Il nazionalrazzismo come politica del conflitto (razziale)
Quelle organizzazioni che portano avanti una politica nazionalrazzista [1], per poter legittimare la mentalità violenta che gli è propria e per trovare legittimazione culturale e politica, quindi, sostanzialmente per conseguire consenso, naturalmente, non mirano alla gestione dei conflitti esistenti in ambito sociale. Al contrario la politica nazionalrazzista è finalizzata alla loro provocazione, slatentizzazione e a stimolarne continuamente l’escalation. In un certo senso, si potrebbe dire che la politica nazionalrazzista promuove ed esaspera quella “guerra tra poveri” che percepiscono i socialrazzisti (avevo definito tali coloro che ritengono l’accoglienza dei migranti e le politiche di inclusione socialmente punitive per gli autoctoni ed esprimono la loro rabbia attraverso violente manifestazioni di odio razzista soprattutto sui social). Ma mi pare che la politica nazionalrazzista faccia di più.
Sui media tradizionali che ne esprimono le visioni, sui siti internet e attraverso altre forme di comunicazione, inclusa quella del vivo, anche sul piano interpersonale, la politica nazionalrazzista propone e diffonde molteplici tentativi di dare vita a nuovi conflitti o di attribuire vigore ed estensione a conflitti già esistenti – latenti o manifesti. Così, ad esempio, promuove l’idea dell’invasione, sfrutta il fenomeno del terrorismo dell’Isis per svolgere quella che può definirsi una promozione – a tratti esplicita – di uno scontro di religione. Sostiene l’idea che i migranti portino malattie, ecc.[2] Nel rappresentarsi come difensore degli autoctoni contro le prepotenze di un establishment che, in verità, resta indefinito (l’Unione Europea, le banche, le grandi corporation, la Cina, gli USA), ma che invariabilmente è dipinto come incompetente, sfruttatore e corrotto, si pone anche come argine alla corruzione, che sarebbe svolta dai migranti, della pura nobiltà dei costumi e delle tradizioni degli italiani. In breve, il conflitto di cui la politica nazionalrazzista si propone fieramente come parte è in gran parte proposto a tutti gli effetti come un conflitto razziale, tra la “razza” italiana e le inferiori razze dei migranti. Mi pare significativa, infatti, la polemica innescata dal segretario della Lega Nord, dal portavoce di Casa Pound e da Forza Nuova nei confronti di Sergio Mattarella. Nella sua pagina Facebook scriveva Matteo Salvini: «Non si possono paragonare gli italiani emigrati ai clandestini mantenuti in Italia per fare casino». Occorre leggere con attenzione: gli italiani erano emigrati, gli altri, quelli che vengono in Italia, sono clandestini e fanno casino. Secondo Salvini, perciò, gli italiani emigranti erano persone degne, i migranti che raggiungono il nostro Paese, invece, sono indegni (clandestini e casinisti).
Noi (razzisti), buoni, contro di loro, migranti e “buonisti”, cattivi
La politica nazionalrazzista, come tutti i movimenti estremisti, divide rigidamente il mondo in buoni e cattivi, a costo di inventare i secondi e costruire un bel po’ artificialmente i primi. Non si limita, dunque, ad eliminare le sfumature anche a discapito della verosimiglianza. E non esita a raccontare un mondo che non esiste e non è mai esistito, anche se lo fa spesso con toni che permettono di conservare una funzionale ambiguità.
Gli italiani che emigravano non erano né migliori né peggiori, probabilmente, dei migranti che oggi si dirigono verso l’Europa. E non si dovrebbe scordare che attraverso l’emigrazione furono esportate in gran parte del resto del mondo, e non solo negli USA, Cosa Nostra, ‘ndrangheta e Camorra, con effetti devastanti. Si pensi solo a quante persone innocenti – francesi, statunitensi, ecc.- sono state da allora (diciamo dai primi del ‘900) ad oggi ammazzate, sfruttate, rapinate, ricattate, picchiate e incatenate dai mafiosi nostrani emigrati negli altri Paesi.
Però le affermazioni come quella di Salvini, nell’inventare una superiorità (etica, morale, culturale..?) degli italiani emigranti rispetto agli africani e agli asiatici migranti di oggi, mantengono una certa vaghezza. Così, “casinisti” è un termine vago, che di per sé non si sa bene a cosa si riferisca. Ottimo per suscitare ostilità verso i migranti, perfetto per smentire plausibilmente l’attribuzione di una finalità pesantemente offensiva. Più esplicita delle parole scritte da Salvini è la dichiarazione di Paolo Grimoldi, deputato della Lega Nord e segretario della Lega Lombarda ripresa da il Giornale. «È vergognoso che il presidente Mattarella nel ricordare la strage di Marcinelle paragoni gli italiani che andavano a sgobbare in Belgio o in altri Stati, dove lavoravano a testa bassa, dormendo in baracche e tuguri, senza creare problemi, agli immigrati richiedenti asilo che noi ospitiamo in alberghi, con cellulari, connessione internet, per farli bighellonare tutto il giorno e avere poi problemi di ordine pubblico, disordini, rivolte come quella avvenuta oggi nel napoletano dove otto immigrati minorenni hanno preso in ostaggio il responsabile della struttura che li ospita. Paragonando questi richiedenti asilo nullafacenti agli italiani morti a Marcinelle il presidente Mattarella infanga la memoria dei nostri connazionali. Si vergogni».
Mattarella e “quelli che la penano come lui” devono vergognarsi, dunque, secondo il deputato leghista, nonché secondo Simone Di Stefano, il vicepresidente di CasaPound e secondo l’autore del post sulla pagina Facebook di Forza Nuova. Quelli che essi definiscono sprezzantemente “buonisti” sono i cattivi nella narrazione della politica nazionalrazzista. Perché? Perché il Presidente della Repubblica avrebbe osato ignorare l’intrinseca superiorità italiana e paragonare gli emigranti italiani ai migranti di oggi, infangando i primi. E perché, nel farlo, avrebbe commesso l’ancor più pericoloso delitto consistente nel tentativo di fare aprire gli occhi sul fatto che le vittime dell’ingiustizia umana sono tutte uguali. Quelle di ieri e quelle di oggi. Quelle europee e quelle africane o asiatiche. Ha osato tentare di ricordare che gli uomini sono uguali.
Un’altra vittima prediletta della comunicazione nazionalrazzista è la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. Oggetto di una demonizzazione continua, bersaglio di una violenza verbale orribile, verso la quale giustamente ha deciso di reagire legalmente, dopo la strage di Barcellona, viene anche accusata, come simbolo della cosiddetta politica buonista, di esserne in qualche misura responsabile. Si vedano al riguardo, tra i tantissimi, il commento di Azo alla notizia su Barcellona data da ll Giornale, ma anche il tweet di Alessandro Sallusti, che gratuitamente la accosta a tale attentato, come del resto fa quello di Paolo Giordano. Come se non bastasse, viene anche indicata come responsabile delle nefandezze commesse dagli stupratori di Rimini e un sindaco ligure della Lega propone su Facebook che ad uno degli stupratori (Guerlin Butungu, 20 anni, del Congo), di cui pubblica la foto del viso, siano concessi gli arresti domiciliari presso la casa della Boldrini: «magari gli mette il sorriso, che ne pensate?», chiosa il suo post.
Il nazionalrazzismo riscrive la cronaca e la storia e racconta storie
Ecco che la politica nazionalrazzista non soltanto sfrutta la cronaca, come nel caso degli stupratori di Rimini, ma arriva a riscriverla. E compie la stessa operazione con la Storia per incidere sulla percezione del presente e manipolare la visione del futuro: i migranti di oggi, viene detto, vestono abiti firmati e sono pigri, fannulloni e nullafacenti. Sembrerebbe di risentire i discorsi razzisti e xenofobi, sui nostri connazionali emigrati a Nord o ad Ovest, che si facevano in America, Svizzera, Belgio, Germania, Gran Bretagna e Nord Italia. Ma, a parte ciò, sorge un dubbio: saranno per caso dei miliardari eccentrici quelli che scaricano le casse al mercato, stendono l’asfalto delle nostre strade, lavorano sulle impalcature, fanno le badanti, raccolgono frutta e verdura nei nostri campi (spesso vittime di nuove forme di schiavitù) ecc., e che sono inequivocabilmente stranieri?
Secondo il nazionalrazzismo i richiedenti asilo sono pigroni coccolati da un’assurda politica buonista
L’altra mistificazione, l’altra distorsione della realtà operata dalla politica nazionalrazzista, proposta per suscitare indignazione e una competizione sociale al ribasso, è quella di ritrarre in termini idilliaci la condizione dei richiedenti asilo. E di attribuire la colpa di tale trattamento di favore, di tali ingiusti privilegi, alla “politica buonista”. Ciò che si vuole suscitare è una dinamica competitiva tale per cui si vorrebbe togliere all’altro quello che non è dato a noi, invece di pretendere che sia dato anche a noi quello che è concesso all’altro.
Si potrebbe osservare che, teoricamente, non vi sarebbe un granché da lamentarsi se oggi i migranti fossero davvero trattati meglio di quanto accadeva agli emigrati di 40 o 50 anni fa. In fondo, se il mondo va avanti e migliora, perché dolersene? Dovrei forse essere arrabbiato con i miei figli perché sotto certi aspetti la loro vita è più facile della mia? Dovrei prendermela con le generazioni successive alla mia che non si sono dovute sobbarcare un anno di naja? La generazione di mio nonno doveva odiare quella di mio padre che poté beneficiare dello Statuto dei Lavoratori?
Chiunque lavori seriamente con i richiedenti asilo e i rifugiati, chiunque sia capace di ascoltarli, sa che la situazione è l’esatto opposto rispetto a quella raccontata dalla vulgata tipica della politica nazionalrazzista, ben compendiata nelle parole dell’On. Leghista Paolo Grimoldi, prima citate («noi ospitiamo in alberghi, con cellulari, connessione internet, per farli bighellonare tutto il giorno »). I primi non tanto a lamentarsi quanto a soffrire per l’inattività cui il sistema li costringe sono proprio i richiedenti asilo. Come qualunque essere umano cui sia impedito per un tempo indefinito di fare qualsiasi cosa, anch’essi, come minimo, si annoiano, ma, soprattutto, hanno una sensazione di assurdo. Costretti a stare in una sorta di limbo, mentre in realtà vorrebbero lavorare o almeno rendersi utili, poiché fintanto che sono in attesa delle decisioni delle commissioni territoriali deputate a valutare la loro domanda di asilo, gli è sostanzialmente impossibile fare alcunché compresi dei programmi sul loro futuro, restano passivamente in attesa della decisione della commissione: si parla di molti mesi di attesa, nel corso dei quali, fatta salva una situazione minoritaria (per lo più riferita a progetti di accoglienza rientranti nel sistema dello SPRAR), il richiedente asilo si trova a patire l’inattività a volte in termini di insofferenza insopportabile, avendo tempo solo per rimuginare sui propri guai attuali e su quelli vissuti in precedenza. A ciò si aggiunge la beffa di essere denigrato per questa scelta, che, invece, per lui/lei è un’imposizione incomprensibile. Inoltre gli si rinfaccia il fatto di comprarsi uno smartphone, cioè l’unico mezzo che gli consente di mantenere un dialogo con i famigliari.
Il parallelo improprio con il genocidio dei nativi americani proposto dal nazionalrazzismo
Ma una delle più pacchiane mistificazioni della politica nazionalrazzista è l’equiparazione tra la migrazione attuale e l’espansione verso l’Ovest nordamericano dei pionieri a spese dei nativi. Si riscrive la storia. I nativi americani furono scacciati dalle loro terre non da migranti disperatamente più poveri, impotenti e disorientati di loro, ma da pionieri armati, appartenenti ad un’organizzazione statale incredibilmente potente e, soprattutto, supportati dall’esercito degli Stati Uniti, che riuscì in pochi decenni a rinchiudere nelle riserve e a massacrare quasi totalmente i precedenti abitanti del West. Ci sarebbe da chiedersi se chi ha proposto quel parallelo ha mai davvero letto qualcosa sulla storia portata a pietra di paragone oppure se ha guardato almeno un paio di film western.
Andrebbe ricordato che sono i nativi africani e asiatici coloro i quali, come quelli nordamericani citati a sproposito dalla propaganda xenofoba della politica nazionalrazzista, hanno subito svariate forme di invasione. Non sono gli europei i popoli che hanno patito e ancora patiscono qualcosa denominato colonialismo (vetero e neo), ma i popoli che vivono nelle terre da cui partono i migranti. Andrebbe allora anche rammentato che proprio lo sfruttamento colonialista e le svariate forme di ingerenza e di occupazione da parte delle grandi potenze statali e private – soprattutto occidentali e russe – sono tra le cause della migrazione di massa in corso. Come lo sono i cambiamenti climatici.
Del resto, va riconosciuto che, come anche il socialrazzismo, così la politica nazionalrazzista non ha grossi rivali nel campo del negazionismo e neppure, aggiungerei in quello del revisionismo.
Alberto Quattrocolo
[1] In alcuni precedenti post avevo proposto tale denominazione per quelle organizzazione e quei partiti che, a partire da un’idea esasperatamente rigida di nazione, propongono una politica basata sul rifiuto, sull’esclusione, sulla discriminazione nei confronti dei migranti e, in modo meno esplicito, “di altre minoranze”. A quest’ultimo proposito si consideri il gesto del sindaco di Prevalle che si è rifiutato di celebrare un unione civile tra due omosessuali
[2] Rispetto al falso mito che i miranti portano malattie si legga: http://www.vita.it/it/article/2017/07/25/i-migranti-portano-malattie-no-le-prendono-quando-arrivano-qui/144130/
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