Durante la discussione (questo è il video), successiva agli interventi di Isabella Buzzi, Alberto Quattrocolo, Isabella Buzzi, nella presentazione del libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, grazie alle domande complesse e profonde dei partecipanti, ci si è soffermati sulle possibilità e sulle difficoltà di ascoltare le persone in conflitto. In particolare, si è ragionato del valore di farle sentire ascoltate come persone e non solo come parti in conflitto; ma, con estrema franchezza, si sono ammesse anche le difficoltà legate alla gestione dei propri sentimenti e delle propri stati emotivi stimolati da quelli delle persone ascoltate. Non sono mancati quindi esempi di situazioni critiche vissute dai relatori nello svolgimento dell’attività di mediazione: casi nei quali, cioè, si sono dovuto misurare con le proprie aspettative, esigenze, paure e sofferenze, sollecitate dalle vicende conflittuali ascoltate.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-discussione-presentazione-del-libro.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-03 13:36:022021-11-03 13:36:02Discussione su Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti
«La mediazione crea dunque le condizioni di possibilità di un confronto e in questo senso possiamo kantianamente definirla mediazione trascendentale».
Durante la presentazione del libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, che ha scritto con Alberto Quattrocolo, Maurizio D’Alessandro spiega, tra le altre cose, il significato di questa frase in cui propone il concetto di mediazione trascendentale che compare a pagina 147, cioè in chiusura del testo e dell’ultimo capitolo, il quarto, “La prassi dell’Ascolto e Mediazione. Una mediazione (quasi) senza obiettivi”.
Risalendo al concetto aristotelico di “prassi”, mutuato da Platone, soprattutto riguardo alla distinzione tra discorso vero e discorso falso, distinzione ripresa poi da Habermas e Gadamer, in ordine all’agire comunicativo (e la mediazione è un’azione comunicativa), D’Alessandro spiega che la mediazione, almeno nella versione proposta dal modello Ascolto e Mediazione, è
«un agire di tipo comunicativo, come lo definisce appunto Habermas, cioè un comunicare che non persegue un fine estrinseco, nel senso che non ha il fine di produrre qualche cosa di esterno, di altro, ma che ha il fine in sé stesso».
In altri termini, come illustrato poco prima,
«Se pensiamo alla mediazione come a una semplice tecnica – quindi una poiesis, un fare produttivo, cioè un modo di agire tale per cui noi possiamo ottenere un determinato obiettivo, un esito predeterminato -, il risultato potremmo anche ottenerlo, ma correremmo il rischio sofistico, più o meno voluto, di manipolare altre persone (i confliggenti) e di portarle non dove vogliono andare loro ma dove noi vogliamo farle andare. Quindi protagonisti della mediazione non sarebbero più le persone che stanno seguendo il percorso, ma sarebbe l’obiettivo che noi, mediatori, ci siamo proposti. Sussiste, pertanto, un grosso rischio manipolatorio rispetto all’intendere e al mettere in pratica la mediazione come se fosse una poiesis, utilizzando delle techne – con ciò non sto dicendo che le tecniche non vadano usate: infatti, le usiamo sempre e in continuazione, ma dal mio punto di vista, nel caso della mediazione, vanno tenute e considerate come semplici cassette degli attrezzi – perché significa contraddire l’autodeterminazione delle parti proprio nel processo mediativo. Il rispetto di quell’autodeterminazione da parte del mediatore presuppone che egli abbia la capacità non solo di sospendere il giudizio sui confliggenti e sul loro conflitto, ma anche di sospendere la propria volontà di intervenire all’interno della mediazione producendo un risultato a tutti i costi».
L’impostazione Ascolto e Mediazione, dunque, consente di suggerire l’dea che si tratti di una mediazione trascendentale.
«In Kant, infatti, “trascendentale” ha un valore particolare, che non richiama la trascendenza come ciò che è oltre il mondo, ma che riguarda “ogni conoscenza che si occupi in generale non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti, nella misura in cui questa deve essere possibile a priori”. Non mi voglio soffermare tanto sul concetto di “a priori” (perché lì si aprirebbero delle parentesi che non so neanche se sarei in grado di spiegare), ma sull’espressione “del nostro modo di conoscere”. Perché? Perché in fondo per quel che mi riguarda, tanto nei momenti formativi quanto nelle mediazioni, talvolta mi rendo conto che mediare, più che usare quella cassetta degli attrezzi di cui parlavo prima, vuol dire proprio, in primo luogo, entrare in contatto con sé stessi, con il proprio modo di essere, di relazionarsi all’altro, per tentare di entrare in quell’agire comunicativo di cui abbiamo parlato e per far sì che l’altro si senta davvero ascoltato e non strumentalizzato»
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-Relazione-Mauri-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-03 11:34:512021-11-03 17:36:55Il modello Ascolto e Mediazione come mediazione trascendentale
«estrarre dal concetto di mediazione un aspetto ad essa connaturato (l’ascolto): non per slegarlo, ma per esplicitarlo, rammentandone così la centralità. Ascolto e Mediazione, appunto, e non “soltanto” mediazione».
Del resto, ha spiegato Alberto Quattrocolo, abbiamo chiamato il nostro modello “Ascolto e Mediazione”
«per dare vigore, mentre si promuove o si propone l’intervento di mediazione, al principale messaggio che lo caratterizza rispetto agli approcci istituzionali intrinsecamente giudicanti. Un messaggio, che risponde al senso profondo e ai presupposti di base della mediazione penale, della mediazione familiare, ecc., quale che sia la scuola di pensiero e la metodologia adottate: la mediazione, infatti, in tutti i suoi eterogeni paradigmi, si fonda sul presupposto della a-valutatività, e quest’ultima non consiste soltanto nel non giudicare chi ha torto e chi ha ragione, ma significa ancor prima non giudicare negativamente i confliggenti per il fatto che sono in conflitto. (…) Non giudicare, però, significa ascoltare. In particolare ascoltare con il fine di ascoltare, non con il fine di fare cambiare idea, sentimento o comportamento delle persone ascoltate. Perché avere tale fine, presuppone una disapprovazione dei loro pensieri, dei loro sentimenti ed emozioni e della loro condotta».
Quest’ultima precisazione si collega strettamente ad alcuni aspetti del conflitto, rispetto al quale si ribadisce che
«se la funzione della mediazione è quella di gestire un conflitto, allora, occorre che tale strumento si adatti all’oggetto cui è destinato. Il che ci riporta ad un uso ragionato dell’empatia. Ora so bene che sostanzialmente tutte le scuole di pensiero e le relative metodologie nel campo della mediazione (da quella civile e commerciale a quella familiare, da quella penale a quella sociale o scolastica, ecc.) condividono l’idea che l’empatia sia una risorsa fondamentale, ma… Se per il mediatore non è troppo difficile sentire, definire, valorizzare e comunicare, cioè rispecchiare, stati d’animo e sentimenti che sono in linea con delle possibilità di futuro riconoscimento reciproco tra le parti, di un prossimo ripristino del dialogo oppure, addirittura, di una non lontana immedesimazione vicendevole, la situazione si complica quando, invece, il mediatore si trova davanti i contrasti e i tormenti della contrapposizione, dell’ostilità, del risentimento e della sfiducia: in tali situazioni, cioè, può essere complicato sentire i vissuti e le ragioni della parte che resta pervicacemente avversa ad ogni prospettiva di de-escalation. Tuttavia, il mediatore non soltanto dovrebbe sospendere il giudizio sui torti e sulle ragioni di ciascun confliggente, ma anche (almeno finché non si superi o non sia già stato superato il limite della violenza) quello sull’esistenza di quel conflitto. In altri termini, come già sostenuto, il mediatore non dovrebbe far sentire giudicate male le parti per il fatto che sono in conflitto e per il fatto che dal conflitto non vogliono uscire (o non ci riescono). Il mediatore dovrebbe, quindi, accogliere e riconoscere anche i sentimenti delle parti che paiono chiudere le porte a delle possibilità di conciliazione. Il non farlo, infatti, significherebbe prestare a quelle persone un’attenzione selettiva, guidata soltanto dai propri obiettivi o desideri. E potrebbe creare una relazione ambigua tra il mediatore e le parti: una relazione, cioè, nella quale, queste ravvisano o sospettano che il mediatore abbia un atteggiamento di superiorità (morale, intellettuale o psicologica). Il ché sarebbe quanto mai deleterio e vanificherebbe lo sforzo sotteso ad ogni attività di ascolto: far sentire la persona ascoltata e riconosciuta.
Sarebbe davvero un guaio se il mediatore che, in quanto tale, interviene in una situazione relazionale la quale, in quanto conflittuale, si caratterizza dolorosamente per il mancato riconoscimento reciproco tra gli attori, generasse a sua volta un vissuto di mancato riconoscimento.
Qual è il compito del mediatore, dunque, rispetto ad una dinamica relazionale contrassegnata da bisogni di riconoscimento frustrati? Nell’approccio dell’Associazione Me.Dia.Re., il mediatore ha la funzione di riempire i vuoti, anche e soprattutto i vuoti di riconoscimento. E questo compito lo porta avanti direttamente, non lo delega a terzi, cioè non lo delega alle parti».
Qui è possibile vedere il video dell’intervento di Alberto Quattrocolo.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-Relazione-Alberto-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-02 19:22:492021-11-03 13:39:45Il modello “Ascolto e Mediazione”
«… il libro è interessantissimo, perché per la prima volta viene illustrato in modo semplice ma non banale uno dei modelli [di mediazione] presenti in Italia, ma che non è riducibile al modello Morineau (…) rispetto al quale ci sono modalità più delicate, rispettose e sottili (…) Parla di un metodo, questo libro, ma parla anche di un modo di essere in relazione: ascoltare. Che è una delle cose più difficili, anche se abbiamo due orecchie e una bocca sola. È difficile se si fa una professione d’aiuto, perché l’ascolto ci coinvolge spesso attraverso i nostri filtri cognitivi, ad esempio di tipo socio-culturale, che ci inducono ad interpretare ciò che ci viene detto secondo i nostri schemi; oppure possono esserci degli elementi di disturbo di tipo ambientale; ancora è possibile che ci siano dei filtri personali, come quando il mediatore familiare sta soffrendo per via di una separazione personale che ha in corso (…) Siamo tutti fatti di carne e di sangue. Le persone che ascoltiamo sono l’occasione per farci contaminare dal loro mondo. Ma può essere importante indossare una mascherina per riuscire ad ascoltare e accogliere. Ecco, con il loro libro, Alberto Quattrocolo e Maurizio D’Alessandro sono riusciti a fornirci la mascherina. Si tratta, quindi, di una mediazione particolare, rispetto alla quale propone di utilizzare questa mascherina. Sicché non è la mediazione negoziale e neppure di quella strutturata, anche se può essere applicata alla famiglia interessata dalla separazione»
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-Relazione-Buzzi-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-02 18:39:452021-11-03 13:56:52Isabella Buzzi: «siamo tutti fatti di carne e di sangue»
“CITTADINANZA ALLE EMOZIONI”: LA MEDIAZIONE DEI CONFLITTI (E LA GIUSTIZIA RIPARATIVA) E I SUOI AMBITI
Il 12 novembre, su piattaforma Zoom, dalle 17,30 alle 19,30, si svolgerà la Tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni” dedicata ad alcuni degli ambiti cui si applica la Mediazione dei Conflitti (intesa anche come strumento di Giustizia Riparativa).
Programma
Introduzione (Alberto Quattrocolo)
La Mediazione Penale (Maria Alice Trombara)
Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito Sanitario (A. Quattrocolo)
La Mediazione Scolastica (Maria Rosaria Sasso)
La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale (Giovanni Grauso)
La partecipazione all’incontro è gratuita.
Per iscrizioni e informazioni: info@me-dia-re.it
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/10/Aggiungi-unintestazione-10.png6501350Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-10-25 14:27:302021-10-26 21:50:15Cittadinanza alle emozioni: Tavola Rotonda del 12 novembre 2021
Nella sua tesi per il Corso di Mediazione Familiare (Edizione XIV del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2019, dell’Associazione Me.Dia.Re) Manuela Ciavarella analizza l’evolversi e il vissuto delle coppie, riflettendo sugli eventi che accadono e sulle conseguenze che tali eventi hanno su di esse: conseguenze, di cui spesso non sono pienamente consapevoli, come non sempre sono consapevoli «di entrare in dinamiche conflittuali aspre e complesse, in cui inevitabilmente portano dentro tutto il sistema familiare, soprattutto i figli»
Riguardo a questi ultimi, come anticipa Manuela Ciavarella nella sua introduzione «verranno riportate diverse interviste di adolescenti e giovani adulti che hanno vissuto la separazione dei loro genitori; e nei diversi racconti emergerà come questa abbia influito notevolmente sulle loro vite».
Nelle conclusioni Manuela Ciavarella spiega l’utilità di avvalersi della risorsa costituita dalla mediazione familiare:
«Servirsi della mediazione potrebbe essere per le famiglie un valido aiuto non solo per trovare un punto di cooperazione e risanare forme di dialogo perse con l’altro partner, ma potrebbe essere l’opportunità per ascoltarsi e sentirsi legittimati ad esprimere la propria emotività senza censure o divieti, senza vergogna, senza l’obbligo di rimanere solo su piano organizzativo, come tendenzialmente accade in una consulenza legale. É importante per i partner coinvolti nel conflitto poter esprimere liberamente i loro vissuti, sentirsi accolti e meno soli in questo periodo delicato della loro vita. Questo inevitabilmente ha dei risvolti positivi anche nella gestione della genitorialità».
Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare di Manuela Ciavarella.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/10/Tesi-di-Manu-Ciavarella.png12401748Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-10-15 19:47:452021-10-15 19:47:45Tesi di Manuela Ciavarella: La mediazione familiare come strumento di accompagnamento per i genitori in fase di separazione
Il volume, fondato sulla ventennale esperienza di servizi di mediazione (familiare, penale, in ambito sanitario, organizzativo-lavorativo e scolastico) e di ideazione e realizzazione di corsi e progetti formativi all’interno dell’Associazione Me.Dia.Re., propone un modello definito “Ascolto e Mediazione“, fondato su una premessa teorica ma di forte rilievo pragmatico: se la funzione della mediazione è gestire i conflitti, allora occorre che tale strumento si adatti all’oggetto cui è destinato, per evitare che il percorso mediativo sia vissuto dalle parti come una sorta di conflitto al loro conflitto e, quindi, a loro stesse.
Il modello “Ascolto e Mediazione” persegue, in primo luogo, l’obiettivo di offrire ai confliggenti ciò che il conflitto tipicamente toglie, l’ascolto: l’ascolto da parte dell’altro, l’ascolto dell’altro e l’ascolto di sé stessi. Ma tale reintegrazione, che si realizza attraverso un esercizio consapevole e calibrato dell’empatia, si basa su premesse teoriche (anche fortemente filosofiche) e relazionali che tentano di tenere insieme due istanze pragmatiche: da un parte, una profonda osservanza dell’a-valutatività del mediatore; dall’altra, il tentativo di non lasciare lontane dalla mediazione le persone che la vivono come un disconoscimento della loro reazione all’ingiustizia altrui; o come un invito “indecente” a collaborare col nemico; oppure, ancora, come una richiesta di rinnegare i propri valori o di rinunciare a tutelare i diritti, gli interessi o gli affetti più importanti.
INDICE
Prefazione (Isabella Buzzi)
Modelli di mediazione (Mille mediazioni; Modelli di mediazione impostati sul passaggio dalla contrapposizione alla collaborazione; Modelli di mediazione intesi a produrre dei cambiamenti profondi)
Il conflitto (L’innesco del conflitto; L’escalation del conflitto)
Ascolto e Mediazione (La mediazione e le emozioni; Perché Ascolto e Mediazione e non solo Mediazione: il nesso tra il conflitto e l’ascolto; Le ombre prima delle luci: limiti e rischi dell’empatia; Il percorso di mediazione; Funzioni e difficoltà dell’ascolto nel percorso mediativo; Dagli incontri di mediazione ai colloqui post-mediazione: l’esempio di una mediazione di un conflitto tra coniugi; L’Ascolto e Mediazione non solo come modo alternativo di gestione del conflitto; Guardarsi dentro fa male, ma qualche volta è utile; Il codice etico)
La prassi dell’Ascolto e Mediazione. Una mediazione (quasi) senza obiettivi (Presupposti filosofici del modello Ascolto e Mediazione: la mediazione come prassi; La prassi della “mediazione del conflitto” e la mediazione trascendentale)
Bibliografia.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/10/Progetto-senza-titolo-8-2.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-10-15 13:55:472021-10-15 14:47:40Abbiamo pubblicato “Ascolto e Mediazione dei Conflitti”
La tesi di Valeria Zanapa per il Corso di Mediazione Familiare (Edizione XIV del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2019, dell’Associazione Me.Dia.Re) affronta un tema complesso e scomodo ma doveroso, quello della violenza.
In particolare, in questa tesi non si limita a spiegare come deve comportarsi il mediatore familiare nei casi in cui, invece di trovarsi a gestire un conflitto, abbia a che fare con una situazione di violenza, ma ancor prima propone delle utilissime indicazioni sul come riconoscere tale situazioni e, quindi, su come prevenire il rischio di svolgere una mediazione familiare senza accorgersi della natura violenta della relazione.
Scrive, infatti, Valeria Zanapa che, il mediatore familiare deve astenersi dal «mediare situazioni nelle quali siano presenti abusi o violenze a causa dell’elevato livello di rischio per la vittima». E aggiunge:
«Il rischio di incontrare coppie con situazioni di violenza è più elevato quando è il giudice ad invitare le parti in mediazione. In questi casi il mediatore deve valutare attentamente se sussistono le condizioni di mediabilità, poiché appare prassi comune, da parte dei giudici, scambiare ciò che è ‘violenza’ con ‘conflitto’. Operare questa distinzione tra ‘conflitto’ e ‘violenza’ è dunque imprescindibile poiché il mediatore non deve in alcun modo rendersi complice di chi commette violenze e abusi e si prefigge l’obiettivo di strumentalizzare la mediazione, al fine di continuare ad esercitare potere e controllo sull’ex coniuge/partner».
Del resto, come spiega in un altro passaggio, poiché il mediatore deve applicare la Convenzione di Istanbul (che, appunto, vieta la mediazione familiare nei casi di violenza), occorre che abbia più di un’idea generica su quali sono le dinamiche di potere e di controllo che possono instaurarsi all’interno di una relazione e, soprattutto, è necessario che sappia individuarle nella concreta realtà.
Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare Valeria Zanapa.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/10/Tesi-di-Valeria-Zanapa.png12401748Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-10-08 16:00:352021-10-08 16:00:35Tesi di Valeria Zanapa: Mediazione familiare, conflitto e violenza. Quando è opportuno mediare
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.png00Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-09-27 21:37:582021-09-27 22:27:23IN-MEDIAS: sviluppo di un Curriculum Europeo Integrato sulla Mediazione 2020-2023
La tesi di Federica Fasano per il Corso di Mediazione Familiare (Edizione XIV del Corso in Mediazione Familiare Novembre 2019, dell’Associazione Me.Dia.Re) è un viaggio in quella parte del conflitto troppo spesso sottovalutata, trascurata o elusa: la parte emotiva.
Scrive, infatti, Federica Fasano nella sua introduzione:
«Le emozioni nel conflitto sono spesso sottovalutate nonostante giochino un ruolo tutt’altro che secondario: sono determinanti tanto nell’attivare come nel superare i conflitti».
Tralasciare il riconoscimento della condizione emotiva dei protagonisti del conflitto, quindi, si suggerisce in qualche modo nella tesi, significa non soltanto compromettere l’efficacia dell’intervento di mediazione, ma ancor di più permettere alla dinamica conflittuale di progredire e, in tal modo, di aumentare la sua dannosità multidimensionale.
A questo proposito, Federica Fasano puntualizza che non rilevare la valenza determinante dei risvolti emotivi significa non rendersi conto di «come il conflitto comprometta il senso di identità delle persone, arrecando profonda sofferenza, ed inneschi sentimenti di avversione tra i partecipanti del conflitto». E aggiunge: «all’interno di questa cornice viene meno quella che viene definita intelligenza emotiva, ovvero la possibilità di riconoscere le proprie e le altrui emozioni, provocando il sequestro emozionale» (per un approfondimento sul sequestro emozionale provocato dal conflitto e sulle sue ricadute sull’intelligenza emotiva si rinvia a Il “sequestro emozionale” del conflitto e l’ “intelligenza emotiva” della mediazione).
In conclusione si deve precisare che le riflessioni di Federica Fasano sono tutt’altro che astratte. Non a caso scrive nell’introduzione che il suo comprendere che la mediazione non è semplicemente «uno strumento per giungere ad un accordo e riportare pace tra gli attori di conflitto», è derivato dall’esperienza pratica della formazione in aula (la cui metodologia è fortemente interattiva) e del tirocinio:
«Ho potuto, infatti, fare esperienza e conoscere tutte quelle emozioni che attraversano, scaturiscono e sono scaturite dal conflitto e comprendere come la pratica di mediazione sia una possibilità importante per permettere alle persone di dare voce alle proprie emozioni».
Può cliccare qui chi è interessato a leggere la tesi di Mediazione Familiare Federica Fasano.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/09/Tesi-di-Federica-Fasano.png12401748Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-09-21 18:46:092021-09-21 21:39:07Tesi di Federica Fasano: La mediazione familiare: uno spazio per restituire voce alle emozioni
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