Pubblicati da Alberto Quattrocolo

Paul Newman, un uomo oggi

«Ciò che vorrei scritto sulla mia tomba», disse una volta Paul Newman, «è che sono stato parte della mia epoca».

Lo fu, eccome se lo fu. E fu anche fortunato, certo. Però, seppe condividere i benefici che la fortuna gli portò. Si batté per le sue idee e i suoi valori, in campo politico, culturale, sociale e ambientale, con la stessa generosità con cui si impegnò nel sostegno verso i sofferenti e con lo stesso sentimento di gratitudine. Poco prima di morire disse alle sue figlie:

«è stato un privilegio essere qui». 

Ciaccio Montalto è condannato a morte dalla mafia

Al pari di tanti suoi colleghi, anche questo magistrato aveva guardato dritto nella tana del lupo, come il proprio lavoro e la propria etica gli imponevano.  Lo piansero la moglie e le tre figlie, oltre a ventimila persone accorse per rendere omaggio a quel combattente caduto.

Sakharov, un portavoce della coscienza per l’umanità, oggi come ieri

Sakharov, comunista e patriota convinto, qual’era, a trentadue anni, nel ’53, divenne il padre della prima bomba H sovietica. Ma nel 1975 fu insignito del Nobel per la pace. Avendo compreso che la pace non può essere garantita dagli arsenali, né dalle minacce della guerra, aveva dedicato tutte le sue energie, come scienziato e come intellettuale, alla causa di una pace vera e globale, basata sul rispetto dei diritti umani per tutti, ovunque, senza eccezioni, e sulla difesa della libertà. La libertà di pensiero e di coscienza, la libertà di parola e di associazione, la libertà di stampa e di religione, la libertà di movimento e la libertà dal bisogno. Per queste battaglie fu arrestato e perseguitato dal regime sovietico, ma non si arrese mai.  Le sue battaglie per lo stato di diritto, contro il nazionalismo e contro l’ottusità, i pregiudizi, la demagogia, le discriminazioni e le ingiustizie non hanno perso un grammo di attualità.    

Jan Palach e la coscienza del popolo

«Palach ci ha spinti a porci una domanda che può fare di noi delle persone migliori: “Cosa ho fatto per gli altri? com’è il mio cuore? qual è il mio obiettivo? quali sono i valori più importanti nella mia vita?”», furono le parole pronunciate dal pastore Jakub S.Trojan sulla tomba del ventenne Jan Palach, che, cinquant’anni fa, per la libertà, a partire da quella di stampa, si era sacrificato .

Quelli del ghetto di Varsavia

Il 18 gennaio del 1943, quando i nazisti ripresero le deportazioni di massa verso i campi di sterminio, gli ebrei del ghetto di Varsavia li accolsero a schioppettate. E quando, il 19 aprile, tornarono per eseguire in pochi giorni “la liquidazione finale” trovarono dei combattenti. Non potevano credere che “quella marmaglia inferiore“, quegli “ebrei codardi per natura” fossero disposti a battersi e morire, anche bruciati vivi, pur di non arrendersi. Quella del ghetto di Varsavia fu la prima rivolta urbana in Europa contro l’invasore nazista e fu d’esempio per quelle di altri ghetti tra cui quelli di Bialystok e Minsk, e quelle nei campi di sterminio di Treblinka e Sobibor . Oltre a coloro che furono massacrati, occorre ricordare anche coloro che sopravvissero, persone come Irena Sendler, Władysław Szpilman, Marek Edelman e Simcha Rotem.