«Non vi preoccupate, sono ancora vivo», aveva scritto alla sua famiglia Maurizio Arnesano pochi giorni prima. Ma non sapeva che Giusva Fioravanti, leader e assassino dell’organizzazione neofascista N.A.R., era alla ricerca di un mitra e che, vedendolo di servizio davanti ad un’ambasciata, quel 6 febbraio del 1980, aveva deciso di portargli via l’M-12. Arnesano reagì. «Non sparare alle spalle è un lusso», disse in seguito Giuseppe Valerio Fioravanti a proposito dell’omicidio di Maurizio Arnesano, quando gli venne rinfacciato di averlo freddato con 4 colpi nella schiena, mentre cercava riparo nell’ambasciata, dopo avergli ficcato già tre pallottole in un braccio. Poi toccò all’appuntato Francesco Evangelista e al sostituto procuratore Mario Amato, che proprio sui terroristi neofascisti stava indagando, ostacolato e delegittimato dal giudice Alibrandi, futuro deputato missino, che era il padre di Alessandro, un fedelissimo di Fioravanti e un killer dei NAR.