La legge 354 del 26 luglio del 1975 rinnova, finalmente, l’ordinamento penitenziario
A partire dal ’68, si scatenarono numerose rivolte carcerarie: i detenuti pretendevano una riforma del sistema penitenziario, ormai desueto. Il periodo storico in cui si incunearono tali proteste coincise con il cambiamento della popolazione carceraria: i prigionieri politici salirono esponenzialmente di numero, provocando una significativa modifica negli interessi del mondo che ruotava attorno ai penitenziari.
Al termine di un difficile iter parlamentare, che vide infrangersi più volte le aspettative dei firmatari (in ragione del termine anticipato di diverse legislature) nel 1975 si giunse, infine, all’emanazione della nuova norma. Norma che rispondeva non solo alle necessità chieste a gran voce dai diretti interessati, ma anche all’art. 27 c.3 della Carta Costituzionale 1 e alle Convenzioni internazionali in materia, sotto cui il nostro paese aveva posto la propria firma 2.
Alcuni punti focali della riforma furono:
- I principi di dignità e umanità della persona, che devono ispirare il trattamento penitenziario, anche e soprattutto per quanto concerne il comportamento del personale che lavora negli istituti.
- L’individualizzazione del trattamento: per mezzo dell’osservazione scientifica della personalità, è necessario declinare i progetti sullo specifico individuo, onde permettergli di intraprendere un congruo percorso di risocializzazione.
- Anche a fronte di un provvedimento di interdizione legale, sono garantiti il riconoscimento e l’esercizio dei diritti e delle facoltà dei ristretti.
- Le misure alternative alla pena, elemento centrale del trattamento risocializzante.
- L’apertura del carcere alla comunità esterna, volta a permettere l’entrata di figure che possano adempiere all’obiettivo di rieducazione dei condannati.
Tali propositi non sono stati pienamente soddisfatti negli anni seguenti, soprattutto a causa delle carenze di personale e strutture a disposizione. La nuova legge costituì, tuttavia, un importante passo avanti del nostro sistema carcerario in direzione delle indicazioni internazionali. Per un ulteriore miglioramento sarà necessario aspettare il 1986.
Oggi, a più di quarant’anni di distanza dal quelle vicende, una nuova norma riformatrice si è incagliata tra le onde del Parlamento. L’unica direzione auspicabile rimane, tuttavia, il reinserimento del condannato nella società.
Alessio Gaggero
1 “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”
2 Ad esempio, la Risoluzione ONU 30/08/1955: Regole minime per il trattamento dei detenuti
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