Coluche Président
Michel Gérard Joseph Colucci, notissimo con il nome d’arte di Coluche, morì in un incidente il 19 giugno del 1986. L’anno precedente Coluche aveva messo in allarme i partiti e la politica francese, candidandosi alle presidenziali, che egli, da tempo, nei suoi spettacoli aveva ribattezzato «le elezioni pestilenziali» [1].
«Dio ha detto: “Bisogna dividere in parti uguali”. I ricchi avranno il cibo, i poveri l’appetito», «Ci sono meno stranieri che razzisti in Francia», Coluche
Com’è noto, Coluche ritirò la propria candidatura, ma non smise il proprio impegno in ambito politico-sociale, dedicandosi o sostenendo diverse iniziative politiche e sociali contro il razzismo e contro la povertà. Tra le altre cose, l’anno prima della morte, nel 1985, fondò i Restos du cœur, un’associazione che raccoglie cibo, soldi e vestiti per i bisognosi e i senzatetto. L’anno dopo iniziò a promuovere l’associazione proponendo ad alcuni vip uno spettacolo di beneficenza, organizzato annualmente e trasmesso in tv. Anche in tal caso Coluche non risparmiava il suo spirito caustico:
«Vorrei rassicurare i popoli che muoiono di fame: qui mangiamo anche per voi», «Penso che i poveri siano indispensabili alla società. A condizione che lo rimangano».
Coluche destinò il ricavato dell’iniziativa 1,5 milioni di franchi, all’Abbé Pierre. Costui, presbitero cattolico, già membro della Resistenza francese contro l’occupazione nazista, durante la Seconda Guerra Mondiale, e per un breve periodo, nell’immediato dopoguerra, deputato nelle liste del Movimento Repubblicano Popolare, aveva fondato nel 1949 i Compagnons d’Emmaüs, un’organizzazione non governativa a sostegno dei poveri e dei rifugiati [2]. La spiegazione del suo avvicinamento a l’Abbé Pierre fu data facendo ricorso ad un verso di Jacques Brel: «Non erano della stessa sponda, ma cercavano lo stesso porto».
«L’antico povero», Coluche
Coluche era nato a Parigi, poco dopo che la capitale era stata liberata dagli Alleati, a seguito dello sbarco in Normandia (lo abbiamo ricordato su questa rubrica nel post Gli amici del 6 giugno), il 28 ottobre del 1944. Veniva da una famiglia decisamente povera. Era figlio di un immigrato italiano, della provincia di Frosinone, Honorio Colucci, imbianchino, e di una fioraia francese, Simone Bouyer, detta Monette. Crebbe nella banlieue di Montrouge, nel sud della città. Suo padre morì quando lui aveva appena tre anni. Quando raggiunse la celebrità e la ricchezza disse:
«Non sono un nuovo ricco, sono un antico povero».
Dopo aver abbandonato presto gli studi e cambiato parecchi lavori, Coluche divenne famoso a Parigi tra la fine degli anni Sessanta e i primi degli anni Settanta, con alcuni spettacoli di cabaret e soprattutto grazie alle sue performances a “Le Café de La Gare”, un locale di spettacoli da cui uscirono diversi celebri comici francesi. Adottò il nome d’arte di Coluche all’età di 26 anni, quando la sua carriera stava decollando. In quel periodo comparve in diversi programmi proponendo i suoi sketch, alcuni più originali, altri più corrivi, per lo più graffianti. Poi fece il debutto in ruoli minori al cinema [3]. Inoltre, riuscì ad ottenere degli incarichi di conduzione radiofonica. Il suo umorismo, però, era incompatibile con le norme scritte o implicite sui limiti entro i quali andava contenuta l’ironia. Certe battute – come: «Peggio di un sassolino nella scarpa è un granello di sabbia nel preservativo», «Per evitare di avere dei figli o delle figlie, fate l’amore con vostra cognata, avrete dei nipoti», «La medicina è un mestiere pericoloso. Quelli che non muoiono possono denunciarvi», «Qualora ti sentissi inutile e depresso, ricordati che un giorno sei stato lo spermatozoo più veloce di tutti» – erano considerate insopportabilmente scandalose. Ma soprattutto, creavano problemi quelle di stampo antipolitico:
«Non è complicato stare in politica. È sufficiente avere una buona coscienza, e per fare questo bisogna avere una cattiva memoria!»
«Se votare cambiasse qualcosa sarebbe vietato da tempo», Coluche
Spesso Coluche veniva cacciato dai programmi radio dopo poche puntate. Il suo umorismo piuttosto spinto, oltre che caustico, portava le emittenti a reagire con provvedimenti di sospensione. Ciononostante, questa sua libertà indomabile lo rendeva graditissimo al pubblico, che lo seguiva spanciandosi dalle risate anche quando i toni iconoclasti e provocatori si mescolavano ad una comicità surreale, ma non meno scomoda: «Guerra del 1914-‘18: un morto civile ogni dieci morti militari. Guerra del 1939-‘45: un civile morto per ogni militare. Guerra del Vietnam: cento morti civili per ogni militare. Arruolatevi! Per la prossima si salveranno solo i militari!».
Grazie al suo talento e alla sua inesauribile carica di energia, in relativamente poco tempo, negli anni Settanta, si impose uno dei comici più famosi di tutta la Francia. E, a quel punto, anche il cinema non tardò a valorizzarlo. Dopo aver preso parte a diversi film in ruoli defilati che lasciavano intravvedere appena le sue capacità di reggere un intero film sulle proprie spalle, Coluche s’impose anche su questo medium come star della comicità, grazie al campione d’incassi del 1976 L’ala o la coscia? (di Claude Zidi). Il film, con i suoi 5,8 milioni di spettatori, arrivò secondo, subito dopo Lo squalo (1975, di Steven Spielberg), nella classifica dei film più visti in Francia quell’anno [4].
«La metà degli uomini politici sono buoni a nulla. L’altra metà sono pronti a tutto», Coluche
«Mi rivolgo a quelli che hanno votato trent’anni a sinistra per niente. Perché, purtroppo, la sinistra non ha fatto nulla. Sono uno di quelli che avevano riposto molte speranze nella sinistra… Parlo anche a coloro che hanno votato la destra trent’anni per niente. Mi sapete citare una promessa mantenuta? Per trent’anni hanno votato per persone competenti e intelligenti che li prendevano per imbecilli. Oggi io propongo loro di votare per un imbecille. Per me. Di solito, votavano per niente. Scegliendo Coluche voteranno per uno che non è niente, se non un astensionista di professione».
Fu con queste parole che Coluche annunciò e spiegò la propria candidatura alle elezioni presidenziali francesi del 1981, il 30 ottobre del 1980 Théâtre du Gymnase di Parigi. Inizialmente furono in molti a pensare che si trattasse di uno scherzo, di una provocazione. Coluche, dopo la morte di Louis De Funés era il ormai il comico più famoso e amato di Francia e, quindi, anche tra i giornalisti gremiti nella sala, furono in molti a non prenderlo sul serio [5]. Forse a trarli in inganno circa la serietà delle sue intenzione fu il fatto che tempo addietro in un’intervista a Le Monde aveva “confidato” che stava pensando di presentarsi come candidat nul, così da indurre anche i più irriducibili astensionisti a recarsi alle urne, essendo certi che tanto non sarebbe ami stato eletto. Del resto neanche i giornalisti sfuggivano alle sue prese in giro: «I giornalisti non credono alle bugie degli uomini politici, ma le ripetono, peggio ancora!».
«È meglio votare per un coglione come me che votare per qualcuno che vi prende per un coglione», Coluche
La sua candidatura però venne prese sul serio da Gérard Nicoud, segretario del Cid-Unati, il sindacato dei piccoli commercianti e degli artigiani. Costui annunciò il suo sostegno a Coluche con la seguente battuta:
«Visto che la politica è ridicola, votiamo Coluche! Almeno lui è bravo davvero a far ridere».
Un po’ meno gradimento raccolse presso i sindacati dell’industria, visto che ad essi riservava osservazioni piuttosto graffianti: «Il capitalismo è lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Il sindacalismo è l’opposto», «I sindacati sono stati fatti per dare ragione a della gente che ha torto».
In quel periodo di crisi, in cui la disoccupazione e l’inflazione galoppavano, il disagio in vasti strati della popolazione si faceva sempre più forte, così come aumentava il risentimento verso i maggiori partiti, in sindacati riuscivano ancora far scendere in piazza centinaia di migliaia di persone. Meno presa avevano invece i partiti. In particolare, era in crisi il maggiore referente politico dei conservatori e dei moderati. Il presidente Valéry Giscard d’Estaing stava vivendo una fine mandato alquanto tormentata. Sul piano economico-sociale c’era il dato angosciante costituito daIla crescita del numero dei disoccupati oltre “la quota psicologica” del milione e mezzo, che si associava a quello sull’inflazione, balzata oltre il 13%. Ma, oltre a ciò, mentre gli scioperi si moltiplicavano, il presidente doveva fronteggiare lo scandalo dei diamanti ricevuti dal dittatore centrafricano Bokassa (che si era autoproclamato Imperatore), diamanti che, secondo quanto risultava, erano stati rivenduti.
«Faccio gentilmente notare agli uomini politici che mi prendono per buffone che non sono io che ho cominciato», Coluche
Coluche non lesinava osservazioni graffianti sui modi con i quali politici e commentatori affrontavano la crisi economica («Sembra che la crisi renda i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Non vedo perché si debba considerare una crisi. È stato così sin da quando ero piccolo»), ma, su Radio Monte Carlo, proprio sull’affaire dei diamanti Coluche aveva sviluppato i suoi tormentoni, ottenendo un’audience incredibile. Dopo poche puntate, però, l’intervento diretto del principe di Montecarlo, azionista di maggioranza della radio monegasca, aveva fatto sì che Coluche venisse allontanato dai microfoni. Tale censura lo aveva indotto a tradurre in azione le intenzioni precedentemente rimuginate, grazie all’insistenza del suo caro amico e cineasta Romain Goupil. In fondo, sarebbero bastate appena 500 firme, gli fece presente, ricordandogli anche che, come candidato avrebbe avuto diritto di esprimere ciò in cui credeva senza vedersi allontanare dai microfoni. Aveva un diritto di tribuna che gli avrebbe permesso di dire ciò che, invece, se parlava come comico, veniva sanzionato dalla censura.
«I sondaggi servono perché le persone sappiano quello che pensano», Coluche
Grazie a slogan come «L’unico candidato che non ha bisogno di mentire» e «Prima di me la Francia era tagliata in due, dopo di me sarà piegata in quattro dal ridere», la sua candidatura venne accolta con entusiasmo da molti francesi, sorprendendo lo stesso Coluche. Sorsero comitati di sostegno e alcuni intellettuali famosi, tra cui lo psicanalista Félix Guattari, il sociologo Alain Tourain e il filosofo Gilles Deleuze, e il mensile satirico Hara-kiri si schierarono apertamente dalla sua parte [6]. Il Journal du Dimanche scrisse che aveva il sostegno del 16 per cento dei francesi. I sondaggi, infatti, a sorpresa cominciarono a darlo al 15-16%. Così, il 25 novembre fu chiesta l’apertura di un’indagine segreta ai suoi danni. In poche settimane fu redatto un documento, archiviato col numero 817 706, che costituiva un dossier completo su Coluche, la sua famiglia e le persone a lui più vicine. Molte informazioni parevano proprio raccolte per rinvenire elementi atti a screditarlo [7].
«La destra vende delle promesse e non le mantiene. La sinistra vende delle speranze e le infrange», Coluche
Intanto Coluche sul settimanale satirico Charlie Hebdo aveva presentato il suo manifesto:
«Mi appello agli sfaccendati, agli zozzoni, ai drogati, agli alcolizzati, ai froci, alle donne, ai parassiti, ai giovani, ai vecchi, agli artisti, agli avanzi di galera, alle lesbiche, ai garzoni, ai neri, ai pedoni, agli arabi, ai francesi, ai capelluti, ai buffoni, ai travestiti, ai vecchi comunisti, agli astensionisti convinti, a tutti quelli che non credono più nei politici, affinché votino per me, si iscrivano presso il loro municipio e propagandino la novità. TUTTI INSIEME PER FOTTERLI IN CULO CON COLUCHE, il solo candidato che non ha motivo di mentire» [8].
Evidentemente Coluche non era un uomo di destra, ma non poteva neppure essere considerato un comunista, poiché pronunciava battute come: «Cominciate pure la rivoluzione senza di noi. Preferiamo essere stupidi e vivi che morti e pieni di idee», «L’uomo più sfortunato della Terra è stato Yuri Gagarin: è partito dall’URSS, ha fatto diciassette volte il giro della Terra ed è ricaduto in URSS». Visto che tra i suoi collaboratori, però, c’erano due vecchi trozkisti, la polizia politica e i servizi segreti iniziarono a ipotizzare un complotto rosso, un’iniziativa d’ispirazione comunista tesa alla destabilizzazione. Era un abbaglio o, più probabilmente, un tentativo di delegittimazione. Anzi, tra i partiti più preoccupati da Coluche c’era proprio il Partito Comunista Francese [9].
«Non sono più candidato», Coluche
È difficile dire con certezza se le pressioni e le minacce lo indussero a desistere (telefonate anonime, minacce di morte, pedinamenti e, poi, l’uccisione del suo braccio destro, René Gorlin, che sulle prime fece pensare ad un omicidio politico, ma poi si rivelò dovuto ad un movente passionale), o se le ragioni della sua rinuncia furono altre, ma resta il fatto che, pochi giorni prima del primo turno, ai primi d’aprile del 1981, Coluche convocò una seconda conferenza stampa per annunciare che si ritirava dalla campagna elettorale. In effetti, non si era dato la pena di raccogliere nemmeno le 500 firme. Annunciò il suo appoggio al socialista François Mitterrand, invitando a votare per lui. Mitterrand vinse al ballottaggio del 5 maggio 1981 contro Valéry Giscard d’Estaing, diventando il primo presidente socialista della Francia.
«Non sono più candidato», disse Coluche ai cronisti. «Volevo dare una rimescolata alla merda della politica, ma ora non sopporto più l’odore. Ho voluto divertire me stesso e gli altri in un periodo di così grande tristezza e gravità. La gente sarà delusa. E anch’io lo sono. Mi fermo perché non posso andare oltre. Signori politici di mestiere, ho messo il naso nel vostro buco di culo, non ho più interesse a lasciarvelo lì. Divertitevi senza di me».
«Sono capace del meglio e del peggio. Ma è nel peggio che do il meglio», Coluche
Coluche continuò a fare satira e a fare film. E virò anche con successo sul cinema drammatico. Nel 1984 Coluche ricevette, infatti, il Premio César come migliore attore per la sua interpretazione nel film Ciao amico. Interpretava un benzinaio, sulla quarantina, solitario e alcolista, che stringe amicizia con un giovane, a sua insaputa, piccolo spacciatore di droga (Richard Anconina), che viene ucciso e che egli vendica servendosi di una giovane emarginata. Nel 1985 interpretò la parte del capitano Oscar Pilli, nel non del tutto riuscito Scemo di guerra, tratto da Il deserto della Libia di Mario Tobino e diretto da un maestro del cinema italiano, Dino Risi. Coluche recitava al fianco di Beppe Grillo, che aveva il ruolo del tenente Marcello Lupi, di Fabio Testi, Bernard Blier e, in un ruolo minore, di Claudio Bisio.
Coluche morì il 19 giugno del 1986, in un incidente di moto: fu travolto da un camion. Non aveva ancora compiuto 42 anni.
Alberto Quattrocolo
[1] Quindici anni prima di lui, l’11 febbraio 1965, un altro comico e umorista francese aveva annunciato la sua candidatura alla carica di presidente della Repubblica francese. Il 72enne André Isaac, meglio conosciuto con il suo pseudonimo Pierre Dac, disse in una conferenza stampa-spettacolo che quel giorno nasceva il MOU (Mouvement Ondulatoire Unifié, “movimento ondulatorio unificato”) che lo avrebbe sostenuto nella campagna elettorale. Dac, ex cantante molto conosciuto in Francia, era stato una delle voci più famose di Radio Londra, le trasmissioni di BBC indirizzate all’Europa occupata durante la Seconda guerra mondiale. Dirigeva, inoltre, il periodico satirico L’Os à moëlle, da cui si mise ad annunciare le proposte surreali del suo programma elettorale, come una riforma fiscale in cui ciascuno avrebbe pagato le tasse del suo vicino di casa e la creazione di un territorio svizzero in ogni paese europeo. Pur essendo il presidente uscente Charles de Gaulle ampiamente favorito sul candidato della sinistra, François Mitterrand, a meno di due mesi dal voto, un consigliere di de Gaulle telefonò a Pierre Dac e gli chiese di ritirarsi. Per fedeltà al suo ex compagno della Resistenza, Dac annunciò il suo ritiro, dicendo che «se si candida Jean-Louis Tixier-Vignancour [ex membro del governo collaborazionista di Vichy e candidato per l’estrema destra], vuol dire che in giro c’è gente più matta di me».
[2] Fu a l’Abbé Pierre, quindi, che continuava ad essere un attivista instancabile contro le diseguaglianze, le discriminazioni e lo sfruttamento dei più poteri, tanto da essere tacciato di simpatie per l’estrema sinistra, che andò il sostegno di Coluche.
[3] Le sue prestazioni erano efficaci, ma l’attenzione dei produttori e dei registi non era ancora tale da farne un protagonista.
[4] Per Coluche la partecipazione alla realizzazione di quella pellicola costituiva un’impresa di non poco conto. Doveva misurare con l’insuperato beniamino del cinema comico francese, il mattatore assoluto Louis de Funès. Riuscire a non essere oscurati dalla vis comica di De Funés non era un affare semplice, ma non meno facile era evitare il rischio di una competizione infruttuosa. Coluche non soltanto riuscì ad essere all’altezza di quel vulcano della risata, cesellando con giusta misura il proprio personaggio, ma riuscì anche ad evitare l’innesco di rivalità e tensioni, piuttosto frequenti nei rapporti tra De Funès e i suoi partner cinematografici di maggior peso.
[5] Alcuni non scrissero niente. Tanto che apparvero solo delle brevi cronache del suo annuncio su Libération, Le Monde e Le Matin. Le Figaro non si soffermò sulla notizia fino al 18 novembre, dedicandovi appena qualche riga. Mentre il giornale comunista L’Humanite continuò ancora per qualche giorno ad ignorare la cosa.
[6] In quel periodo uscì Inspecteur La Bavure (di Claude Zidi) un suo film comico interpretato accanto a Gérard Depardieu, il cui successo confermò il suo seguito come attore.
[7] Veniva ad esempio ricordato che, da militare, «per colpa del suo carattere contestatario e refrattario alla disciplina, aveva rivolto gravi offese ai superiori e alcuni atti di insubordinazione gli erano costati 52 giorni di cella».
[8] Il sociologo Pierre Bourdieu definì quelle parole le più importanti per la Francia dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789
[9] Come ha raccontato Pierre Juquin, portavoce del partito dal 1979 all’84, il candidato comunista alle presidenziali, Georges Marchais, commissionò un sondaggio nella classe operaia. Il risultato fu choccante: gli operai gli preferivano Coluche. Marchais, che poi ottenne il 15,4% dei voti, decise di non confidare gli esiti di quella rivelazione nemmeno all’ufficio politico ristretto.
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