6/08/1985. Vengono uccisi da Cosa Nostra Ninì Cassarà e Roberto Antiochia
Quella dell’85 è un’estate caldissima in Sicilia. Non tanto per i gradi, quanto per i proiettili.
Gli omicidi di mafia sono storie che affondano le radici in un terreno di solida ragione e preciso calcolo: non sono casuali. Spesso, la ragione è quella della vendetta. Vendetta, ad esempio, per chi è stato torturato fino alla morte. Il quale è spirato per dar sfogo all’ ”isteria collettiva” di chi, pochi giorni prima, aveva visto assassinare un collega. Collega che aveva avuto, riavvolgendo di 72 ore, la pessima idea di arrestare otto uomini del Papa, Michele Greco. È la vendetta a farla da padrone. Andiamo però con ordine.
Giuseppe Montana è commissario della squadra mobile di Palermo; in particolare, è a capo della recente sezione catturandi: è suo compito cercare e trovare i latitanti. Antonino “Ninni” Cassarà è vicedirigente della stessa mobile, oltre che vicequestore aggiunto alla questura di Palermo. Roberto Antiochia è un agente della mobile da un paio d’anni. Dall’altro lato della barricata si sono: Michele Greco detto Il Papa, originario di Ciaculli (una frazione rurale di Palermo), che si alleò coi Corleonesi durante la seconda guerra di mafia; e Salvatore Marino, calciatore palermitano di venticinque anni, cresciuto in una famiglia di pescatori.
Questi i protagonisti, che fanno il loro ingresso sulla nostra scena il 25 luglio 1985: la catturandi riesce a mettere dietro le sbarre otto uomini. Il Papa ha ricevuto un duro colpo. Pur non distinguendosi tra i ‘colleghi’ per la ferocia1, non può lasciar correre. Tre giorni dopo, uno prima di andare in ferie, Montana viene freddato da una scarica di proiettili, che lascia però in vita la fidanzata, con la quale avevano appena terminato un giro in motoscafo. Con una testimonianza oculare, si risale, per mezzo della macchina d’appoggio all’agguato, a Marino: dopo il fermo nei confronti dei suoi famigliari, il primo agosto il giovane si presenta spontaneamente in caserma. Non ne uscirà sulle proprie gambe. Al termine di lunghi interrogatori, scanditi dall’accumularsi degli indizi a suo sfavore, il calciatore è portato in pronto soccorso, dove appare subito evidente l’inutilità di qualsiasi intervento.
Compare, a questo punto, un personaggio che non ha bisogno di presentazioni: Oscar Luigi Scalfaro, all’epoca Ministro dell’interno. Il cinque agosto, in seguito ai funerali Marino, fa saltare, con altri esponenti delle forze dell’ordine, il capo della mobile di Palermo, presso i cui uffici si è svolta la tragedia. Eccoci arrivati alla resa dei conti. Cassarà sta tornando a casa, scortato da Antiochia (che è già stato trasferito a Roma, ma, essendo in ferie, può continuare ad aiutare la squadra che ha servito negli ultimi due anni) e altri due uomini della mobile. Il ragazzo, appena ventitré anni, scende ad aprire la portiera al suo superiore. L’Alfa blindata non lo protegge più: i kalashnikov scaricano tutta la potenza da fucili d’assalto. A nulla serve il tentativo di Antiochia di proteggere Cassarà: la moglie lo vede morire davanti alla loro casa, proprio sotto i suoi occhi. La vendetta è compiuta.
Dopo la vendetta, arriverà, con i suoi tempi, la giustizia: Riina, Provenzano, Greco, Brusca e Madonia sono condannati all’ergastolo. Uno dei tanti di cui si potevano fregiare. Cassarà, Antiochia e Montana sono invece degni della Medaglia d’oro al valor civile.
Alessio Gaggero
1 Il soprannome gli fu attribuito per la capacità di mediatore messa in campo a favore delle famiglie. Non ultimo l’incontro tra John Gambino, venuto apposta dagli Stati Uniti, e Totò Riina.
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