Ricostruire legami: tavola rotonda del 19 novembre

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Vi aspettiamo il 19 novembre,  sulla pagina Facebook di Me.Dia.Re., dalle 17,30 alle 19,30, alla Tavola rotonda:

“Ricostruire legami”: la Mediazione dei Conflitti e i suoi ambiti

Si parlerà delle dinamiche d'innesco e delle conseguenze della conflittualità quotidiana nelle comunità, degli effetti dei reati e dei conflitti che li hanno provocati o che ne sono derivati sulle vittime e sugli autori, nonché sul contesto sociale, e degli strumenti e degli obiettivi e delle funzioni della Giustizia Riparativa proprio all'interno delle comunità.

 

Discussione su Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti

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Nel corso del dibattito al termine della presentazione del libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti” (di Alberto Quattrocolo, Maurizio D'Alessandro, con prefazione di Isabella Buzzi, FrancoAngeli, 2021), si è discusso della ricchezza e della complessità dell'ascolto, ma anche, e con molta sincerità, delle difficoltà che può incontrare il mediatore nella gestione dei propri vissuti attivati dalla relazione con i confliggenti ascoltati  

Il modello Ascolto e Mediazione come mediazione trascendentale

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Nel presentare il libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, che ha scritto con Alberto Quattrocolo, in questo video dell'incontro svolto il 21 ottobre 2021, Maurizio D'Alessandro spiega perché a pagina 147 del testo ha scritto «La mediazione crea le condizioni di possibilità di un confronto e in questo senso possiamo kantianamente definirla mediazione trascendentale».

«In Kant, infatti, "trascendentale" ha un valore particolare, che non richiama la trascendenza come ciò che è oltre il mondo, ma che riguarda "ogni conoscenza che si occupi in generale non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti, nella misura in cui questa deve essere possibile a priori". Non mi voglio soffermare tanto sul concetto di “a priori” (perché lì si aprirebbero delle parentesi che non so neanche se sarei in grado di spiegare), ma sull'espressione “del nostro modo di conoscere”. Perché? Perché in fondo per quel che mi riguarda, tanto nei momenti formativi quanto nelle mediazioni, talvolta mi rendo conto che mediare, più che usare quella cassetta degli attrezzi di cui parlavo prima, vuol dire proprio, in primo luogo, entrare in contatto con sé stessi, con il proprio modo di essere, di relazionarsi all'altro, per tentare di entrare in quell’agire comunicativo di cui abbiamo parlato e per far sì che l'altro si senta davvero ascoltato e non strumentalizzato»

Il modello “Ascolto e Mediazione”

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Alberto Quattrocolo nel presentare il libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, di cui è autore con Maurizio D’Alessandro, si è soffermato sulle ragioni per le quali nell’elaborare una denominazione per definire l’approccio dell’Associazione Me.Dia.Re. alla gestione dei conflitti si è deciso di

«estrarre dal concetto di mediazione un aspetto ad essa connaturato (l’ascolto): non per slegarlo, ma per esplicitarlo, rammentandone così la centralità. Ascolto e Mediazione, appunto, e non “soltanto” mediazione».

Isabella Buzzi: «siamo tutti fatti di carne e di sangue»

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Isabella Buzzi, in questo video dell'incontro sul tema della mediazione ha spiegato perché ha accettato di essere autrice della prefazione del libro "Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti" (di A. Quattrocolo e M. D'Alessandro, FrancoAngeli, 2021).

Ascolto (ed empatia) nella mediazione penale

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Si parla anche di cinema - i due capolavori del cinema comico italiano, “I soliti ignoti” e “Guardie e ladri”(a quest'ultimo avevamo già dedicato un post della rubrica Corsi e Ricorsi), e di musica (la canzone la “Guerra di Piero”) - in questo terzo articolo (e video), dedicato alla mediazione penale, tratto dall’incontro organizzato e condotto da Maria Alice Trombara, Maria Rosaria Sasso e Antonella Sapio, All’ora del thè, in compagnia di Alberto Quattrocolo dell’Associazione Me.Dia.Re

Gli esempi cinematografici (si fa notare, incidentalmente, che alla regia e alla sceneggiatura di entrambi aveva messo mano Mario Monicelli e che entrambi vedevano nel cast la presenza determinante di Totò) e la canzone di Fabrizio De André, infatti, servono a supportare alcune riflessioni sull’ascolto svolto dal mediatore penale e sull’empatia: sia quella che egli, ascoltando, deve declinare nel suo relazionarsi con i protagonisti della vicenda, che quella che, a seguito del suo ascolto, può svilupparsi tra di loro. Infatti, lo spunto proposto da una domanda di Maria Alice Trombara ad Alberto Quattrocolo è stato il seguente:

«Alberto, mi volevo ricollegare a quello che tu dicevi sulla mediazione penale specificando che attualmente il modello della Morineau è quello che si usa maggiormente in Europa, ma anche Oltreoceano (pensiamo al Canada): sappiamo che la Morineau propone questa tripartizione in “Teoria”, “Crisi” e “Catarsi”, che lei, come “numismatica greca”, prende dalla tragedia greca, ma nel mondo moderno, nel mondo attuale, come viene vissuta dai nostri medianti questa tripartizione (appunto, “Teoria”, “Crisi” e “Catarsi”) e il mediatore come riesce ad accompagnarli in questi tre stadi, ossia dalle emozioni ai valori, diciamo così?».

Gli sbocchi professionali per i mediatori penali e per i mediatori familiari

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Quali sono gli sbocchi lavorativi per chi vuole formarsi per diventare un mediatore penale o un mediatore familiare o per chi vuole acquisire entrambe le competenze? A questa domanda hanno risposto Alberto Quattrocolo (dell’Associazione Me.Dia.Re.) e l’avv. Giovanni Grauso (mediatore familiare, supervisore dei mediatori familiari e membro del Consiglio Direttivo dell’A.I.Me.F.) nell’ambito del ciclo di incontri All’ora del thè, in compagnia di …, organizzato e condotto da Maria Alice Trombara, Maria Rosaria Sasso e Antonella Sapio, dedicato a «Mediazione Familiare e dintorni. Chiacchiere in rete. “Perché tutti siamo importanti nelle dinamiche familiari”»

Differenze e similitudini tra mediazione familiare e mediazione penale

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In una piacevole chiacchierata del 7 luglio 2021 di Antonella SapioMaria Rosaria Sasso, Maria Alice Trombara e Giovanni Grauso con Alberto Quattrocolo (dell'Associazione Me.Dia.Re.) sono stati affrontati diversi argomenti riguardanti il tema della mediazione penale. Il primo affrontato è stato quello dei rapporti tra la mediazione familiare e la mediazione penale da un punto di vista applicativo-operativo: in questo articolo, che contiene anche il video dell'intervista, ci si sofferma sugli elementi in comune e le differenze tra questi due strumenti di gestione dei conflitti sotto molteplici punti di vista:  il contesto giuridico; il contesto relazionale (all'interno del quale ci si sofferma sul processo di vittimizzazione, sui meccanismi di autogiustificazione e sul tema della violenza); il conflitto; i principali modelli teorico-operativi; l'ascolto e l'accoglienza delle persone al di là del loro ruolo di parti.

Mediazioni e compromessi come sinonimo di vita (libera)

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Mediazioni e compromessi punteggiano le nostre vite di tutti i giorni. Sulle mediazioni e sui compromessi si sono fondate delle costituzioni, si sono approvate leggi d'importanza capitale e si sono costruite innumerevoli maggioranze di governo, perfino esecutivi di unità nazionale, fin dai tempi della Prima Guerra Mondiale (ma si potrebbe risalire alle guerre napoleoniche), nel Regno Unito, come del resto, in Italia.

Scriveva Amos Oz

«Nel mio mondo la parola compromesso è sinonimo di vita (...) Il contrario di compromesso è fanatismo, morte (...). Ritengo che l’essenza del fanatismo sia nel desiderio di costringere gli altri a cambiare».

Se il compromesso (e la mediazione che lo ha prodotto) è il contrario del fanatismo, cioè del progetto di cambiare gli altri, allora anche i mediatori, forse, dovrebbero stare attenti a non diventare fanatici della mediazione e del compromesso cercando di costringere i protagonisti del conflitto a cambiare, cioè a smettere di essere in conflitto.

Mediazione e compromesso

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Mediazione e compromesso sono spesso intesi come un binomio, un'accoppiata inscindibile. Tanto che talvolta pare quasi che significhino la stessa cosa. Ciò per lo più si verifica allorché mediazione e compromesso sono percepiti e intesi in senso negativo, come indici di debolezza, come sintomi di una mancanza di valori e perfino come sospetta disponibilità a simpatizzare con il nemico. Tuttavia, esiste e ha un certo consenso anche la posizione, opposta, di chi tesse le lodi della disponibilità alla mediazione e al compromesso, ritenendola sinonimo di maturità e di capacità di dialogo.

Non manca, peraltro, il conflitto tra i fautori della mediazione e del compromesso e coloro che si rifiutano anche solo di prenderne in considerazione l'eventualità.

Ma che rapporto c'è tra mediazione e compromesso? In molti casi, anche in ambito professionale (si pensi alla mediazione civile e commerciale o alla mediazione familiare), si potrebbe dire, che è largamente diffusa una rappresentazione di tale relazione come se fosse di tipo "genitoriale" (una mediazione riuscita genera un compromesso, cioè un accordo), ma non è detto che mediazione e compromesso debbano essere necessariamente associati. Non è detto, cioè, che il fine di un intervento di mediazione debba essere necessariamente il conseguimento di un compromesso tra i protagonisti del conflitto. In questo articolo spieghiamo quali sono le conseguenze "operative e commerciali" di una stretta correlazione tra mediazione e compromesso e come sia possibile intendere e svolgere la prima senza avere come fine il raggiungimento dell'accordo.