Il 10 luglio del ’76 il giudice Occorsio fu ucciso da un terrorista neofascista di Ordine Nuovo
Venne ucciso da terroristi di estrema destra, il 10 luglio del 1976, il giudice Vittorio Occorsio. Aveva 47 anni.
Nell’aprile del ’76 era stato il primo magistrato a occuparsi della loggia massonica segreta denominata loggia P2 e anche il primo ad indagare sui legami tra terrorismo neofascista, massoneria e apparati deviati del SIFAR (Servizio informazioni forze armate).
Il magistrato – che quel sabato era privo di scorta, nonostante fosse già stato bersaglio di minacce da parte dell’estremismo nero – fu ucciso dai colpi di mitra sparatigli, a poche decine di metri da casa sua, mentre si apprestava a recarsi in ufficio a bordo della sua auto, da Pierluigi Concutelli, uno dei capi dell’organizzazione neofascista, Ordine Nuovo. Abbiamo parlato su questa rubrica, Corsi e Ricorsi, delle responsabilità di Ordine Nuovo nell’attentato di Peteano, che, il 13 maggio del ’72, uccise 3 carabinieri, e nella strage di piazza della Loggia del 28 maggio del ’74, che tolse la vita a 8 persone e provocò 100 feriti tra le persone riunite per chiedere verità sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre del 1969.
Costui e il suo complice Gianfranco Ferro furono condannati. Non sono mai stati scoperti, però, i mandanti del suo assassinio.
Nel 1967 come sostituto procuratore della Repubblica, Occorsio si occupò del processo contro i giornalisti Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, che, con uno scoop su L’Espresso, avevano rivelato le trame del tentativo di colpo di Stato del luglio 1964. Si trattava del piano Solo, un tentativo di golpe, concepito nel 1964 dal Comandante dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni de Lorenzo, mentre era in corso la crisi del primo Governo Moro (il primo governo di centro-sinistra nella storia della Repubblica, che vedeva al governo una coalizione con a capo la DC e che includeva anche il PSI). Le finalità del Piano Solo erano quelle di occupare i centri di potere dello Stato e imprigionare gli oppositori politici che, secondo le valutazioni del SIFAR, il disciolto servizio di intelligence delle forze armate italiane, erano da considerarsi «sovversivi».
Il processo contro Scalfari e Jannuzzi, accusati di diffamazione da De Lorenzo, ebbe tra le altre peculiarità quella della requisitoria svolta da Occorsio, il quale chiese l’assoluzione sostenendo che i due giornalisti avevano esercitato il loro diritto di cronaca e di critica. In primo grado, però, la corte condannò Scalfari e Jannuzzi a 15 e a 14 mesi per diffamazione aggravata, ma poi la vicenda si concluse con la remissione della querela da parte di De Lorenzo.
Costui, che nel frattempo era diventato capo di stato maggiore dell’Esercito, a seguito dell’ inchiesta fu immediatamente rimosso. E in seguito fece carriera come politico di destra, dapprima nel Partito Monarchico e poi nel MSI.
Occorsio, alla procura di Roma, dovette poi occuparsi anche della strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969 a Milano ed eseguita dalla cellula veneta di Ordine nuovo.
In un primo tempo, Occorsio sembrò considerare seriamente la possibilità che gli autori fossero gli allora sospettati anarchici e Pietro Valpreda. Infatti, le informazioni fornite e fatte pervenire dai servizi segreti portavano in quella direzione. Occorsio, tuttavia si ricredette e lo dichiarò il 2 aprile 1972 in una intervista, affermando che quell’istruttoria «era tutta sbagliata».
Infatti, stavano emergendo elementi che portavano a ravvisare che la pista sa seguire fosse nera e non rossa. E lo stesso Occorsio, nel 1971, aveva avviato un’indagine su Ordine nuovo, accusato di ricostituzione del partito fascista.
Il tribunale accolse le richieste del Pubblico ministero Occorsio e anche il governo, riconobbe la minaccia costituita da Ordine Nuovo. Infatti, per volontà del ministro dell’Interno, il democristiano Paolo Emilio Taviani, impose lo scioglimento di Ordine nuovo.
Poi, in seguito alla strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 (l’abbiamo ricordata qui), nuovamente commessa da terroristi neri, Occorsio mise in guardia rispetto al fatto che ad Arezzo l’estremismo eversivo di destra e il MSI erano parenti stretti. Quindi, passò ad indagare i legami tra Ordine Nuovo, esponenti della massoneria deviata e la criminalità. In particolare, inoltrando richieste ad hoc a tutte le questure, Occorsio stava anche cercando di costruire una mappatura del movimento massonico italiano.
Che le sue indagine non fossero campate in aria fu dimostrato dal fatto che nel covo del suo assassino, Concutelli, arrestato il 13 febbraio 1977, furono trovati gli 11 milioni di lire che costituivano il riscatto pagato al boss della malavita milanese Renato Vallanzasca per la liberazione di Emanuela Trapani.
Non soltanto le indagini che Occorsio svolse furono sottoposte a moltissimi ostacoli, anche coloro che indagarono sul suo omicidio dovettero incontrare difficoltà e depistaggi. Soprattutto in ordine alle richieste di informazioni riguardanti la loggia P2.
Concutelli fu, sì, condannato all’ergastolo con sentenza definitiva nel 1980, ma i giudici non credettero alla sua dichiarazione di essere oltre che esecutore anche il mandante dell’omicidio. Per acclarare chi vi fosse dietro l’assassinio di Occorsio fu istruito il processo Occorsio bis, che si concluse solo nel 1990, ma senza che i mandanti fossero accertati.
Occorsio si era occupato anche delle contorte trame del golpe Borghese, uno strano tentativo di colpo di Stato verificatosi l’8 dicembre del 1970 (ne abbiamo parlato nel post Quello strano colpo di Stato della notte dell’Immacolata), che forse riuscì, proprio nel suo non riuscire, essendo inserito in un quadro più ampio. In tal senso si era espresso Occorsio rispetto ad un diverso fenomeno, quello dei sequestri di persona, che secondo il magistrato andavano collocati in una più vasta prospettiva, quella della strategia della tensione tesa a dare luogo una svolta verso sistemi di governo meno pluralisti e meno democratici.
«Sono certo che dietro i sequestri ci siano delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del mondo politico», disse all’amico e collega Ferdinando Imposimato. «Tutto questo rientra nella strategia della tensione: seminare il terrore tra gli italiani per spingerli a chiedere un governo forte, capace di ristabilire l’ordine.»
Alberto Quattrocolo
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!