Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 si consuma la strage dell’Italicus
Dopo il ricordo della strage di Bologna si veda il post Bologna, sabato 2 agosto 1980, 10:25.), su questa rubrica, Corsi e Ricorsi, vogliamo porre l’attenzione su un altro attentato degli anni di piombo e di stragi, forse uno dei meno noti: strage dell’Italicus.
Se Aldo Moro, allora Ministro degli Esteri, avesse effettivamente preso quel treno, le cose sarebbero andate senz’altro in modo diverso. Pare invece che dei suoi collaboratori lo fecero scendere sulla banchina per compilare alcuni documenti: le porte dell’Italicus gli si chiusero alle spalle. Lo salvarono? Non è detto. Forse non sarebbe stato tra le 12 vittime; forse nemmeno tra i 48 feriti. Di sicuro, se il democristiano fosse riuscito a sedersi al proprio posto, la copertura mediatica avrebbe vantato tutt’altra ampiezza.
La bomba esplose all’1:23 del 4 agosto 1974, quando l’espresso 1486 Roma – Monaco era, fortunatamente, solo a pochi metri dall’uscita della Grande Galleria dell’Appennino. Chi aveva piazzato l’ordigno? Dopo tre gradi di giudizio, nessuno fu trovato colpevole, né come esecutore, né come mandante. Si sospettava e si sospetta ancora, tuttavia, il coinvolgimento di gruppi neofascisti, che rivendicarono l’attentato, dei Servizi segreti deviati e, ancora una volta, della P2 di Licio Gelli (della P2 abbiamo parlato nei post Il 23 settembre 1981 è istituita la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, Cirillo, la Camorra, le BR …, Il giudice Minervini, un uomo abbastanza serio da non prendersi troppo sul serio), anche nell’alterazione delle indagini. Peraltro, non si può trascurare che la strage di Bologna, avvenne il 2 agosto di 6 anni dopo di quella dell’Italicus e il giorno successivo a quello in cui il giudice istruttore di quest’ultima aveva depositato il rinvio a giudizio per i responsabili della strage di quella notte d’agosto del ’74. Infatti, furono incriminati come esecutori diversi esponenti del neofascismo italiano, ma l’iter processuale si concluse con l’assoluzione da parte di una sentenza della Cassazione (nel 1987), in particolare del giudice Corrado Carnevale. Risulteranno poi essere iscritti alla P2 molti dei personaggi coinvolti nella vicenda, in ruoli diversi: il generale dei CC Luigi Bittoni, l’ammiraglio Gino Birindelli, il capitano Corrado Terranova, il colonnello dei CC di Arezzo Domenico Tuminello, il pm di Arezzo Mario Marsili, Federigo Mannucci Benincasa. Del resto i vertici dei servizi segreti del periodo, il generale Vito Miceli e il generale Gianadelio Maletti, erano iscritti alla P2. E in contatto con Licio Gelli o con la P2 erano anche gli estremisti neri sospettati di aver materialmente compiuto l’attentato.
Va ricordato che la strage dell’Italicus seguì di poco più di due mesi quella di piazza della Loggia, a Brescia (si veda il post Strage di piazza della Loggia ). Quella piazza bresciana era gremita a causa di una manifestazione contro il terrorismo neofascista – in particolare in relazione alla strage neofascista di piazza Fontana del 12 dicembre del 1969 (l’abbiamo ricordata qui) -, indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Otto persone avevano perso la vita in piazza della Loggia.
Dieci anni dopo, proprio nella Grande Galleria dell’Appennino, prima di entrare nella quale era esploso l’Italicus, scoppiò una bomba sul Rapido 904.
La strage del Rapido 904, del 23 dicembre 1984 (l’abbiamo ricordata qui), uccise 15 persone e ne ferì 267. Un’altra strage senza colpevoli, ma che, come quelle di piazza Fontana, piazza della Loggia, dell’Italicus e di Bologna, per non citare che le maggiori, rientrava nella prospettiva della “strategia della tensione”, creare cioè nel Paese una tensione tale da rendere “necessario” un intervento di tipo autoritario.
Un solo fascio di luce, all’interno dell’ oscura vicenda dell’Italicus che, con le altre stragi, ha segnato la storia del nostro Paese, si intravede nel gesto coraggioso del conduttore dell’Italicus: Silver Sirotti, infatti, affrontò le fiamme nel tentativo di salvare i passeggeri rimasti sul mezzo. Perse la vita, ma la Repubblica lo riconobbe degno della Medaglia d’oro al valor civile.
Alessio Gaggero e Alberto Quattrocolo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!