Conflitti che generano altri conflitti
Capita che da un conflitto, per così dire, principale ne derivi un altro, secondario, relativo alle differenti opzioni circa i modi preferibili di affrontare il primo. Nell’esempio dello scontro tra il presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, e i vertici delle forze armate ai tempi della crisi missilistica cubana (sessant’anni fa), si sarebbe potuto dire che, in seno ai massimi livelli del governo USA, lo scontro fosse tra i sostenitori della necessità di lasciare aperta fino all’ultimo una possibilità di dialogo con i leader russi e i fautori di una linea di contrapposizione durissima contro l’Unione Sovietica. Entrambi argomentavano le loro posizioni fondandole sull’obiettivo di prevenire lo scatenarsi di una Terza Guerra Mondiale in grado di cancellare quasi ogni forma di vita dal pianeta. Entrambi consideravano l’altra opzione pericolosissima e giudicavano incoscienti e irresponsabili coloro che la sostenevano.
Analoghe dinamiche, pregne di diffidenza reciproca e di sospetto di tradimento, possono prodursi nei rapporti intercorrenti tra i membri di alcune o di tutte le fazioni che stanno confliggendo in ambito familiare o lavorativo, come in altri contesti relazionali. In tali circostanze, chi volesse tentare di gestire il conflitto principale, secondo noi, farebbe bene a non sottovalutare la rilevanza di quelli che ne sono derivati. Tanto più che questi ultimi, in parte, spesso vivono di vita propria e, in parte, possono, a loro volta, alimentare il conflitto che li ha generati e provocarne di ulteriori.