Pubblicati da Alberto Quattrocolo

Un’avventura senza ritorno

La notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1991 iniziò quella che Papa Giovanni Paolo II, definì un’avventura senza ritorno: la guerra. Era l’Operazione Desert Storm. Un’avventura senza ritorno per i tanti – civili e militari – che vi persero la vita, ma, forse, anche un’avventura senza ritorno per la vita attuale di centinaia […]

Guarda i muscoli del capitano

Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano. Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene. Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero, fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un po’ alla vita Iniziava così I muscoli del capitano, di Francesco de Gregori, […]

Un nero a Sparta

Un uomo, si fermò a Sparta, Mississipi, una notte del 1967 e, per il colore della pelle, andò incontro ad un mare di guai.
Ad interpretare quella parte, nel mitico La calda notte dell’ispettore Tibbs, era Sidney Poitier, un uomo cui
toccava sullo schermo e nella vita vera il ruolo di rappresentante di una minoranza oppressa e doveva svolgerlo senza mai perdere l’equilibrio morale, psicologico ed emotivo. Aveva vissuto sulla propria pelle il bigottismo, l’ineguaglianza, il razzismo esplicito e quello ammantato di moderatismo. E divenuto attore, il modo in cui intendeva svolgere la professione e gestire la celebrità acquisita conferivano una valenza tutta particolare ad ogni film interpretato, ad ogni gesto compiuto e ad ogni parola pronunciata. Doveva misurarsi con gli attacchi dei reazionari bianchi, che lo minacciavano, lo insultavano, facevano picchetti e dimostrazioni violente contro i suoi film, incluso La calda notte dell’ispettore Tibbs. Doveva vedersela con i benpensanti cerchio-bottisti, quelli per cui il razzismo era solo la manifestazione nostalgica di pochi folkloristici incappucciati le cui azioni erano fatte oggetto di denunce esageratamente allarmistiche nella propaganda dei liberal, cioè degli amici dei comunisti e dei radicali. Doveva aver a che fare con chi lo invitava a non portare acqua al mulino degli anarchici e dei sovversivi, cioè dei traditori della patria. Doveva replicare a chi invitava quelli come lui e Martin Luther King ad avere pazienza, a perseverare, sì, ma con maggiore moderazione. E doveva sentirsi tacciato, da sinistra, di fare il gioco dei bianchi, di essere un cane ammaestrato, un servo dell’establishment, di essere un borghese ben piazzato con pose da radical chic.
“Dovremmo essere grati a Sidney Poitier anche solo per aver portato il fardello di un compito impossibile con grazia eccezionale”, ha scritto Peter Bogdanovich.
Certo, gli siamo grati. E siamo anche angosciati, affranti e desolati, a dir poco, pensando che, oggi, 52 anni dopo l’acclamata uscita di quel film nelle sale italiane, al nord e al sud d’Italia, come in altre parti d’Europa e negli USA, sia tanto spesso ricorrente un’ottuso razzismo, molto simile a quello incontrato, nel film di Jewison, da quel nero a Sparta.

Inizia il processo contro gli “scassinatori del Watergate”

“C’è stata una volta durante un periodo di crisi nazionale in cui politici di entrambi gli schieramenti misero da parte le faziosità politiche per scoprire la verità. C’è stata una volta in cui Democratici e Repubblicani si unirono per portare a una fine pacifica una presidenza corrotta e criminale. C’è stata una volta in cui i membri del Congresso misero la difesa della nostra democrazia sopra agli interessi dei partiti, per la ricerca di un bene maggiore. C’è stata una volta”.
Così Robert Redford riassunse l’epilogo della vicenda del Watergate. In Tutti gli uomini del presidente, Redford e Dustin Hoffman interpretavano rispettosamente Bob Woodward e Carl Bernstein, i due cronisti del Washington Post, la cui inchiesta mise al corrente il popolo americano delle malefatte dell’entourage di Richard Nixon, 37° Presidente USA.

Ricordando Sal Mineo: lassù qualcuno lo ama

Con lui si identificarono milioni di teenagers nel mondo, ma questo piccolo, talentuosissimo, “angelo mediterraneo, di origini siciliane, teppista da bambino e già beniamino del pubblico a soli 11 anni, amico di James Dean, uno tra i primi attori hollywoodiani a dichiarare la propria bisessualità, sapeva non prendersi troppo sul serio e reagire con autoironia tanto al successo che al declino. Si chiamava Sal Mineo e oggi, se non fosse stato accoltellato da uno sbandato, quale era lui da piccolo, avrebbe compiuto ottantun’anni.

Gran brutta malattia, il razzismo, più che altro strana…

Gran brutta malattia, il razzismo, più che altro strana: colpisce i bianchi ma fa fuori i neri“.

Proponiamo alcune riflessioni sul tema della mediazione dei conflitti rispetto alle situazioni in cui alla base del conflitto vi siano il pregiudizio e l’odio razzista. Lo spunto è fornito dal primo caso che venne gestito in uno dei nostri Servizi gratuiti di Ascolto e Mediazione, quasi vent’anni fa.