Stand by me | Forme diffuse di accoglienza
Intervista a Chiara Marchetti
I migranti, come tutti noi, desiderano vivere in un contesto di relazioni calde e significative. Hanno diritto a un’accoglienza di qualità, con servizi pubblici e garantiti, ma tutto questo non è sufficiente.
Parlando d’inclusione, qual è la prima immagine che ti viene in mente?
Questa foto di Livio Senigalliesi che ritrae Mursal, giovane rifugiato somalo studente di ragioneria, e Giorgio Campanin, il professore di filosofia in pensione che lo ospita nell’ambito del progetto di accoglienza “Rifugiati in famiglia” a cura dell’Associazione Ciac Onlus di Parma.
Puoi raccontarci in breve qual è il tuo ambito d’impegno sul tema della migrazione?
Da sempre cerco di coniugare il mio impegno sul campo, nei progetti di accoglienza e integrazione dei rifugiati, con il mio lavoro di sociologa e ricercatrice. Sono fermamente convinta dell’importanza di una co-educazione alle relazioni interculturali, che può avvenire in tanti contesti diversi: negli ambiti classici della formazione e dell’educazione (come la scuola e l’università), ma anche nelle relazioni tra operatori e beneficiari, nei rapporti di vicinato e di prossimità. I progetti che stiamo sperimentando in questi anni a Parma vanno proprio nella direzione di costruire e reinventare nuove comunità interculturali.
Quale può essere il contributo dei progetti di accoglienza diffusa (in famiglia, in social housing, etc.) all’inclusione dei migranti?
I migranti, come tutti noi, desiderano vivere in un contesto di relazioni calde e significative. Hanno diritto a un’accoglienza di qualità, con servizi pubblici e garantiti, ma tutto questo non è sufficiente. Non è nemmeno vero – secondo la nostra esperienza – che i rifugiati e i migranti vogliano solo e comunque restare “tra di loro”: la realtà è che le occasioni e i luoghi in cui possono avvenire scambi significativi e avviarsi relazioni di amicizia e vicinanza tra “diversi” sono molto rare e avvengono sempre meno per caso, nel contesto sociale ed economico in cui viviamo. Per questo crediamo che i progetti di accoglienza diffusa siano dei laboratori in cui sperimentare questi legami che offrono ai rifugiati opportunità di ampliare le loro reti sociali e di favorire un’esperienza diretta di vita con cittadini italiani, ma che offrono anche agli italiani la possibilità di avvicinarsi a vite e vissuti che altrimenti rimarrebbero consegnati agli stereotipi e al senso comune.
CHIARA MARCHETTI
Chiara Marchetti lavora nell’ambito della progettazione e della ricerca nel campo dell’asilo per l’Associazione CIAC Onlus di Parma, dove è referente del progetto Rifugiati in famiglia. Inoltre è docente di Sociologia delle relazioni interculturali presso l’Università degli Studi di Milano e di Sociologia della globalizzazione presso l’Università degli Studi di Parma, è una delle fondatrici di Escapes Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate e fa parte della redazione della rivista Mondi Migranti. Conduce attività di ricerca sui temi delle migrazioni internazionali, con particolare attenzione al diritto d’asilo, al ruolo del terzo settore nell’integrazione di richiedenti asilo e rifugiati, alle seconde generazioni e alle nuove sfide della cittadinanza e della partecipazione nelle società multiculturali.