Tristezza (“per favore, vai via”)
Nella nostra società, il parlare di tristezza o il fare discorsi “tristi” è, molto spesso, additato e tacciato come sintomo di debolezza e, quasi istintivamente, la prima cosa che facciamo, quando vediamo qualcuno triste, è cercare di confortarlo, di fare in modo che possa allontanare da sé quell’emozione, come se il provare tristezza fosse sempre deprecabile, sbagliato e deleterio per sé e per gli altri. Invece, sono molteplici le funzioni di questa emozione (come quella della richiesta di aiuto, del porci in contatto con la nostra intimità, di aumentare il nostro senso di realtà o di aiutarci a recuperare la calma dopo momenti di forte stress). Ma come deve porsi il mediatore di fronte alla tristezza della persona che sta ascoltando? A seconda dei casi può rispecchiarla, nominandola, oppure ricorrere al cosiddetto reframing.
Si fa presto a dire “emozioni”: la paura nella mediazione
Le emozioni entrano nella stanza della mediazione e giocano un ruolo importante. Tra queste emozioni figura anche la paura.
Come può il mediatore “maneggiare” questa emozione? Cioè, come può disporsi e prepararsi a riconoscerla, rispettarla, rispecchiarla e sostenerla?
Il tentativo di triangolazione durante la mediazione
Nei percorsi di mediazione familiare e, più in generale, di mediazione dei conflitti capita molto spesso che gli attori del conflitto, anche inconsapevolmente, pongano in essere dei tentativi di triangolazione nei confronti del mediatore. Come può reagire quest'ultimo in tali situazioni, considerando che il bisogno di sentire il mediatore dalla propria parte, quando si sta vivendo una situazione conflittuale, è perfettamente comprensibile?
Il mediatore dei conflitti e il colloquio da remoto: l’importanza della comunicazione non verbale.
La comunicazione non verbale ha un'importanza fondamentale nella relazione tra il mediatore e gli attori del conflitto. L'irruzione del SARS-CoV-2 ha reso inevitabile dei cambiamenti anche nello svolgimento dell'attività mediativa, che vanno ad interessare principalmente questo aspetto. Ma, poiché, anche quando la mediazione (familiare o in altri ambiti) si svolge online, la comunicazione non verbale resta un aspetto centrale, quali sono gli aspetti e gli accorgimenti a cui deve prestare particolare attenzione il mediatore?
Tu chiamale, se vuoi, Emozioni
Quando si chiede “come stai?”, nel primo colloquio individuale, durante un percorso di Ascolto e Mediazione, spesso, la risposta è un laconico “Bene, grazie”, però, accompagnato spesso da una smorfia, a metà strada tra la diffidenza e la sorpresa. La risposta a quella stessa domanda diventa, nel corso degli incontri successivi, più articolata e complessa, perché dà voce a sentimenti ed emozioni contrastanti, che accompagnano e attraversano la persona e che l’hanno condotta lì, alla mediazione.
Separazione e divorzio di coppie con figli adolescenti
Come vive l’adolescente la separazione dei genitori? Quali sono i disagi che vive? Dal momento che è sicuramente più logorante e deleterio per la sua salute psichica vivere in un contesto familiare all'apparenza unito ma molto conflittuale, rispetto al vivere in una famiglia con genitori separati che hanno raggiunto un buon grado di stabilità ed armonia, non è detto che la separazione dei genitori sia da considerarsi di per sé causa di disagio. In questo post di Riflessioni si tenta di comprendere il punto di vista dei figli adolescenti, soffermandosi anche su quei segnali di disagio dell'adolescente che non sono da sottovalutare, ma anche sui comportamenti da non sopravvalutare, nonché sui fattori che possono determinare una maggiore o minore problematicità legata alla separazione coniugale.
La mediazione tra Eros e Thanatos durante la pandemia
Recuperando, non in termini interpretativi ma di mera suggestione, il conflitto tra Eros e Thanatos, di freudiana memoria, tentiamo qualche riflessione su alcuni dei fronti conflittuali attivati dalla pandemia in corso e sulle difficoltà e possibilità di una loro mediazione.
Il bisogno di ascolto e mediazione nell’era del Coronavirus
Di fronte ad un tale cambiamento epocale, anche per chi si occupa di gestione dei conflitti diventa urgente pensare alla duplice possibilità di un incremento considerevole della quantità, e forse della intensità, della conflittualità quotidiana e dell'emersione di un bisogno di ascolto e mediazione non identico a quello dell'era pre-Coronavirus. Verosimilmente, allora, anche per le implicazioni tecnologiche, gli stessi approcci metodologici dovrebbero essere efficacemente rapportati a questa nuova, per molti aspetti inquieta e inquietante - in quanto ignota e comunque destabilizzante - realtà.
La caccia alle streghe
In questi giorni difficili, nei quali sono state modificate le nostre abitudini quotidiane, ci è stato proibito il contatto umano, giorni nei quali l’unico modo per esternare il nostro disappunto, il nostro malessere, la nostra frustrazione, è l’utilizzo dei social, si osserva il ritorno prepotente del fenomeno della “Caccia alle streghe”. Ma chi sono queste streghe e chi sono i cacciatori?
Conflitti virtuali e conflitti virtuosi
Viviamo oramai da giorni in un’atmosfera surreale: da un lato, non possiamo abbracciarci ed avere contatti ravvicinati; dall’altro lato, siamo costretti a convivenze forzate “0-24” che mettono a dura prova anche i rapporti più consolidati e forti. Si sta insinuando, nei rapporti di tutti i giorni, già complicati, un nemico insidioso, perché invisibile, sul quale diventa difficile riversare la nostra rabbia, la nostra frustrazione e la nostra umana impotenza. E dunque la “valvola di sfogo” diventa il nostro PROSSIMO. Insomma siamo “animali sociali”, ma anche – e di più – “animali conflittuali”.