Gli alleati sbarcano a Salerno il 9 settembre 1943
L’8 settembre 1943 a Salerno era stata una bella giornata calda e piena di sole, senza preallarmi o allarmi aerei; da giugno, la città era sottoposta a frequenti bombardamenti da parte dell’aviazione delle forze alleate e gli abitanti avevano loro malgrado familiarizzato col rombo di “Ciccio o’ ferroviere”, il piccolo aereo da ricognizione inglese la cui puntuale e quotidiana comparsa nei cieli sopra la ferrovia aveva preceduto di qualche mese l’arrivo dei devastanti bombardieri statunitensi e inglesi.
Nel giro di poco più di due mesi, Salerno aveva subito ferite tali da sconvolgerne la fisionomia: 600 vittime civili, gravi danni ai 2/3 delle abitazioni, quasi del tutto dissolta ogni forma di vita sociale e culturale, il fragore delle esplosioni, i risvegli notturni causati dalle sirene di allarme, la corsa ai soffocanti e maleodoranti rifugi, gli sfollati che con ogni mezzo tentavano di raggiungere le località dei dintorni, la perdita collettiva del senso di sicurezza.
Quel giorno, invece, il cielo era sgombro e sereno e nel tardo pomeriggio si era diffusa la notizia che l’Italia aveva firmato l’armistizio con le Forze Alleate (si veda il post 8 settembre 1943, giorno dell’armistizio di Cassibile, pubblicato su questa rubrica, Corsi e Ricorsi): il proclama di Badoglio scatenò tanta gioia nella popolazione, con cortei di giubilo e festa in tutti gli ambienti, compresi quelli militari, dove, però, ciascuno restò al suo posto in attesa di disposizioni (che non arrivarono).
Quel che i salernitani e gli stessi militari ignoravano era che le coste prospicienti la città nel giro di poche ore sarebbero divenute teatro di uno scontro bellico cruciale, e che la precipitosa accelerazione imposta dal generale Eisenhower circa la comunicazione dell’avvenuto armistizio era intesa a eliminare dai combattimenti le forze del Regio Esercito e generare sgomento nelle fila germaniche.
L’annuncio dell’8 settembre fu inteso dalla popolazione come la fine di tutto e costituì, invece, l’inizio della tragedia, sia per chi rimase in città sia per chi fuggì nei presunti centri sicuri della Valle dell’Irno e si trovò, di lì a poco, al centro degli scontri tra gli alleati incalzanti e i tedeschi in lenta ritirata. Infatti, la flotta che portava le truppe che dovevano sbarcare a Salerno quella stessa notte era partita da Orano, Biserta e Tripoli tra il 3 e il 7 settembre e si era ricongiunta con le navi partite da Palermo e da Termini Imerese il giorno 8: al momento dell’annuncio di Badoglio l’armata navale era al largo di Capri.
Lo sbarco a Salerno (nome in codice Operation Avalanche) fu un’operazione militare di sbarco anfibio messa in atto dagli Alleati lungo le coste del golfo di Salerno per costituire una testa di ponte per la prevista susseguente conquista di Napoli e del suo porto, fondamentale per rifornire le truppe alleate impegnate sul fronte italiano. Le forze della 5ª Armata statunitense del generale Mark Clark sbarcate nel salernitano sarebbero state successivamente raggiunte dagli uomini dell’8ª Armata di Bernard Montgomery provenienti da sud (operazione Baytown), assieme ai quali avrebbero poi attaccato le postazioni difensive tedesche del Volturno e della Gustav nell’Italia centrale.
A posteriori, diversi storici valutarono criticamente sia la scelta del luogo per lo sbarco, sia la strategia del giovane generale Clark, che avrebbe sottovalutato la morfologia della piana del fiume Sele, utile alla difesa tedesca, e la portata della reazione nemica.
La scelta di Salerno era stata motivo di forte discordia tra inglesi e americani: questi ultimi, che non percepirono mai realmente gli italiani come popolazione nemica, volevano sbarcare più a nord, per costringere le truppe tedesche a una rapida ritirata. Tale posizione non era condivisa dagli inglesi, che vedevano nell’Italia un’antagonista nel Mediterraneo e nello sbarco un proficuo mezzo per stroncarne le velleità, lasciando maggior tempo e spazio alle truppe tedesche in ritirata per attuare il piano di distruzione del Regio Esercito e rappresaglia per la fuoriuscita separata dell’Italia dall’Asse, piano di cui i servizi segreti britannici erano a conoscenza. I tedeschi erano presenti in forze, pronti a colpire gli italiani, e il comandante in capo Kesselring era un deciso sostenitore della difesa di ogni palmo di terreno, così le cose non andarono come previsto dagli strateghi militari anglo-americani.
Alle 3,30 a.m. del 9 settembre il generale Mark Clark diede il via all’operazione Avalanche. Mentre i paracadutisti si impadronivano di Taranto e altre forze di terra risalivano da Reggio Calabria, 100.000 soldati inglesi e 70.000 statunitensi sbarcavano sulla costa fra Paestum e il fiume Sele senza incontrare resistenza: inizialmente non ci fu nessuna consistente reazione, l’artiglieria tedesca taceva, la Luftwaffe sembrava scomparsa e gli alleati costituirono una testa di ponte lunga 100 km e profonda 10, mentre il colonnello Lane dell’esercito USA assumeva formalmente il comando militare di Salerno. Ma la mattina del 12 i tedeschi scatenarono il contrattacco.
La battaglia divenne uno scontro durissimo per circa dieci giorni. Alla fine gli alleati, sostenuti dal fuoco delle artiglierie navali e da una superiorità aerea schiacciante, riuscirono ad avere la meglio; i tedeschi, minacciati anche dalla non velocissima ma costante avanzata dell’8ª Armata inglese dalla Calabria, dovettero iniziare il ripiegamento che effettuarono lasciandosi dietro una cospicua serie di demolizioni.
Spostando la prospettiva dal punto di vista militare a quello della popolazione civile, le prime avvisaglie sull’avvio delle operazioni di sbarco si ebbero già poco dopo l’imbrunire dell’8 settembre: grosse formazioni di aerei cominciarono a sorvolare Salerno, si udirono deflagrazioni di bombe e cannonate, provenienti dalla pianura di Paestum, che anche a Salerno provocarono tremolii di infissi e muri. Da notare che solo in quel momento pervenne la comunicazione ufficiale dello sbarco imminente al Comando Marina cittadino.
La prima reazione tedesca è segnalata dall’esplosione dei depositi di munizioni e dei magazzini generali sulle banchine del porto, che procura l’affondamento di alcuni natanti e i primi morti civili.
“Dapprima nessuno ci fece caso. I colpi erano lontani, poi via via sempre più vicini e più possenti e reiterati. Mio padre si rizzò a sedere allarmato. Ma non era finita la guerra? Non era stato firmato l’armistizio? Che cosa significavano quelle esplosioni? Anche gli altri si erano destati e ci ritrovammo come qualche ora prima, ma con animo diverso, tutti fuori nello spiazzo. Al di là delle colline, in direzione di Salerno, era tutto un fiammeggiare, un alternarsi di bagliori e scoppi forti, laceranti, senza soste e mentre avanzava il solito massiccio ossessivo rombo degli aeroplani, il cielo si dipingeva di cento e cento colori. Io credo che mai più si vedrà, nel nitore tiepido di una notte di settembre, uno spettacolo più affascinante, una più travolgente fantasmagoria di luci e di colori, un incrociarsi di bengala luminosi bianchi gialli rossi azzurrognoli, un indagare di cento fotoelettriche, un tambureggiare di calibri diversi da terra, dal mare e dalle colline.”.
Alla conclusione della battaglia la situazione del salernitano era assai grave: tutta l’area portava i segni di intensi combattimenti, i bombardamenti aero-navali avevano fatto strage di civili, Battipaglia, Sarno e Scafati rase al suolo, Salerno duramente colpita nella parte sud, dove si trovavano la stazione ferroviaria, due caserme e una fabbrica di siluri. La viabilità sia stradale che ferroviaria fu gravemente compromessa.
Con ottobre i combattimenti si spostarono più a nord, lasciando alle spalle lutti, macerie e una popolazione stremata da malattie e fame, con la penuria di alimenti e lo strangolamento della borsa nera; non furono inoltre sempre scorrevoli i rapporti con i vincitori, che ostentavano l’evidente forza militare, un’enorme differenza culturale e larga disponibilità di beni e di denaro, fossero anche le AM-lire, il cui corso poco controllato finì per dare un’ulteriore spallata alla già traballante economia italiana.
Silvia Boverini
Fonti:
“Schegge di storia. Salerno e l’Operazione Avalanche”, www.archiviodistatosalerno.beniculturali..it;
G. d’Angelo, “Parte la ‘Valanga’: durante lo Sbarco il mare è nascosto da migliaia di navi”, www.corrieredelmezzogiorno.corriere.it;
F. Dentoni Litta, “Guerra a Salerno”, (a cura di P. De Rosa), Edizioni Grafica Mediterranea;
M. Mazzetti, N. Oddati (a cura di) “1944 Salerno Capitale”, Cassa di Risparmio Salernitana;
www.wikipedia.org
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!