-conflitto, così come non è una rieducazione rispetto alla devianza-conflitto, ecc.
La mediazione come ascolto e confronto
Un dialogo fra parti contrapposte indica il tentativo di persone disposte a ragionare con l’intento di raggiungere una verità o un’opinione condivisa. Se su questa premessa si fondasse l'attività di mediazione, sarebbe assai poco frequente il suo dispiegarsi, poiché raramente in caso di conflitto vi è una tale attitudine al dialogo tra le persone che ne sono protagoniste. Ma se, invece che un'occasione di dialogo, si propone un'opportunità di confronto, allora le opportunità di ricorso alla mediazione aumentano sensibilmente.
La mediazione ridà fiducia nella parola
Perché ci si dovrebbe rivolgere ad un mediatore quando si è coinvolti in un conflitto che ha raggiunto rilevanti livelli di escalation, anche in termini di incomunicabilità? Perché mediare quando si è convinti che parlare non serve più a niente?
Tra le varie ragioni vi è anche quella di essere, in primo luogo ascoltati, ascoltati davvero, e ciò ridà fiducia nello strumento della parola. C’è qualcuno che comprende quel che diciamo e quel che cerchiamo di dire. E quel qualcuno può aiutarci a comunicare con coloro con cui siamo in conflitto.
La mediazione come contenimento del timore di essere giudicati negativamente per il solo fatto di essere in conflitto
Quando siamo in conflitto, molto spesso, rappresentiamo noi stessi come coloro che non hanno scelto di confliggere, ma che vi sono stati costretti dalle circostanze o dalla condotta della controparte.
Se siamo in lite, ci diciamo e diciamo agli altri, è perché siamo stati forzati a reagire ad un’aggressione di qualche tipo o ad un’altra ingiustizia.
Nella mediazione si ascoltano le persone non (solo) le parti del conflitto
Il compito del mediatore è ri-umanizzare e ri-personalizzare le persone in conflitto, rimettendo quello che, con la de-umanizzazione e la spersonalizzazione, il conflitto ha loro tolto.
Vale la pena sottolineare che questa ri-umanizzazione si compie attraverso l'ascolto. Un ascolto a-valutativo svolto dal mediatore.
La prima vittima del conflitto è la verità
Se la prima vittima del conflitto, in conseguenza della morte del confronto, è la verità, la mediazione, resuscitando il confronto, può consentire alle parti di dialogare e, così, lasciare che essi (ri)trovino la verità.
Utilità della mediazione
Qual è l’utilità di una mediazione quando si è al centro di un doloroso, angoscioso, sfibrante, amaro conflitto?
Il riconoscimento delle emozioni in mediazione
Casi pratici di mediazione in materia sanitaria.
La mediazione dei conflitti in pillole
La mediazione come spazio di confronto
Qual è l'obiettivo della mediazione dei conflitti? Spingere forzatamente le parti contrapposte a riaprire un dialogo? Favorire il confronto tra punti di vista divergenti? Esiste il rischio che una delle due parti utilizzi lo spazio della mediazione per perseguire scopi particolari? Nell'articolo, M. D'Alessandro, filosofo e mediatore, esamina alcuni presupposti filosofici che stanno alla base di un certo modo di intendere la mediazione dei conflitti e definiscono quello che in letteratura è noto come modello umanistico-trasformativo.
Ascolto e Mediazione Penale
Intervista a Monica Cristina Gallo, Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Torino e Mediatrice dei conflitti familiari e penali. Nell'intervista, a cura di M.D'Alessandro, M. Gallo affronta il tema della mediazione penale in carcere, uno strumento ad oggi ancora poco utilizzato in Italia.
La giustizia riparativa. Una percorso innovativo, per restituire centralità alla vittima
La Giustizia Riparativa, invece, distinguendosi nettamente dai modelli della Giustizia Retributiva e Riabilitativa, che normalmente prevalgono nei vari ordinamenti – compreso quello italiano - consiste di percorsi che consentono alla vittima di recuperare una posizione di centralità nel procedimento penale e al reo di accettare la responsabilità delle proprie azioni, così sanando la lesione al tessuto sociale che la commissione del reato di fatto ha determinato.
Mediazione tra dialogo e confronto
Se il dialogo presuppone un concetto di verità, il confronto prevede, invece, che ci sia il reciproco presentarsi di due punti di vista a cui viene offerta la possibilità sia di un incontro sia di uno scontro, sia di una convergenza sia di una divergenza. Il fine del dialogo in generale è trovare un’intesa o percorrere una strada concettuale che abbia come fine la scoperta della verità.
La mediazione dei conflitti in pillole
“L’effetto di una mediazione consiste nell’arrivare a “sentire l’altro”, a comprendere empaticamente la sua verità”. A. Quattrocolo
Ermeneutica e alterità dell’Altro di Maurizio D’Alessandro
L'ermeneutica come teoria dell'interpretazione si è imposta nel Novecento come uno degli indirizzi teorici più importanti, ma l'interpretazione non va pensata come esercizio teorico astratto perché essa è, come afferma Hans-Georg Gadamer, "già sempre in applicazione" come mediazione tra un universale e un singolo caso particolare. L'ermeneutica fornisce, dunque, degli spunti alla riflessione etica e, a partire dalla riflessione di Emmanuel Lévinas, sull'impossibilità di “ridurre l’Altro, il Diverso al noto e all’identico” si analizzerà l’incontro con il diverso da sé.
SOS CRISI e la solitudine.
La solitudine, come isolamento emotivo e non come mancanza di compagnia, è uno delle condizioni più riscontrate tra le persone che hanno maggiormente patito le conseguenze della Crisi economica. Il Servizio gratuito SOS CRISI, fin dal principio, si sviluppato come risposta a tale solitudine.
SOS CRISI: per chi e perché?
SOS CRISI è un servizio gratuito di Ascolto e Sostegno psicologico e psicosociale, dell'Associazione Me.Dia.Re. che tenta di offrire una risposta ad un aspetto importante e spesso sottovalutato della Crisi economica: le ricadute nella sfera più intima, psicologica e relazionale delle persone e delle famiglie.
Ascolto e sostegno per le vittime di reato
Tra i servizi gratuiti offerti dall'Associazione No profit Me.Dia.Re. da oltre dodici anni ve n'è uno rivolto alle vittime di reato e a coloro che sono ad esse affettivamente legate.
La mediazione in pratica
Ogni incontro di mediazione - come ogni autentico incontro compiuto nel quotidiano con qualsiasi individuo - mette in gioco anche il mediatore, ne scardina il personale puzzle con cui compone il proprio mondo, e lo modifica, aumentandone la complessità. Mettere la mediazione in pratica vuole dire avventurarsi anche un po’ dentro di sé.
La mediazione e l’empatia
Può il sistema giudiziario dare risposte ad interrogativi sul senso di una lite? Può dare riscontri, accoglienza e risposta sul valore che i rapporti hanno avuto e/o conservano tra le parti? Il sistema giudiziario non è pensato per contenere ed elaborare alcuni aspetti della vicenda sottoposta al giudizio. In ragione di ciò, si può cogliere l’importanza di un ascolto empatico da parte del mediatore, che, accompagna il superamento della bidimensionalità in cui i due soggetti coinvolti si sono reciprocamente appiattiti.
L’ascolto empatico: un ingrediente irrinunciabile dei percorsi di mediazione dei conflitti
Il conflitto molto spesso sorge dalla sensazione di non essere riconosciuti e, comunque, con la sua progressione induce i suoi attori a riconoscersi sempre meno, spingendoli a sviluppare rappresentazioni reciproche monodimensionali, spesso spregiative, all'insegna della spersonalizzazione e finanche della de-umanizzazione, con ciò impedendo ogni possibilità di ascolto reciproco e svuotando lo strumento della parola di ogni possibilità espressiva autentica e profonda.
Quando i mediatori riescono a far sentire gli attori del conflitto riconosciuti nella loro tridimensionalità, come esseri umani, allora riducono di molto il vuoto, l’isolamento, che tante volte il conflitto crea negli individui, nelle famiglie, nei gruppi, nelle comunità e nelle organizzazioni