La campana della solidarietà sociale
«Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te».
John Donne,
Da Meditazione XVII
Esistono dei rintocchi di campana che tutti sono chiamati ad ascoltare. Sono rintocchi di campana udendo i quali occorre destarsi e rispondere. E tale incombenza grava anche su coloro che sono imparziali e neutrali per professione.
Il mediatore non dà consigli quasi mai
In ogni percorso di mediazione familiare o di mediazione dei conflitti in altri contesti, in ogni percorso formativo per acquisire le competenze di mediatore familiare, penale o in altri ambiti, e in ogni corso sulla prevenzione e gestione dei conflitti, si ripete che il mediatore non dà consigli né propone esortazioni ad agire in un determinato modo, così da restare davvero completamente esterno al conflitto [1].
Il limite (ovvio) all’imparzialità del mediatore
Quest’estraneità al conflitto, quale fondamento dell’imparzialità del mediatore, però, non è inderogabile in modo assoluto.
Così, ad esempio, la mediazione familiare non è percorribile nei casi in cui quello interno della coppia non sia un rapporto conflittuale e basta, ma un rapporto – che lo si voglia o meno considerare conflittuale – caratterizzato da violenza (al tema abbiamo dedicato alcuni post nella rubrica Riflessioni e, in particolare, i seguenti: La mediazione familiare e la violenza e La mediazione familiare va sospesa nei casi di violenza psicologica). Perché, in tal caso, la vita, la sicurezza, l’integrità e la libertà della persona prevalgono sulla ratio soggiacente alla regola dell’imparzialità e della neutralità e quindi a quella del non dare consigli alle parti, nel predetto senso, appunto, di non prendere posizione rispetto al merito della questione.
Sono le situazioni nelle quali sull’aspetto professionale, e sulle sue regole e logiche sottostanti e sovrastanti, prende il sopravvento un’altra dimensione: l’appartenenza del mediatore ad una comunità, quella costituita dal consorzio umano.
Quella dell’emergenza da Coronavirus costituisce, senza dubbio, una situazione nella quale sopra ogni altra istanza s’impone l’appartenenza al consorzio umano anche per i professionisti della mediazione, si tratti di mediatori familiari, penali o civili e commerciali, ecc.
Il che significa, in concreto, non soltanto che anch’essi sono tenuti a rispettare nella loro attività professionale i limiti e gli accorgimenti dettati dalle disposizioni normative vigenti nella particolare condizione di questo momento, ma che, al pari di altri professionisti, hanno la facoltà – viene voglia di dire: l’onere – di prendere posizione (e di farlo pubblicamente e non soltanto nell’ambito della loro attività al cospetto delle parti), cioè: di associarsi alla raccomandazione di rispettare le misure normative adottate per prevenire l’estendersi del contagio.
I doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale
È quasi pleonastico ricordare che tutti noi, come cittadini, oltre ai diritti, abbiamo anche i doveri. Non per caso tra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana ci sono quelli di cui all’art.2.
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Tocca a noi, quindi, a tutti noi, nessuno escluso, di essere artefici, in questa occasione dell’attuazione della Costituzione repubblicana. Cioè, ci tocca adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà che la Costituzione richiede a tutti noi. Non sollecita, ma richiede.
“Non mandare a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te.”
In effetti, se non vogliamo essere affetti da imperdonabile e irreparabile ottusità autolesiva, questa volta ci tocca riconoscere quel che troppe volte non abbiamo voluto ammettere, cioè: citando e parafrasando spudoratamente John Donne, ogni morte d’uomo ci diminuisce, perché nessun essere umano è un’isola, perché ogni uomo è parte della terra, una parte del tutto. Quindi, dato che la morte di ciascun uomo ci diminuisce, visto che facciamo parte del genere umano, non chiediamoci per chi suona la campana. Questa volta, inequivocabilmente, suona per noi. E sta suonando.
D’altra parte, vale la pena sottolineare che il passo citato di John Donne è una meditazione compresa in un’opera intitolata “Devozioni per occasioni d’emergenza”.
Alberto Quattrocolo
[1] Perché? Per diverse ragioni di natura relazionale, connesse per lo più ai diversi risvolti delle dinamiche relazionali, inclusi quelli che rinviano al rischio di un suo coinvolgimento nel conflitto. Quindi, ad esempio, in sede formativa, si mette in guardia dalla possibilità che la proposta di un’esortazione, di un consiglio o di un suggerimento, comunicata ad una parte in conflitto equivalga a farla sentire giudicata negativamente, dato il rischio che ad essa, attraverso questa o quella indicazione, possa giungere anche un’implicita disapprovazione per la sua condotta. Sebbene i mediatori, quindi, non possano e non debbano dare consigli, né sbilanciarsi, prendendo posizione, ci sono situazioni nelle quali possono legittimarsi a derogare alla regola. Si tratta di situazioni particolari, fuori dall’ordinario. Situazioni, nelle quali sono in gioco temi o aspetti fondamentali della convivenza. Sono quelle situazioni nelle quali il mediatore si misura con il dato di fatto che Nessun uomo è un’isola e, in qualche misura, non può, e/o non deve, chiamarsi del tutto fuori dal conflitto che gli sta davanti. A questo proposito, sono diversi i post della rubrica Politica e Conflitto nei quali abbiamo preso posizione rinunciando esplicitamente ad ogni pretesa di imparzialità, che, a nostro parere (sarebbe equivalsa a biasimevole indifferenza) rispetto a condotte e fenomeni che ritenevamo intesi a sgretolare le più basilari fondamenta della convivenza civile, sicché il presente post non costituisce di per sé una vera novità rispetto alla “politica” di Me.Dia.Re.
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