12/08/1944: l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema
Non si trattò di una rappresaglia: l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, il secondo per numero di vittime nel corso della cruenta ritirata tedesca, fu pianificato al fine di terrorizzare la popolazione civile, coerentemente alla direttiva emanata nel giugno 1944 da Albert Kesselring, capo supremo dell’esercito germanico in Italia.
L’eccidio si compì in poche ore, dove non arrivarono i fucili mitragliatori provvide il fuoco. Non tutte le vittime poterono essere identificate, né fu possibile precisarne con sicurezza il numero: 560 quelle certe, tra cui 130 minori di quattordici anni, donne e anziani.
La motivazione ufficiale dell’azione tedesca fu che gli abitanti di Sant’Anna non avevano obbedito all’ordine di sgombero emanato dal Comando Germanico. Una direttiva emanata da Hitler il 2 giugno 1944 imponeva infatti che per una profondità di 10 chilometri, al di qua e al di là della linea gotica, il territorio fosse sgombro da ogni insediamento civile. I tedeschi, impegnati nella costruzione della linea difensiva che dal mar Tirreno, lungo l’Appennino, doveva arrivare all’Adriatico, rastrellavano gli uomini per impiegarli nelle opere di fortificazione.
Dalla fine del 1943 fino all’estate successiva, il piccolo paese di Sant’Anna, situato con le borgate limitrofe a mezza montagna e raggiungibile solo per mulattiera, aveva visto quadruplicare la propria popolazione per l’arrivo degli sfollati, in fuga dall’avanzamento del fronte bellico e dai bombardamenti anglo-americani che colpivano la costa e le città.
Nell’estate del ’44 la Wehrmacht aveva fermato lungo la linea dell’Arno l’avanzata alleata e le brigate partigiane operavano sabotaggi e attentati a danno dei tedeschi, i quali reagivano con pesantissime rappresaglie a danno della popolazione civile. Ne abbiamo parlato su questa rubrica, Corsi e Ricorsi, anche nel post 244 vittime nell’eccidio nazifascista di Civitella, Cornia e San Pancrazio.
Il 26 luglio il Comando Germanico affisse un manifesto sulla piazza della chiesa di Sant’Anna, ordinando a tutti gli abitanti di lasciare le abitazioni e trasferirsi altrove. Tuttavia da parte tedesca non ci fu un seguito di azioni coordinate di sgombero e le relative direttive caddero nel vuoto; per questo motivo, secondo la ricostruzione degli storici, il mancato ottemperamento, sebbene caldeggiato dalle brigate partigiane presenti in zona, non può essere considerato come uno dei motivi della strage.
All’alba del 12 agosto, tre reparti di SS, accompagnati da fascisti collaborazionisti in funzione di guide della zona, salirono a Sant’Anna, mentre un quarto reparto si attestò più a valle, per chiudere qualsiasi via di fuga.
Alle sette il paese era completamente circondato; la popolazione, pensando a un’operazione di rastrellamento, si divise: gli uomini scapparono nei boschi per evitare la deportazione, mentre vecchi, donne e bambini cercarono rifugio nelle proprie case.
Nel racconto dei pochi sopravvissuti, i nazisti inizialmente radunarono circa centocinquanta persone nel piazzale antistante la chiesa e aprirono il fuoco, per poi dare alle fiamme il cumulo dei corpi, tra cui vi erano ancora dei vivi. Altre SS rastrellarono i presenti casa per casa e attuarono meticolosamente l’eccidio, con armi da fuoco e bombe a mano, appiccando incendi, mitragliando chiunque tentasse di fuggire verso il bosco. A mezzogiorno tutte le piccole case di Sant’Anna bruciavano.
Le indagini sul massacro di Sant’Anna di Stazzema furono avviate subito, inizialmente condotte da inglesi e americani, ma una verità giudiziaria definitiva si fece attendere per più di cinquant’anni. Nel 1960, infatti, fu disposta l’archiviazione di circa 695 fascicoli riguardanti gli eccidi nazifascisti che in Italia avevano provocato più di quindicimila vittime. Nel 1994, durante il processo a Eric Priebke, nascosti in uno scantinato della procura militare in quello che verrà chiamato “l’armadio della vergogna”, furono rinvenuti i documenti archiviati, tra cui quelli relativi a Sant’Anna di Stazzema.
Cominciò quindi, per iniziativa soprattutto dell’allora procuratore militare di La Spezia Marco De Paolis, un lavoro di ricerca che portò nel 2004 al processo contro i responsabili ancora viventi dell’eccidio: la sentenza del Tribunale Militare di La Spezia, confermata in Appello e Cassazione, condannò all’ergastolo dieci ufficiali e sottufficiali che avevano partecipato all’azione, ma non poté mai essere applicata. Nel 2012 la procura di Stoccarda archiviò infatti l’inchiesta, dopo aver rifiutato l’estradizione delle ex SS, in base alla motivazione che non potesse essere dimostrata la partecipazione materiale dei singoli agli omicidi e che non era chiaro se l’attacco contro i civili fosse stato deciso in risposta alle azioni partigiane nella zona.
Se non per via giudiziaria, la memoria dell’eccidio, delle vittime e della lotta per la liberazione è stata preservata con il conferimento al Comune di Sant’Anna della medaglia d’oro al valor militare (1970), la creazione di un Museo Storico della Resistenza in loco e l’istituzione del Parco Nazionale della Pace (l. 381/2000), finalizzato a promuovere la collaborazione fra i popoli attraverso iniziative culturali a carattere internazionale.
Silvia Boverini
Fonti:
“Così venne premeditato l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema”, Dino Messina, www.corriere.it ;
“12 agosto 1944: l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, www.infoaut.org ;
“Eccidio di Sant’Anna di Stazzema”, www.it.wikipedia.org ;
“Sant’Anna di Stazzema. Il Processo, La Storia, I Documenti”, Paolo Pezzino e Marco de Paolis, ed. Viella 2016.
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