Mikhail Gorbaciov riconosce il massacro di Katyn’
Polonia, settembre 1939. L’invasione russo-tedesca piega le forze del paese, i cui numeri bellici erano ridicoli se paragonati a quelli delle due potenze (allora) alleate. La sconfitta conduce migliaia di militari e cittadini polacchi in diversi campi di detenzione sparsi sul territorio. Purtroppo per loro, il soggiorno in quegli enormi carceri durerà poco.
Sei mesi dopo, infatti, le alte sfere sovietiche diedero ordine di giustiziare i prigionieri. La motivazione, resa nota in seguito, risiedeva nella volontà di assoggettare completamente i Polacchi: molti dei detenuti facevano infatti parte della classe dirigente del paese. Molti altri, però, no, ma questo non fu sufficiente ad evitare il massacro.
Katyn’ era il nome della foresta, limitrofa ad alcuni dei campi in questione, dove furono ammassati i corpi senza vita dei giustiziati. In realtà, il terribile gesto fu compiuto in diverse zone, anche lontane tra loro, ma Katyn’ funge oggi da nesso commemorativo. Se avesse senso un paragone, il numero di vittime farebbe impallidire gli aguzzini delle Fosse Ardeatine (che abbiamo ricordato qui): si va oltre i 22.000 corpi.
Ovviamente, Stalin e compagni mantennero segreta l’operazione, che venne alla luce per la prima volta nel 1943, quando Barbarossa (nome in codice per l’invasione tedesca della Russia) era iniziata già da tempo. I Nazisti, avanzando in territorio bolscevico, trovarono quelle migliaia di cadaveri proprio vicino a Katyn’, e non persero l’occasione per volgere la scoperta a proprio vantaggio. Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Reich, diffuse la notizia tramite Radio Berlino, sperando di creare una spaccatura nella nuova alleanza tra oriente e occidente.
Va da sé, i Sovietici negarono ogni responsabilità, che venne interamente scaricata sui Tedeschi. Su proposta di questi ultimi, fu quindi istituita una commissione internazionale d’inchiesta, sotto il patrocinio della Croce Rossa Internazionale. I rappresentanti di dodici paesi presero parte alle indagini e decretarono che il massacro poteva essere stato commesso esclusivamente dall’Armata Rossa.
L’URSS non riconobbe la veridicità del verdetto, continuando a sostenere la propria tesi. Si susseguirono, negli anni a venire, numerosi tentativi di insabbiamento e mistificazione, compresi omicidi, minacce e intimidazione nei confronti dei membri della commissione.
Si arriva, così, al 13 aprile 1990: Gorbaciov, all’indomani della caduta del muro di Berlino, porse scuse ufficiali alla Polonia, riconoscendo la responsabilità del proprio paese per l’accaduto. Vent’anni più tardi, nell’ottica di riappacificare i due popoli sulla questione, il parlamento russo approvò una dichiarazione nella quale si afferma che il massacro fu ordinato direttamente da Stalin.
Alessio Gaggero
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