Diciannovesima puntata di Conflitti in corso
Nella diciannovesima puntata di Conflitti in corso affrontiamo non un conflitto interno ad una coppia, ma un caso di violenza psicologica. Per intuibili ragioni, che non riguardano soltanto l’aspetto della tutela della riservatezza della persona autrice della mail, le considerazioni svolte si limitano ad alcuni, limitati, aspetti dei seguenti quesiti:
Che cos’è la violenza psicologica nelle relazioni affettive/intime?
Perché l’autore della violenza agisce così?
È proponibile la mediazione familiare in questi casi?
La risposta a quest’ultima domanda è, ovviamente, no (su questo ci si era già soffermati in due post pubblicati nella rubrica Riflessioni, nell’ambito dei quali si è anche spiegato come il modello operativo adottato da Me.DiaRe. nei suoi servizi di mediazione familiare, valga anche a prevenire tali tipo di rischio: La mediazione familiare va sospesa nei casi di violenza psicologica; La mediazione familiare e la violenza). Ma il fatto che il quesito venga posto dalla persona autrice della mail qui commentata può ricollegarsi anche al fatto che il fenomeno della violenza psicologica nelle relazioni affettive o intime è ancora oggi caratterizzato da scarsa attenzione e considerazione, sicché il numero oscuro relativo a tale forma di violenza costituisce tuttora un elemento problematico e segnala l’esistenza di un’inadeguata preparazione da parte della società in generale, e non soltanto dei rappresentanti di enti specifici (forze dell’ordine, autorità giudiziaria, organizzazioni sanitarie), nel rilevare questa forma di vittimizzazione. Ne deriva che le persone vittime di questa forma di violenza perlopiù non trovano un ascolto e un supporto. La situazione che vivono spesso viene derubricata a livello di normale litigiosità di coppia, quando non si giunge a definirla una situazione che ad esse, in fondo, sta bene. Così le vittime sviluppano in molti casi un senso di abbandono, una forma di vittimizzazione secondaria, o addirittura finiscono con il colpevolizzare se stesse per le sofferenze che gli abusi procurano loro (ed è quasi inutile aggiungere come questo aspetto sia troppo frequentemente osservato nei servizi che si occupano di questi tipi di vittimizzazione, tra i quali anche quelli erogati dalla nostra associazione, Me.Dia.Re.).
Da ciò può derivare un incremento del rischio che costoro finiscano con l’essere sottoposte ad altre forme di violenza, a volte irrimediabili, quali, ad esempio, il femminicidio. Perché, in effetti, la violenza psicologica può sussistere anche da sola, ma le altre forme di violenza (ad esempio, la violenza fisica e/o quella sessuale, ecc.) presuppongono la violenza psicologica e sono da essa precedute. Perciò, il non riconoscere o il sottovalutare questa aumenta incommensurabilmente le possibilità che si arrivi anche alle altre forme di violenza.
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