Conflitti virtuali e conflitti virtuosi
È ufficiale: viviamo oramai da giorni in un’atmosfera surreale. Quel futuro distopico di scenari apocalittici cui ci ha abituati la cinematografia mondiale pare essere entrato di forza, in maniera tanto improvvisa quanto subdola, nella nostra quotidianità, rivoluzionando le nostre abitudini e, perché no?, dando un duro colpo alle nostre, già poche, certezze.
Stiamo combattendo contro una minaccia che sfugge al nostro controllo; da un lato, non possiamo abbracciarci ed avere contatti ravvicinati; dall’altro lato, siamo costretti a convivenze forzate “0-24” che mettono a dura prova anche i rapporti più consolidati e forti.
Si sta insinuando, nei rapporti di tutti i giorni, già complicati, un nemico insidioso, perché invisibile, sul quale diventa difficile riversare la nostra rabbia, la nostra frustrazione e la nostra umana impotenza. E, dunque, la “valvola di sfogo” diventa il nostro PROSSIMO.
Insomma siamo “animali sociali”, ma anche – e di più – “animali conflittuali”. Non credo sia importante analizzare se ciò sia più un male che un bene. Credo più utile analizzare se si possa trasformare un conflitto in un “vantaggio”.
Trovo molto affascinante la lingua italiana; mi piacciono molto le parole… giocarci, in qualche misura stravolgerle e ricomporne in significato…
Le parole sono importanti
“Le parole sono importanti”, urlava esasperato Nanni Moretti nel bellissimo film “Palombella Rossa”. È vero: le parole sono importanti. Per questo è importante padroneggiarle.
Perché se è vero che “siamo responsabili di ciò che diciamo noi ma non di quello che capiscono gli altri” è altrettanto vero che un buon oratore/scrittore sa come indugiare per trarre gli altri in errore, conducendoli in un terreno conflittuale.
Mi è capitato di recente, nell’arco di una settimana, di ricevere per ben due volte due messaggi scritti (uno via e-mail ed un altro via Whatsapp) che si concludevano augurandomi “buona vita”…
Faceva capolino, in maniera piuttosto evidente, tra le righe, un sottinteso e neppure troppo timido “vaff….”.
Debbo fare un mea culpa: non ho fatto nulla, nelle due occasioni, per evitarlo, avendo scelto di “abbracciare” le provocazioni che mi giungevano, forti, da quelle comunicazioni, e anzi intrattenendo con loro un improbabile fox trot (ammetto di non sapere ballare…).
Dunque, lo ammetto, ho scelto consapevolmente un registro di comunicazione volutamente provocatorio, avendo intercettato una buona dose di mala fede nelle comunicazioni suindicate.
Già che siamo in vena di confessioni, ammetto anche che i due interlocutori non rientravano tanto nelle mie grazie, di talchè li ho anche un pochettino “usati” per liberarmi della tensione maturata negli ultimi giorni; giorni nei quali ho dovuto riorganizzarmi il lavoro da casa…
Quale sarebbe stata l’alternativa? Beh, sicuramente avrei potuto utilizzare un “tono di scrittura” più accattivante, più complice, più ammiccante, arrivando, nella sostanza, ad esprimere lo stesso concetto, e dunque alla fine difendendo in egual misura le mie idee.
E forse mi sarei portata a casa un saluto più “urbano”.
Ma, oramai avevo deciso di sviscerare in tutta la sua potenza la mia insofferenza verso i miei due sfortunati interlocutori.
Siamo noi a decidere se i nostri conflitti restano virtuali, se diventano virtuosi o se arrivano al punto di non ritorno
Qual è la morale di questo aneddoto? Potrebbe essere questa: anche ammettendo di essere provocati, il più delle volte siamo noi che decidiamo quale registro dare alla discussione. Siamo noi a decidere se il conflitto si manterrà su corde meramente virtuali, se si alzerà fino a diventare virtuoso o se, invece, si incupirà fino a giungere ad un punto di non ritorno.
E questa consapevolezza diventa importante, perché ci permette di scegliere. E la capacità di “scelta” è la nostra vera e unica libertà, che travalica i confini cui ci costringe questo difficile periodo.
Dunque…BUONA VITA A TUTTI (nel senso più letterale e virtuoso dell’espressione).
Monica Checchin
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