Il 27 novembre 1978 viene ucciso Harvey Milk
Io non volevo essere un eroe, volevo solo essere felice.
(P. Paterlini, “Il mio amore non può farti male – Vita (e morte) di Harvey Milk”)
Il 27 novembre 1978, a San Francisco, il consigliere comunale Dan White, appena dimessosi in aperta polemica con una legge che estendeva la portata del riconoscimento dei pari diritti delle persone omosessuali, si introduce nell’edificio municipale attraverso una finestra aperta del seminterrato, con una pistola e 10 caricatori in tasca; cerca di convincere il sindaco George Moscone a riconfermarlo e, non riuscendoci, gli spara ripetutamente. Pochi minuti dopo, ferisce con tre colpi di pistola il collega consigliere Harvey Milk, finendolo con due colpi a bruciapelo alla testa. Quella sera stessa, dal quartiere di Castro parte un corteo spontaneo di oltre 30 mila persone a lume di candela in memoria dei due rappresentanti cittadini uccisi.
Harvey Milk è ad oggi ricordato come paladino dei diritti civili per le persone omosessuali e la comunità LGBT, ma sarebbe riduttivo incasellarlo in tale categoria perché, come è stato scritto, il suo principale insegnamento è in realtà la determinazione nel manifestare il proprio orgoglio di parlare, di partecipare, di esserci e, prima di tutto, di essere; in tal senso, nella sua vicenda di vita c’è la storia dei diritti civili in America e della città di San Francisco, la storia delle cose dette a caro prezzo, la lotta per vivere una “quotidianità impossibile, perché negata dai guardiani del desiderio”.
Nato a Woodmere (New York) nel 1930 in una famiglia ebraica di origini lituane, laureato in matematica, si arruola nella marina statunitense, da cui è congedato con onore, con un provvedimento che maschera però una delle molte “purghe” di omosessuali nelle forze armate.
Nel 1972 si trasferisce con il compagno a San Francisco, dove apre un negozio di macchine fotografiche nel quartiere Castro, dagli anni Sessanta punto di riferimento per la comunità gay e lesbica di tutto il paese. Qui Milk sente rinascere il bisogno di vivere apertamente la propria vita; nel 1973 si candida per la prima volta come consigliere comunale, convinto della necessità di dare visibilità alla comunità omosessuale, incontrando tuttavia non poche resistenze anche negli stessi ambienti LGBT. La città californiana, all’epoca, incarna un ideale di libertà e apertura nei confronti delle varie sfumature dell’essere umano, offrendo opportunità molto più favorevoli che altrove, ma Milk dovrà tentare per tre volte prima di raggiungere i voti che gli consentiranno di diventare il primo consigliere comunale dichiaratamente gay degli Stati Uniti.
Senza soldi, senza staff e senza particolare esperienza politica, il primo tentativo si rivela un insuccesso: ottiene solo 16.900 voti, la maggior parte provenienti da Castro e altri quartieri più liberali della città. Il suo impegno politico però non si ferma. Nello stesso anno fonda e presiede la Castro Village Association, che ha il compito di sostenere l’economia che ruota attorno alla comunità gay, appoggiando esercizi commerciali e favorendo l’assunzione di lavoratori omosessuali: l’America degli anni ‘70 è profondamente omofobica e, anche a San Francisco, i negozi gestiti da omosessuali sono boicottati e osteggiati dalla popolazione più conservatrice.
Nel 1974 Milk organizza la Fiera di Castro Street, per attirare più consumatori nel quartiere, guadagnandosi così l’appellativo di “Mayor of Castro Street” (sindaco di Castro); l’anno dopo si candida per la seconda volta come consigliere comunale e il suo negozio diventa il centro della campagna elettorale, conquistando il sostegno di tutti i negozianti del quartiere. Il liberale George Moscone viene eletto sindaco e riconosce l’impegno di Milk offrendogli un incarico, nonostante non sia riuscito a essere eletto.
Tra le prime innovazioni del nuovo sindaco vi è la nomina a capo della polizia di Charles Gain, il quale apre il dipartimento anche alle persone omosessuali. Secondo quanto pubblica il New York Times, a San Francisco, negli anni ‘70, risiedono tra i 100 mila e i 200 mila omosessuali, su un totale di 750 mila abitanti. Milk è il più noto esponente della comunità gay e per la terza volta si candida come consigliere, ma perde nuovamente per soli 4.000 voti.
In quegli stessi anni, un movimento cristiano fondamentalista, al grido di “Save our Children” (Salviamo i nostri figli), accusa gli omosessuali di essere un pericolo per la società, forte anche dell’appoggio da parte del senatore conservatore della California, John Briggs, in corsa per la nomina a governatore. Intanto a Castro aumentano le aggressioni e un ragazzo gay muore dopo essere stato accoltellato per il suo orientamento sessuale; alcune settimane dopo, 250.000 persone si radunano a San Francisco per il Gay Pride più numeroso mai organizzato fino ad allora.
Milk prova ancora a candidarsi alle elezioni comunali del 1977. Le sue posizioni diventano più radicali, non si accontenta soltanto del sostegno dei liberali, vuole che i gay siano rappresentati dai gay, per rivendicare eguali diritti e porre fine a secoli di persecuzione. Ma i temi della sua campagna elettorale riguardano anche sovvenzioni per l’assistenza sanitaria, trasporti pubblici gratuiti, la biblioteca civica, i centri diurni di supporto alle madri lavoratrici, la creazione di una commissione cittadina per supervisionare l’operato della polizia, la riconversione a usi civili di strutture militari dismesse, l’introduzione di benefici fiscali per attrarre investitori e recuperare industrie e attività commerciali.
Milk ottiene il sostegno del San Francisco Chronicle e riesce a vincere le elezioni con il 30% dei voti in più rispetto agli altri sei candidati, portando con sé un vento di cambiamento: tutti ora credono che tutto sia possibile. Attorno alla sua figura pubblica si aggregano altre comunità di sconfitti ed emarginati, per motivi etnici, di colore della pelle, di idee politiche, e Milk è consapevole di questo suo ruolo: “Non è la mia vittoria, è la vostra. Se un gay vince, significa che c’è la speranza che il sistema funzioni per tutte le minoranze. Se lottiamo, diamo a tutti una speranza.”.
Come prima cosa fa approvare dal sindaco Moscone una legge per rendere illegale ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale. Durante il Gay Pride del 1978, con quasi 350 mila persone, Milk tiene un famoso discorso, invitando i manifestanti a fare foto, filmare e dichiarare apertamente la propria omosessualità: “Non otterremo i nostri diritti restandocene tranquilli e chiusi in casa […] Stiamo uscendo allo scoperto per combattere le bugie, i miti, le distorsioni, per dire la verità riguardo ai gay, perché sono stanco della congiura del silenzio, e quindi inizierò a parlarne. E voglio che facciate altrettanto. Uscite allo scoperto.”.
L’eloquenza e la crescente notorietà di Milk sono inoltre decisive per bloccare la Proposition 6, supportata dal senatore Briggs, che avrebbe permesso il licenziamento degli insegnanti dichiaratamente gay, solo per il loro orientamento sessuale: dopo un dibattito pubblico in cui Milk si mostra nettamente più convincente, nel novembre 1978 la Proposition 6 viene rigettata dal voto dei californiani, in controtendenza rispetto ad analoghi tentativi di restrizione dei diritti civili, condotti con maggior successo in altre aree degli USA.
Solo pochi giorni dopo, Milk viene ucciso. L’assassino nega la premeditazione e ottiene una pena mite che gli riconosce la seminfermità mentale; secondo molti, la sentenza è motivata dall’omofobia e si scatenano le sommosse notturne note come “White Night Riots”, in cui più di 160 persone finiscono in ospedale. Dan White morirà suicida un anno dopo la scarcerazione.
Harvey Milk credeva fermamente che la politica dovesse rappresentare anche i singoli individui, non solo gli interessi economici, e che dovesse garantire pari opportunità a tutti i cittadini, fornendo al contempo i servizi necessari. Negli anni successivi alla sua morte, l’opinione pubblica statunitense ed europea ha fatto passi avanti, ma la lotta non è finita; la Harvey Milk Foundation, fondata dal nipote Stuart, a tutt’oggi è attiva per contribuire a realizzare la visione di Milk: uguaglianza e autenticità per chiunque, ovunque.
Silvia Boverini
Fonti:
http://milkfoundation.org; www.biografieonline.it; C. Geymonat, “Ucciso Harvey Milk, paladino dei diritti dei gay”, www.riforma.it; P. Paterlini, “Il mio amore non può farti male – Vita (e morte) di Harvey Milk”, Einaudi Ragazzi; www.it.wikipedia.org
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