Nella sua tesi, proposta al termine del Corso in Mediazione Familiare), Stefania Zerbetto ha scritto:
“La figura del mediatore familiare, nel complesso e sfaccettato contesto storico attuale – caratterizzato da rapporti sociali sempre più rarefatti ed appiattiti –, si inserisce come colui che, senza giudicare né proporre soluzioni, assume un ruolo di catalizzatore e facilitatore del ripristino della comunicazione tra i coniugi, affiancandoli nel fare chiarezza in merito alle loro emozioni e rispetto al conflitto coniugale, e trasformando un vissuto, percepito come pericoloso e distruttivo, in un’opportunità per uscirne non indeboliti ma rafforzati. In questo cambio di prospettiva, l’obiettivo non sarà più quello di trovare una soluzione al conflitto tra i coniugi (benché tale risultato sia senza dubbio auspicabile), ma quello di far sentire ciascuno di loro riconosciuto ed accolto nei propri bisogni, esigenze, emozioni e frustrazioni. Tale Riconoscimento rappresenta la base dalla quale partire affinché la comunicazione (ed eventualmente la fiducia reciproca nell’altro) possa eventualmente, riprendere tra le due parti.
Relazione, incontro con l’altro, condivisione, volontà di mettersi in gioco, rappresentano nuove prospettive di confrontarsi all’interno della famiglia, ma anche al di fuori di essa, tra i consociati e tra questi ultimi e le istituzioni. Non si tratta di magia, ma di impegno nel ripristinare quel legame sociale, quella percezione dell’altro come appartenente al genere umano, che ci accomuna e ci fa sentire intimamente compresi.”.