Tesi di Valeria Miele: La mediazione familiare: il linguaggio della trasformazione.

Nella tesi di Valeria Miele per il Corso di Mediazione Familiare (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.), verso la fine delle Conclusioni, si legge:

«Alexander Dumas padre scriveva: “il legame del matrimonio è così pesante che si deve essere in due per portarlo, spesso in tre”. Mi piacerebbe pensare che il terzo sia un mediatore che potrebbe intervenire per sostenere una coppia in crisi nella gestione costruttiva della loro conflittualità, senza che si arrivi al doloroso coinvolgimento di altre ignare vittime».

La tesi di Valeria Miele, che è psicologa delle organizzazioni e del lavoro, però, non è la tessitura di un elogio (scontato) della mediazione familiare, tant’è che focalizza l’attenzione non solo sull’ambito della famiglia, ma anche su quello del lavoro, «essendo entrambi due scenari particolarmente significativi in cui prendono vita alcuni dei conflitti più rappresentativi ed importanti della nostra esistenza». Infatti, la tesi, introdotta la visione della famiglia in un’ottica sistemica, inquadrato il campo d’azione in cui si muove il mediatore familiare ed esposti i principali modelli mediativi, si sofferma sul “Modello Trasformativo”, per illustrarne il potenziale sia nell’ambito famigliare che nel mondo del lavoro.

Non mancano poi alcune «osservazioni personali relative proprio alla gestione del conflitto come occasione di crescita e costruzione di nuovi sé e di nuove prospettive, attraverso il linguaggio della trasformazione».

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Valeria Miele.

Le altre tesi sulla mediazione familiare dei partecipanti ai corsi di Me.Dia.Re. si trovano nella pagina Tesi dei Corsi di Mediazione Familiare, Penale…

Tesi di Sabrina Raschellà: La Mediazione Familiare: un percorso tra emozioni, empatia e relazioni

Nella tesi di Sabrina Raschellà per il Corso di Mediazione Familiare (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re), l’ascolto, “l’ascolto puro”, è il tema centrale. Sabrina scrive, infatti, nella premessa che durante il percorso formativo…

«…Prima di tutto ho liberato la mente dal mio concetto di mediazione che consisteva nel trovare la via di mezzo o trovare la pace».

Questa “liberazione” è avvenuta, spiega, riconoscendo il valore cruciale dell’ascolto nella conduzione dell’attività di mediazione. Nell’ambito della mediazione  dei conflitti lo strumento più utilizzato è l’ascolto, denominato “ascolto puro“. Cosa si cela dietro questo concetto, quali sono le sue caratteristiche peculiari e cosa succede quando si è in ascolto dell’altro? Queste domande hanno innescato la sua ricerca, che l’ha condotta anche a dare spazio alle recenti scoperte delle Neuroscienze. Nello sforzo di affrontare la vasta tematica dell’ascolto, correlata all’empatia, infatti, non ha potuto trascurare anche alla scoperta dei “neuroni-specchio”.

«La nostra sopravvivenza dipende da loro, come da quei neuroni deriva la nostra capacità di metterci nei panni degli altri, che non significa, però, confonderci con l’altro».

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Sabrina Raschellà.

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Tesi di Francesca Salis: Il turning point della separazione coniugale e la scommessa della mediazione umanistico-trasformativa.

La tesi presentata da Francesca Salis alla fine del corso (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.), è un’esplorazione accurata, profonda e ricca di riferimenti (teorici e non solo), che esplora in profondità due temi tra di loro intrecciati:

«provato a gettare una luce sul diverso impatto della mediazione quale forma di intervento sociale che, a seconda delle premesse “epistemologiche” con le quali affronta il conflitto, tende verso obiettivi differenti nella loro essenza. Quando la mediazione è interpretata come fine, allora la sua promessa, e l’indicatore del suo successo, è la stipula di un accordo che dovrebbe sancire la fine delle trattative sulle questioni di gestione materiale della co-genitorialità e il presunto superamento pratico del conflitto. Intendere la mediazione come un processo, come un’occasione di trasformazione e crescita, non offre invece garanzie di risultati potenzialmente tangibili in tempi rapidi». Infatti, «Nel caso della mediazione umanistico-trasformativa viene fissata quindi una posta in gioco a prima vista più rarefatta ma indubbiamente più ambiziosa: è solo restituendo l’ “umanità” all’altro infatti che si favorisce la prospettiva della transizione”, che, partendo dalla sofferenza emotiva connessa alla rottura dei legami, si apre verso una nuova reciprocità relazionale (Callegari, 2013; Francini, 2014)»

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Tesi di Marina Marino: L’importanza della mediazione familiare in ambito sociale ed educativo. La figura dell’educatore e quella del mediatore.

La tesi presentata da Marina Marino alla fine del corso (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.), è frutto anche della sua esperienza di educatrice socio-culturale che collabora con i servizi sociali della Città di Torino da molti anni. Infatti, vengono evidenziate le somiglianze comune tra il mediatore familiare, soprattutto quello che applica l’approccio trasformativo, e l’educatore socio-culturale, ma si descrivono anche “le difficoltà dei servizi sociali nel ripensare e riprogettare i molteplici interventi di sostegno dedicati alle famiglie e, quindi, la fatica nel coinvolgere maggiormente la figura del mediatore, che potrebbe apportare un importante sostegno alle famiglie multiproblematiche”, specialmente, se tale figura si coordinasse con quella dell’educatore.

“Come educatrice socio-culturale collaboro con i servizi sociali della mia città da molti anni. Ho avuto modo di rilevare come nell’affrontare situazioni molto complesse da parte di operatori del settore sociale via sia un approccio spesso disinformato circa la collaborazione con altre figure professionali che possano integrare il difficile lavoro con le famiglie; che non siano psicologi con cui di regola si collabora, se si rende necessaria la loro presenza. È da molto tempo che si discute in ambito sociale di come si possa migliorare il lavoro di rete, ovvero la collaborazione e la sinergia tra i possibili attori di un progetto; ad oggi il lavoro di rete è ancora di difficile realizzazione, forse, perché si è abituati a lavorare in una dimensione di solitudine, facendo riferimento solo alla propria realtà professionale, spesso ci si trova a lavorare sotto organico; l’essere impegnati su più fronti rende difficile trovare un tempo sia pratico sia mentale per implementare sinergicamente la collaborazione tra operatori”.

Per non restare su un piano di mera critica astratta e per entrare, invece, pienamente nella concretezza della realtà, Marina Marino configura anche le caratteristiche di un progetto di questo tipo e evidenziando le potenzialità di un lavoro di rete così pensato.

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Marina Marino.

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Tesi di Maria Rosanna Camarda: Conflitto e mediazione familiare nella coppia che vive la malattia

La tesi presentata da Maria Rosanna Camarda alla fine del corso (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.) è un’esplorazione partecipe e sentita della possibilità, attraverso l’attività di mediazione familiare (e, soprattutto, attraverso l’ascolto in quella declinato), di gestire il conflitto tra i coniugi in presenza di una condizione di malattia, in particolare di malattia cronica.

Il conflitto nasce perché ci sentiamo minacciati nei confini della nostra identità ed ognuno ha una risposta propria al conflitto e al modo di affrontarlo. La persona sente l’altro, partner o familiare o persona con la quale si sia generato un conflitto, come nemico. Davanti all’altro ci si mette in una posizione di battaglia perché si è avuto la possibilità di costruire l’altro come nemico: la spersonalizzazione dell’altro visto non più come persona ma come colui che ci sta complicando la vita e colui al quale si vuole infliggere lo stesso male. In un conflitto sia l’uno che l’altro si sentono buoni e vedono l’altro come il cattivo. Questo concetto regge fin tanto che l’altro è vissuto e visto come diverso da sé stessi ma inizia a vacillare quando il nemico si svuota della sua armatura e fa intravedere la persona, uguale nella sofferenza, una persona che sta male e che ha la necessità di risolvere la sua guerra. Il conflitto si anima di aspetti emotivi, di irrazionalità, di non detti, di caos, di solitudine, di non comprensione, di lunghi anni di saturazione dell’impossibile, del non essere riconosciuti, di tutte quelle parti del profondo dell’anima sconosciute anche a noi stessi, delle fragilità umane che hanno messo una maschera per sopravvivere, della parte più selvaggia ed oscura della nostra anima, quella che ci fa più paura e che spesso vediamo nell’altro in un gioco di specchiamento.”.

Rosanna, però, non si limita a ragionare sul conflitto in generale, ma si proietta “in un contesto dove la sofferenza diventa quotidianità” e in particolare, “nella coppia che sta affrontando la malattia”. E la sua tesi, che non ha la pretesa di voler dare risposte definitive, si conclude con il tentativo “di creare un pensiero progettuale in cui l’ascolto dell’altro diventa occasione di guardare alla malattia come ad una possibilità per la coppia e la famiglia di riprendere in mano le fila della propria vita”.

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Tesi di Federica Di Monaco: La centralità della persona e dei conflitti nella mediazione familiare

L’obiettivo della tesi presentata da Federica Di Monaco, alla fine del corso (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.), deriva anche dalla sua esperienza di assistente sociale, che le ha permesso di confrontarsi con le persone in carne e ossa e di rilevare come il loro ascolto sia di importanza imprescindibile.

Nel servizio sociale ogni progetto viene infatti costruito in base alle esigenze delle persone coinvolte e strutturato partendo proprio dal background e dalle loro esperienze personali. Se però per l’assistente sociale non è necessario scindere il ruolo dell’individuo dalla persona stessa, nella mediazione è d’importanza cardine che si guardi (e, soprattutto, che si ascolti) alla persona in tutta la sua complessità, facendole acquisire centralità e respingendo eventuali ruoli imposti. (…).

Ma, come dimostra Federica, quest’attenzione alla persona, che si traduce nel porsi l’obiettivo fondamentale di farla sentire riconosciuta, appunto, in tutta la sua complessità, implica che anche il mediatore, si legittimi “la possibilità di mettersi in gioco come individuo composito”.

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Tesi di Yuliza Gloria Fernandez: Nei meandri della mediazione familiare

La tesi presentata da Yuliza Gloria Fernandez alla fine del corso (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.), come anticipa il titolo, è un’esplorazione di alcuni meandri della mediazione familiare. E quest’esplorazione è svolta con strumenti piuttosto originali, che culminano con l’esame di alcuni episodi dell’Iliade e dell’Odissea, assimilabili a tentativi di mediazione e, quindi, ricondotti ai vari modelli teorico-operativi descritti. Ma oltre a “volare alto”, Yuliza Gloria Fernandez si avvicina anche alla dimensione pratica e concreta, intervistando tre mediatoriche induce a concentrarsi sugli aspetti più tipici e problematici del loro lavoro.

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Yuliza Gloria Fernandez

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Tesi di Carola Giraudo: La mediazione familiare tra comunicazione verbale e non verbale

Nella tesi di fine corso (Edizione XIII del Corso in Mediazione Familiare, Novembre 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.), Carola Giraudo si sofferma su quello che definisce il principale compito del Mediatore:

“ri-umanizzare e ri-personalizzare le persone che si trovano coinvolte in un conflitto, grazie all’ascolto a-valutativo che porta ad una riconsiderazione dei propri comportamenti, pensieri e sentimenti”.

E, riguardo all’ascolto, spiega:

ridà fiducia alla parola, in quanto nella mediazione c’è qualcuno che comprende ciò che diciamo e cerchiamo di trasmettere. Quest’ultimo può aiutarci a comunicare, veicolando a coloro con il quale siamo in conflitto quei determinati significati che ci stanno a cuore“.

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Carola Giraudo.

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Tesi di Valentina Sestu: Confronto tra il mediatore familiare e l’operatore d’ascolto

Nella tesi di fine corso di Valentina Sestu (Edizione IX del Corso in Mediazione Familiare, Novembre 2016 – Maggio 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.) si svolgono delle serie riflessioni sottese al tema della cura. Come osserva, Valentina, con l’applicazione della legge 4/2013, è tornata ad imporsi la questione relativa a cosa sia la cura e quali siano le professioni deputate a svolgerla. Se come psicologa e come educatrice, Valentina Sestu dichiara di essere intenta alla ricerca della “dedizione umana (più aderente al mondo delle arti)“, senza trascurare “l’applicazione degli aspetti diagnostici (connessi al mondo della scienza), intesi come mezzo, e non come fine“, come mediatrice familiare ritiene che in questa professione si ritrovino l’aspetto umanistico e “artistico”, che “riconduce l’interesse alla persona, nel qui e ora del suo sentire in un contesto neutro“.

“Vedo la professione del mediatore familiare come un’altra sfumatura di umanità; umanità intesa non come primo significato del termine, ossia come capacità di stare con gli altri e avere un approccio solidaristico, ma più come globalità del nostro essere “uomo per gli altri”. Uomo tramite le sensazioni del corpo, tramite le mentalizzazioni dello spirito e tramite le azioni concrete, che si possono realizzare ogni giorno.”

Su queste premesse la tesi sviluppa un interessante confronto tra l’attività del mediatore familiare e quella dell’operatore volontario di un centro di ascolto.

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Valentina Sestu (che abbiamo anche intervistato per la rubrica Interviste ad ex corsisti).

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Tesi di Cristina Donadio: Mediazione familiare e mediazione in ambito socio sanitario, due pratiche a confronto

La tesi proposta da Cristina Donadio alla fine del corso (Edizione IX del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2016 – Maggio 2018, dell’Associazione Me.Dia.Re.) è direttamente riconducibile alla sua esperienza di direttrice di una Residenza Socio Sanitaria, di responsabile del personale e del servizio di un’altra Residenza Socio Sanitaria, e di coordinatrice di una Casa Famiglia nonché di un’équipe operante presso un Centro di Salute Mentale, che l’ha portata a rilevare due aspetti di particolare significato. Il primo molti riguarda la riconducibilità di molti conflitti che si manifestano sul piano sanitario-organizzativo ad un retroterra privato, dal momento che affondano in realtà le loro radici nell’ambito familiare.

La seconda osservazione riguarda “l’analogia dei conflitti tra i coniugi e i conflitti che si sviluppano tra gli ospiti di Case di Riposo e Case Famiglia”. A questo proposito spiega già nell’introduzione:

gli ospiti vivono la propria quotidianità all’interno delle strutture, mettono in gioco dinamiche consolidate e acquisite presso le famiglie di origine, coltivano meccanismi di protezione verso gli ospiti ritenuti più fragili, danno sfogo a gelosie e sentimenti profondi. Il tutto ricorda relazioni e conflitti più simili a quelli individuabili in una famiglia, piuttosto che in un contesto organizzativo”.

 

La conclusione della sua analisi è che, poiché spesso è molto più facile proiettare la propria insoddisfazione, afferente un piano privato, sul contesto formale, operando una traslazione del conflitto familiare sul versante socio-sanitario organizzativo,

“se l’operatore sociale si sente attaccato in quanto lavoratore e in quanto persona, è molto più difficile che agisca correttamente e non commetta errori di comunicazione. In contesti dove si lavora con le famiglie sarebbe opportuno svolgere una buona formazione del personale rispetto a questi rischi, invece accade spesso che i conflitti sorti nella sfera familiare si proiettino nel contesto organizzativo e non vi sia una riflessione o un riconoscimento di questo processo né da parte degli operatori, né da parte dei medici, né, di conseguenza, da parte degli attori interessati. In questi casi si assiste a continui dislocamenti delle responsabilità, dove i soggetti coinvolti proiettano la propria responsabilità sugli altri (…) La mediazione può smussare gli angoli spigolosi nei quali gli attori sono intrappolati nelle rispettive solitudini.

Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Cristina Donadio, che abbiamo anche intervistato (qui) per la rubrica Interviste ad ex corsisti.

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