La Giustizia Riparativa e, in particolare, la Mediazione Penale in particolare possono risentire dell’influenza culturale del cristianesimo, ad esempio su registri come quello dell’espiazione o quello del perdono,
In questo video è possibile seguire le riflessioni che sono state svolte, anche da Martina Vallesi, grazie a quella domanda, posta dopo alcune osservazioni svolte dai relatori e dai partecipanti sulle relazioni appena esposta.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-dibattito-tav-rot-12.11.2021.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-24 18:59:252021-11-24 19:03:03L’influenza della cultura cristiana nella mediazione penale
Mentre in questo post è pubblicato il video del terzo intervento di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica”. In questo post è pubblicato il video del secondo intervento, di Alberto Quattrocolo, su “Ascolto e Mediazione in ambito sanitario“. Il video del primo intervento, quello di Maria Alice Trombara, sulla Mediazione Penale, è contenuto in questo post. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-relaz-Grauso-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-15 22:47:222021-11-19 16:52:58Giovanni Grauso: La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale – Tavola rotonda Cittadinanza alle emozioni
«Purtroppo nella scuola, che è la prima agenzia di socializzazione, si parla troppo poco di emozioni, ma a queste e ai conflitti che lì sorgono (quelli tra studenti, quelli tra questi e gli insegnanti, quelli tra le famiglie e i docenti…) può dar voce, e la dà, la Mediazione Scolastica»
Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Maria Rosaria Sasso.
«Perché mediare i conflitti tra medici, o infermieri, ecc., e pazienti (e loro famigliari)? Perché ci sono.
La risposta più semplice e superficiale è: perché ci sono.
Se ci si chiede da quando ci sono, la risposta si fa più complessa: in un certo senso, ci sono da sempre.
In generale, uno dei principali meccanismi relazionali d’innesco del conflitto, tra individui e tra gruppi (più o meno organizzati) è il vissuto di mancato riconoscimento sperimentato da almeno uno dei protagonisti della relazione (…) Quando il paziente sente di non essere riconosciuto come persona, sperimenta la negazione di un suo bisogno fondamentale; ma anche quando un medico incontra atteggiamenti non collaborativi od oppositivi del paziente, oppure quando viene trattato con sufficienza, o peggio quando è sospettato di negligenza, imperizia o imprudenza, sente negato, tra gli altri, anche il suo bisogno di essere riconosciuto nel suo ruolo e nella sua identità professionale, e sente ignorata la normale esigenza di essere rispettato in quanto essere umano che ricopre quel ruolo. Non scordiamo, tra parentesi, che accusare qualcuno di aver agito con imprudenza, imperizia o negligenza, significa mettere in dubbio la sua moralità personale.
Per gestire il conflitto tra professionisti della salute e pazienti, occorre entrare dentro la carne viva del conflitto. Cioè, occorre ascoltare sentimenti ed emozioni, pensieri e posizioni dei pazienti e dei professionisti in conflitto».
Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Alberto Quattrocolo su Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito sanitario.
Mentre in questo post è pubblicato il video del primo intervento nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni”, di Maria Alice Trombara, sulla Mediazione Penale. Qui, si trova il terzo intervento, di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica” e in quest’altro post abbiamo pubblicato il quarto intervento, di Giovanni Grauso, su “La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale“. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-relaz-Quattrocolo.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-15 18:45:392021-11-15 22:55:20A. Quattrocolo: Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito sanitario – Tavola Rotonda Cittadinanza alle emozioni
Maria Alice Trombara, nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La mediazione dei suoi conflitti e i suoi ambiti”, organizzata dall’Associazione Me.Dia.Re. il 12 novembre, ha spiegato premesse, caratteristiche, approcci, obiettivi della Mediazione Penale, come strumento di Giustizia Riparativa. In tale prospettiva, Maria Alice Trombara svolge un fondamentale excursus storico dei passaggi dei diversi paradigmi di giustizia, da quella Retributiva a quella Riabilitativa, per giungere, infine, a quella Riparativa, soffermandosi anche sulle esperienze europee ed italiane di mediazione penale e sul modello Umanistico di quest’ultimo, i suoi significati, le sue fonti d’ispirazione e le sue peculiarità.
Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Maria Alice Trombara.
Mentre in questo post è pubblicato il video del secondo intervento nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni”, quello di Alberto Quattrocolo, sulla mediazione dei conflitti tra medico e paziente (“Ascolto e Mediazione in ambito sanitario“). Qui, si trova il terzo intervento, di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica” e in quest’altro post abbiamo pubblicato il quarto intervento, di Giovanni Grauso, su “La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale“. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-relaz-Trombara.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-15 16:35:572021-11-15 22:52:57M. A. Trombara: La mediazione penale – Tavola Rotonda Cittadinanza alle emozioni
Il 19 novembre, in diretta Zoom, sulla pagina Facebook di Me.Dia.Re., dalle 17,30 alle 19,30, si svolgerà la Tavola rotonda “Ricostruire legami”, in cui si parlerà della Mediazione dei Conflitti come risorsa per la riparazione o la ricostruzione dei legami (sociali).
Programma
Introduzione (Alberto Quattrocolo)
Funzioni della giustizia riparativa all’interno della comunità (Martina Vallesi)
Comunità e istituzioni: accogliere il disordine e gestire il disagio (Maurizio D’Alessandro)
Gli strumenti della Giustizia Riparativa all’interno della comunità (Maria Alice Trombara)
Micro e macro conflitti all’interno del tessuto sociale. Impatto emotivo sugli autori, vittime e comunità (Antonella Baiocchi)
Durante la discussione (questo è il video), successiva agli interventi di Isabella Buzzi, Alberto Quattrocolo, Isabella Buzzi, nella presentazione del libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, grazie alle domande complesse e profonde dei partecipanti, ci si è soffermati sulle possibilità e sulle difficoltà di ascoltare le persone in conflitto. In particolare, si è ragionato del valore di farle sentire ascoltate come persone e non solo come parti in conflitto; ma, con estrema franchezza, si sono ammesse anche le difficoltà legate alla gestione dei propri sentimenti e delle propri stati emotivi stimolati da quelli delle persone ascoltate. Non sono mancati quindi esempi di situazioni critiche vissute dai relatori nello svolgimento dell’attività di mediazione: casi nei quali, cioè, si sono dovuto misurare con le proprie aspettative, esigenze, paure e sofferenze, sollecitate dalle vicende conflittuali ascoltate.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-discussione-presentazione-del-libro.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-03 13:36:022021-11-03 13:36:02Discussione su Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti
«La mediazione crea dunque le condizioni di possibilità di un confronto e in questo senso possiamo kantianamente definirla mediazione trascendentale».
Durante la presentazione del libro “Ascolto e Mediazione. Un approccio pragmatico alla gestione dei conflitti”, che ha scritto con Alberto Quattrocolo, Maurizio D’Alessandro spiega, tra le altre cose, il significato di questa frase in cui propone il concetto di mediazione trascendentale che compare a pagina 147, cioè in chiusura del testo e dell’ultimo capitolo, il quarto, “La prassi dell’Ascolto e Mediazione. Una mediazione (quasi) senza obiettivi”.
Risalendo al concetto aristotelico di “prassi”, mutuato da Platone, soprattutto riguardo alla distinzione tra discorso vero e discorso falso, distinzione ripresa poi da Habermas e Gadamer, in ordine all’agire comunicativo (e la mediazione è un’azione comunicativa), D’Alessandro spiega che la mediazione, almeno nella versione proposta dal modello Ascolto e Mediazione, è
«un agire di tipo comunicativo, come lo definisce appunto Habermas, cioè un comunicare che non persegue un fine estrinseco, nel senso che non ha il fine di produrre qualche cosa di esterno, di altro, ma che ha il fine in sé stesso».
In altri termini, come illustrato poco prima,
«Se pensiamo alla mediazione come a una semplice tecnica – quindi una poiesis, un fare produttivo, cioè un modo di agire tale per cui noi possiamo ottenere un determinato obiettivo, un esito predeterminato -, il risultato potremmo anche ottenerlo, ma correremmo il rischio sofistico, più o meno voluto, di manipolare altre persone (i confliggenti) e di portarle non dove vogliono andare loro ma dove noi vogliamo farle andare. Quindi protagonisti della mediazione non sarebbero più le persone che stanno seguendo il percorso, ma sarebbe l’obiettivo che noi, mediatori, ci siamo proposti. Sussiste, pertanto, un grosso rischio manipolatorio rispetto all’intendere e al mettere in pratica la mediazione come se fosse una poiesis, utilizzando delle techne – con ciò non sto dicendo che le tecniche non vadano usate: infatti, le usiamo sempre e in continuazione, ma dal mio punto di vista, nel caso della mediazione, vanno tenute e considerate come semplici cassette degli attrezzi – perché significa contraddire l’autodeterminazione delle parti proprio nel processo mediativo. Il rispetto di quell’autodeterminazione da parte del mediatore presuppone che egli abbia la capacità non solo di sospendere il giudizio sui confliggenti e sul loro conflitto, ma anche di sospendere la propria volontà di intervenire all’interno della mediazione producendo un risultato a tutti i costi».
L’impostazione Ascolto e Mediazione, dunque, consente di suggerire l’dea che si tratti di una mediazione trascendentale.
«In Kant, infatti, “trascendentale” ha un valore particolare, che non richiama la trascendenza come ciò che è oltre il mondo, ma che riguarda “ogni conoscenza che si occupi in generale non tanto di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti, nella misura in cui questa deve essere possibile a priori”. Non mi voglio soffermare tanto sul concetto di “a priori” (perché lì si aprirebbero delle parentesi che non so neanche se sarei in grado di spiegare), ma sull’espressione “del nostro modo di conoscere”. Perché? Perché in fondo per quel che mi riguarda, tanto nei momenti formativi quanto nelle mediazioni, talvolta mi rendo conto che mediare, più che usare quella cassetta degli attrezzi di cui parlavo prima, vuol dire proprio, in primo luogo, entrare in contatto con sé stessi, con il proprio modo di essere, di relazionarsi all’altro, per tentare di entrare in quell’agire comunicativo di cui abbiamo parlato e per far sì che l’altro si senta davvero ascoltato e non strumentalizzato»
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-Relazione-Mauri-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-03 11:34:512021-11-03 17:36:55Il modello Ascolto e Mediazione come mediazione trascendentale
«estrarre dal concetto di mediazione un aspetto ad essa connaturato (l’ascolto): non per slegarlo, ma per esplicitarlo, rammentandone così la centralità. Ascolto e Mediazione, appunto, e non “soltanto” mediazione».
Del resto, ha spiegato Alberto Quattrocolo, abbiamo chiamato il nostro modello “Ascolto e Mediazione”
«per dare vigore, mentre si promuove o si propone l’intervento di mediazione, al principale messaggio che lo caratterizza rispetto agli approcci istituzionali intrinsecamente giudicanti. Un messaggio, che risponde al senso profondo e ai presupposti di base della mediazione penale, della mediazione familiare, ecc., quale che sia la scuola di pensiero e la metodologia adottate: la mediazione, infatti, in tutti i suoi eterogeni paradigmi, si fonda sul presupposto della a-valutatività, e quest’ultima non consiste soltanto nel non giudicare chi ha torto e chi ha ragione, ma significa ancor prima non giudicare negativamente i confliggenti per il fatto che sono in conflitto. (…) Non giudicare, però, significa ascoltare. In particolare ascoltare con il fine di ascoltare, non con il fine di fare cambiare idea, sentimento o comportamento delle persone ascoltate. Perché avere tale fine, presuppone una disapprovazione dei loro pensieri, dei loro sentimenti ed emozioni e della loro condotta».
Quest’ultima precisazione si collega strettamente ad alcuni aspetti del conflitto, rispetto al quale si ribadisce che
«se la funzione della mediazione è quella di gestire un conflitto, allora, occorre che tale strumento si adatti all’oggetto cui è destinato. Il che ci riporta ad un uso ragionato dell’empatia. Ora so bene che sostanzialmente tutte le scuole di pensiero e le relative metodologie nel campo della mediazione (da quella civile e commerciale a quella familiare, da quella penale a quella sociale o scolastica, ecc.) condividono l’idea che l’empatia sia una risorsa fondamentale, ma… Se per il mediatore non è troppo difficile sentire, definire, valorizzare e comunicare, cioè rispecchiare, stati d’animo e sentimenti che sono in linea con delle possibilità di futuro riconoscimento reciproco tra le parti, di un prossimo ripristino del dialogo oppure, addirittura, di una non lontana immedesimazione vicendevole, la situazione si complica quando, invece, il mediatore si trova davanti i contrasti e i tormenti della contrapposizione, dell’ostilità, del risentimento e della sfiducia: in tali situazioni, cioè, può essere complicato sentire i vissuti e le ragioni della parte che resta pervicacemente avversa ad ogni prospettiva di de-escalation. Tuttavia, il mediatore non soltanto dovrebbe sospendere il giudizio sui torti e sulle ragioni di ciascun confliggente, ma anche (almeno finché non si superi o non sia già stato superato il limite della violenza) quello sull’esistenza di quel conflitto. In altri termini, come già sostenuto, il mediatore non dovrebbe far sentire giudicate male le parti per il fatto che sono in conflitto e per il fatto che dal conflitto non vogliono uscire (o non ci riescono). Il mediatore dovrebbe, quindi, accogliere e riconoscere anche i sentimenti delle parti che paiono chiudere le porte a delle possibilità di conciliazione. Il non farlo, infatti, significherebbe prestare a quelle persone un’attenzione selettiva, guidata soltanto dai propri obiettivi o desideri. E potrebbe creare una relazione ambigua tra il mediatore e le parti: una relazione, cioè, nella quale, queste ravvisano o sospettano che il mediatore abbia un atteggiamento di superiorità (morale, intellettuale o psicologica). Il ché sarebbe quanto mai deleterio e vanificherebbe lo sforzo sotteso ad ogni attività di ascolto: far sentire la persona ascoltata e riconosciuta.
Sarebbe davvero un guaio se il mediatore che, in quanto tale, interviene in una situazione relazionale la quale, in quanto conflittuale, si caratterizza dolorosamente per il mancato riconoscimento reciproco tra gli attori, generasse a sua volta un vissuto di mancato riconoscimento.
Qual è il compito del mediatore, dunque, rispetto ad una dinamica relazionale contrassegnata da bisogni di riconoscimento frustrati? Nell’approccio dell’Associazione Me.Dia.Re., il mediatore ha la funzione di riempire i vuoti, anche e soprattutto i vuoti di riconoscimento. E questo compito lo porta avanti direttamente, non lo delega a terzi, cioè non lo delega alle parti».
Qui è possibile vedere il video dell’intervento di Alberto Quattrocolo.
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-Relazione-Alberto-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-02 19:22:492021-11-03 13:39:45Il modello “Ascolto e Mediazione”
«… il libro è interessantissimo, perché per la prima volta viene illustrato in modo semplice ma non banale uno dei modelli [di mediazione] presenti in Italia, ma che non è riducibile al modello Morineau (…) rispetto al quale ci sono modalità più delicate, rispettose e sottili (…) Parla di un metodo, questo libro, ma parla anche di un modo di essere in relazione: ascoltare. Che è una delle cose più difficili, anche se abbiamo due orecchie e una bocca sola. È difficile se si fa una professione d’aiuto, perché l’ascolto ci coinvolge spesso attraverso i nostri filtri cognitivi, ad esempio di tipo socio-culturale, che ci inducono ad interpretare ciò che ci viene detto secondo i nostri schemi; oppure possono esserci degli elementi di disturbo di tipo ambientale; ancora è possibile che ci siano dei filtri personali, come quando il mediatore familiare sta soffrendo per via di una separazione personale che ha in corso (…) Siamo tutti fatti di carne e di sangue. Le persone che ascoltiamo sono l’occasione per farci contaminare dal loro mondo. Ma può essere importante indossare una mascherina per riuscire ad ascoltare e accogliere. Ecco, con il loro libro, Alberto Quattrocolo e Maurizio D’Alessandro sono riusciti a fornirci la mascherina. Si tratta, quindi, di una mediazione particolare, rispetto alla quale propone di utilizzare questa mascherina. Sicché non è la mediazione negoziale e neppure di quella strutturata, anche se può essere applicata alla famiglia interessata dalla separazione»
https://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2021/11/Foto-post-Relazione-Buzzi-1.png209400Staff Me.Dia.Rehttps://www.me-dia-re.it/wp-content/uploads/2023/08/LOGO_MEDIARE_2023_ORIZZONTALE.pngStaff Me.Dia.Re2021-11-02 18:39:452021-11-03 13:56:52Isabella Buzzi: «siamo tutti fatti di carne e di sangue»
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.OkNo