Obiettivi della mediazione e speranze del mediatore

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Sulla rubrica #riflessionimediare si ragiona sul rapporto tra le eventuali speranze del mediatore sull’esito del percorso e gli obiettivi della mediazione.

La mediazione come gestione non giudicante del confronto

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 Il mediatore, per rispettare fino in fondo il suo dovere di astenersi dal giudicare le posizioni, gli interessi, i comportamenti, i pensieri e le emozioni e i sentimenti delle parti in conflitto, ma dovrebbe non farlo anche rispetto al loro essere in conflitto. In altre parole, la mediazione non è - o sarebbe preferibile che non fosse - una guerra al conflitto. Neppure è una crociata contro il peccato o l'eresia-conflitto, né una cura della malattia-conflitto, così come non è una rieducazione rispetto alla devianza-conflitto, ecc.

La mediazione come ascolto e confronto

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Un dialogo fra parti contrapposte indica il tentativo di persone disposte a ragionare con l’intento di raggiungere una verità o un’opinione condivisa. Se su questa premessa si fondasse l'attività di mediazione, sarebbe assai poco frequente il suo dispiegarsi, poiché raramente in caso di conflitto vi è una tale attitudine al dialogo tra le persone che ne sono protagoniste. Ma se, invece che un'occasione di dialogo, si propone un'opportunità di confronto, allora le opportunità di ricorso alla mediazione aumentano sensibilmente.

La mediazione ridà fiducia nella parola

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Perché ci si dovrebbe rivolgere ad un mediatore quando si è coinvolti in un conflitto che ha raggiunto rilevanti livelli di escalation, anche in termini di incomunicabilità? Perché mediare quando si è convinti che parlare non serve più a niente?

Tra le varie ragioni vi è anche quella di essere, in primo luogo ascoltati, ascoltati davvero, e ciò ridà fiducia nello strumento della parola. C’è qualcuno che comprende quel che diciamo e quel che cerchiamo di dire. E quel qualcuno può aiutarci a comunicare con coloro con cui siamo in conflitto.

La mediazione come contenimento del timore di essere giudicati negativamente per il solo fatto di essere in conflitto

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Quando siamo in conflitto, molto spesso, rappresentiamo noi stessi come coloro che non hanno scelto di confliggere, ma che vi sono stati costretti dalle circostanze o dalla condotta della controparte.

Se siamo in lite, ci diciamo e diciamo agli altri, è perché siamo stati forzati a reagire ad un’aggressione di qualche tipo o ad un’altra ingiustizia.

Nella mediazione si ascoltano le persone non (solo) le parti del conflitto

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Il compito del mediatore è ri-umanizzare e ri-personalizzare le persone in conflitto, rimettendo quello che, con la de-umanizzazione e la spersonalizzazione, il conflitto ha loro tolto.

Vale la pena sottolineare che questa ri-umanizzazione si compie attraverso l'ascolto. Un ascolto a-valutativo svolto dal mediatore. 

conflitto

La prima vittima del conflitto è la verità

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Se la prima vittima del conflitto, in conseguenza della morte del confronto, è la verità, la mediazione, resuscitando il confronto, può consentire alle parti di dialogare e, così, lasciare che essi (ri)trovino la verità.

Utilità della mediazione

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Qual è l’utilità di una mediazione quando si è al centro di un doloroso, angoscioso, sfibrante, amaro conflitto? 

Il riconoscimento delle emozioni in mediazione

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Pur essendo esperienza comune che, quando si litiga, le emozioni…
mediazione in materia sanitaria

Casi pratici di mediazione in materia sanitaria.

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Estratto dell’intervento sulla mediazione in materia sanitaria…