Il 15 luglio del ’70 perde la vita Bruno Labate, ferroviere calabrese che prese parte ai moti di Reggio.
Fu forse un candelotto sparato ad altezza d’uomo a uccidere il quarantaseienne. Iscritto alla Cgil, Labate partecipò ai violenti scontri avvenuti durante l’assalto alle sedi di Pci e Psi, cui si oppose la polizia. L’origine del conflitto è da rintracciare nel dibattito per l’assegnazione del titolo di capoluogo calabrese: Reggio Calabria o Catanzaro? Nell’arco di una decina di giorni si scatena una rivolta mai vista prima, né in seguito. Gli scontri proseguono poi fino all’inverno dell’anno successivo, quando si concludono con l’intervento dell’esercito, unito a un compromesso politico e amministrativo largamente contestato: Catanzaro capoluogo e sede della Giunta, Reggio sede del Consiglio regionale.
Politici, sindacalisti e popolazione; partiti da destra a sinistra; guerriglia urbana, attacchi dinamitardi e comizi di piazza; blocchi stradali, ferroviari, portuali e aeroportuali; e cinque vittime. Furono mesi intensi e violenti per Reggio, per la Calabria, per l’Italia tutta. Di quelli da non dimenticare, anche se si vorrebbe.
Alessio Gaggero
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