Il 31 ottobre 1922 si insediò il primo governo Mussolini
Un po’ di forza, ma nemmeno troppa, per prendere il potere sul Bel paese. In pochi persero la vita in quei giorni; innumerevoli in seguito.
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Ma siamo orgogliosi di dire che Alberto Quattrocolo ha già contribuito con 391 voci.
Un po’ di forza, ma nemmeno troppa, per prendere il potere sul Bel paese. In pochi persero la vita in quei giorni; innumerevoli in seguito.
L’Associazione italiana della Croce Rossa non è sempre stata uguale a se stessa: tanti uomini hanno contribuito a cambiarla. A volte, i più impensabili.
Mentre prosegue e si estende il dibattito sul DL Pillon, che, fra gli altri aspetti controversi, contempla anche il tema della mediazione familiare, configurandola come obbligatoria, proponiamo qualche accenno di riflessione sulla assai problematica questione di tale strumento di gestione del conflitto nei casi di violenza. Infatti, la Convenzione di Istanbul che l’Italia ha recepito nel proprio ordinamento, doverosamente vieta l’intervento di mediazione familiare nei casi di violenza. Sta, dunque, ai mediatori familiari preoccuparsi di ciò, non solo per non violare quel divieto, ma ancor prima per evitare di farsi involontariamente complici della violenza in corso.
Mai prima di allora si era arrivati tanto in basso. Ma, in seguito, di raggiunse un fondo così buio.
In Sudafrica si sperimentò una forma di giustizia riparativa che metteva la verità al centro del percorso. Non tutti ne furono soddisfatti.
Mussolini il 25 ottobre ’35, dopo neanche venti giorni dall’inizio della guerra, autorizzò l’uso delle armi chimiche in Etiopia.
Le alterne vicende del capoluogo friulano, che ha visto avvicendarsi, alla propria guida, diversi popoli e nazioni.
Il 25 ottobre 1911 Giolitti ordinava che i libici che si opponevano all’invasione italiana – quelli non ancora uccisi a fucilate o sulla forca -, fossero deportati alle Tremiti. Da quel momento e per molti anni l’Italia “importò” migliaia di libici, prelevati a caso, di tutte le età, nelle proprie colonie penitenziarie delle Tremiti, di Ustica, di Gaeta, di Ponza e di Favignana. Tanti morirono già in mare, nella traversata. La fame, la sete, le malattie, i maltrattamenti e il freddo patiti durante la detenzione uccisero almeno un terzo dei deportati. L’occupazione italiana della Libia durò altri 20 anni, caratterizzandosi per una crudeltà e una ferocia a dir poco vergognose. Come scrisse un ufficiale italiano: «Donde venga ai nostri ufficiali tanta cieca ferocia, tanta sete di sangue, tanta raffinatezza di crudeltà, io non so comprendere. […] Noi vendichiamo sugli arabi gli errori nostri, le nostre ritirate, le sconfitte subite ovunque, non per la loro abilità, ma per la nostra inettitudine. Anzi, non potendo vendicarci sui nemici che ottennero, con così scarsi mezzi, risultati tanto vistosi, sfoghiamo l’umiliazione sui deboli, sugli inermi».
Il giorno prima, a Biandrate, un’altra brigata nera, la “Cristina”, aveva massacrato due ventunenni che non volevano servire sotto Hitler e Mussolini.
Le dure condizioni imposte dalla dittatura costrinsero gli Ungheresi a ribellarsi al potere sovietico. La rivoluzione non durò molto.
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