A. Baiocchi: Micro e macro conflitto nel tessuto sociale – Tavola rotonda Ricostruire legami

Quali conseguenze hanno i conflitti grandi e piccoli che attraversano la  nostra vita quotidiana? Come ricadono gli effetti di un reato sui singoli protagonisti – autori e vittime – e sulla comunità? Qual è il loro impatto? Quali sono gli strumenti per accogliere e contenere tale impatto?

Su questi aspetti si è soffermata Antonella Baiocchi nella riflessione che ha svolto nella Tavola Rotonda “Ricostruire legami” .

Qui è visibile il video del suo intervento, il quarto e ultimo della Tavola Rotonda

Il primo intervento, di Martina Vallesi, è visibile qui; il secondo, di Maurizio D’Alessandro, si trova qui; il terzo, svolto da Maria Alice Trombara (immediatamente precedente a quello di Antonella Baiocchi) è pubblicato in questo post.

 

M.A. Trombara: Gli strumenti di Giustizia Riparativa all’interno della comunità – Tavola rotonda “Ricostruire legami”

Nella Tavola Rotonda “Ricostruire legami”, in primo luogo, Maria Alice Trombara ha ricordato come si è trasformato il ruolo della comunità rispetto al reato verificatosi al proprio interno.

«Il ruolo che la comunità aveva nel passato in relazione alle situazioni di devianza dei suoi membri era assai ampio: poiché le società antiche sapevano bene come la vendetta e la faida potessero disgregare il tessuto sociale attraverso guerre e ritorsioni tra i clan in conflitto, per le dispute derivanti da quelli che oggi chiameremmo reati, la gestione erano svolta da assemblee di cittadini autorevoli, i quali cercavano in primo luogo di ricomporre la frattura sociale.

Quest’amministrazione della giustizia rimase possibile fino all’affermarsi delle prime monarchie militari, allorché il potere legislativo si concentrò in mano ad un unico sovrano. La comunità in tal modo perse il controllo della “questione penale”».

Spiega, quindi, Maria Alice Trombara che da quel momento si ebbe l’affermazione di due modelli di Giustizia,

«che hanno caratterizzato il controllo sociale attraverso la pena, cioè i modelli Retributivo e Rieducativo/ Riabilitativo, nei quali non solo la concezione di parte offesa (la vittima) ha un ruolo estremamente marginale, ma anche la società – che a sua volta è vittima in quanto turbata dall’allarme sociale che ne deriva – non trova parte alcuna in nessuna politica di prevenzione o risoluzione del fatto.

Nel modello Retributivo la società come d’altronde la vittima avevano come unico compito quello di potere assistere alla condanna per essere testimoni della sua effettiva irrogazione da parte delle istituzioni; nel modello Riabilitativo, dove il trattamento sanitario e rieducativo avveniva all’interno di strutture chiuse – fossero case di correzione, ospizi o manicomi – ci si poteva solo affidare all’attesa che i trattamenti sanitari e la rieducazione sociale potessero portare davvero ad un reinserimento  del soggetto nel tessuto di appartenenza».

Come si perviene, allora, alla (ri)comparsa di alcuni strumenti e approcci di Giustizia Riparativa?

«Solamente dalla seconda metà degli anni ’60 del secolo scorso, facendo memoria di quanto ancora accade nelle cosiddette società a lenta evoluzione – come le tribù della Nuova Zelanda o gli indigeni Wayuus tra la Columbia e il Venezuela -, si inizia a prendere in considerazione l’allarme sociale che la devianza produce e a considerare l’ambiente di appartenenza degli autori come un soggetto leso nelle sue aspettative, in particolare quelle nutrite nei confronti dei propri membri. Secondo tale prospettiva solamente quando i rei, avendo preso coscienza dei danni causati, si attivano per porre in essere delle riparazioni, vengono riaccolti come cittadini “nuovi” della società».

Quali sono dunque gli strumenti di Giustizia (Riparativa) di Comunità che trovano applicazione in Italia?

«Per quanto oggi siano ancora poche in Italia le sperimentazioni sulla Giustizia di Comunità, assistiamo comunque ad una loro lenta implementazione nei programmi di Giustizia Riparativa.

Tra i principali che abbiamo preso a modello dai paesi oltre Oceano ricordiamo i seguenti.

I Restorative Circols (dialogo riparativo) che trae origine dai circoli rituali all’interno dei quali le tribù usavano riunirsi per risolvere i loro conflitti e sono caratterizzati dalla possibilità di promuovere un dialogo guidato in cui ciascuno dei partecipanti può esprimere, attraverso la narrazione dei fatti, la propria percezione della portata e della valenza del conflitto, delle emozioni coinvolte, del danno subito nella sua globalità e proporre soluzioni sulla modalità di prevenire danni futuri. All’interno del Circols, oltre alla vittima e all’autore dell’evento, prendono parte anche i rappresentanti delle istituzioni.

I Family Group Conferencing (modalità operative) sono una forma di mediazione allargata, che trae origine da alcune pratiche diffuse nelle comunità aborigene della Nuova Zelanda e nella quale si tende a realizzare un dialogo esteso ai gruppi parentali e a tutti i soggetti coinvolti nella commissione di un reato, al fine di decidere collettivamente le modalità di gestione del conflitto nascente dall’evento. All’interno di questo gruppo la comunità è presente attraverso i rappresentanti delle forze dell’ordine, dei servizi sociali».

Qui si trova il video dell’intervento di Maria Alice Trombara.

Il secondo intervento, di Maurizio D’Alessandro, è visibile qui; quello precedente, il primo, di Martina Vallesi si trova qui. Invece, qui è pubblicato il video dell’ultimo intervento della Tavola Rotonda “Ricostruire Legami”, quello di Antonella Baiocchi, su micro e macro conflitti e sul loro impatto emotivo sui protagonisti e sulla comunità.

Maurizio D’Alessandro: Comunità e Istituzioni: accogliere il disagio e arginare il disordine – Tavola Rotonda Ricostruire legami

Maurizio D’Alessandro, nella sua relazione alla Tavola Rotonda “Ricostruire legami“, ha proposto una riflessione in cui taluni miti dell’antichità – in particolare, alcune tragedie che li hanno rappresentati e alcune loro interpretazioni filosofiche (la trilogia dell’Orestea di EschiloLe Baccanti di Euripide e Platone) -, sulla transizione dalla giustizia privata a quella istituzionale e sulla necessità di riconoscere la parte irrazionale, e la distinzione di Ferdinand Tönnies tra Comunità e Società, si collegano ai significati sottesi ai Servizi gratuiti di Ascolto e Mediazione nei diversi ambiti (da quello familiare a quello penale) erogati da Me.Dia.Re.

In particolare, spiega Maurizio D’Alessandro,

«A partire nelle riflessioni di Ferdinand Tönnies nel suo testo più famoso Comunità e società del 1878 assistiamo alla separazione tra due tipi di aggregazioni umane: la comunità da una parte e la società dall’altra. Le comunità sono aggregati organici basati su relazioni parentali e di conoscenza diretta e intima, per esempio il rapporto madre-bambino è il primo nucleo in cui si formano le comunità che sono dunque aggregati piccoli caratterizzati da relazioni parentali o comunque a cui non partecipano molti individui.

Con l’urbanizzazione emerge la società in cui il rapporto tipico tra gli individui è un rapporto di scambio quindi un rapporto di reciproca competizione tra di loro.

Nella contemporaneità il termine comunità è sempre più presente (e forse discusso); assistiamo quindi a una dialettica tra i legami che potremmo definire comunitari (la famiglia, gli abitanti del quartiere etc.) e l’istituzione.

A proposito della nascita delle istituzioni da punto di vista mitologico-narrativo un modello può essere l’Orestea di Eschilo: a seguito del ritorno di Agamennone dopo la guerra di Troia, questi viene ucciso dalla moglie Clitemnestra e dall’amante Egisto. L’ultima tragedia della trilogia: le Eumenidi, descrive il passaggio dal diritto privato basato sulla vendetta compiuta da Oreste ai danni della madre e di Egisto, al “tribunale” come passaggio al mondo delle istituzioni.

Facendo un passo avanti Le baccanti di Euripide in cui Penteo non riconosce la divinità di Dioniso, dio del vino e che ha sempre rappresentato nella Grecia classica il mondo dell’irrazionale, presenta un caso particolare di “delitto”: non riconoscendo la divinità del Dio, Penteo infatti, viene ucciso dalle Baccanti che non lo individuano come il re di Tebe. Potremmo dire che se la parte irrazionale non viene riconosciuta può essere distruttiva.

La polis dunque come istituzione può fungere da contenimento a quella spinta irrazionale e distruttiva che sembra caratterizzare sia il singolo soggetto sia gli  aggregati umani.

Parlando di Restorative Justice mentre in francese la traduzione Justice Réparatrice ricalca quella più diffusa in Italia, lo spagnolo con la traduzione: Justicia Restaurativa sembra tener conto di una sfumatura importante.

Queste traduzioni destano curiosità perché fanno sorgere una domanda: la mediazione ha una funzione riparatrice o può anche solo permanere nel concetto di “Ristoro”? Prima della mediazione, quindi, il “riconoscimento” che si attua attraverso l’ascolto, può essere la chiave di volta su cui fondare l’intervento mediativo affinché tanto la vittima, quanto il reo possano essere accolti e ascoltati, al di là dei ruoli stereotipici loro attribuiti».

Qui si trova il video dell’intervento di Maurizio D’Alessandro.

Il precedente intervento, quello di Martina Vallesi, sugli obiettivi della Giustizia Riparativa come strumento di riparazione dei legami nella comunità è visibile qui; quello successivo, il terzo, di Maria Alice Trombara sugli strumenti di Giustizia Riparativa nella vita delle comunità si trova qui. Invece, in questo post è pubblicato il video dell’ultimo intervento della Tavola Rotonda “Ricostruire Legami”, quello di Antonella Baiocchi, su micro e macro conflitti e sul loro impatto emotivo sui protagonisti e sulla comunità.

 

M. Vallesi: Funzioni della Giustizia Riparativa all’interno della comunità – Tavola rotonda Ricostruire legami

«La Giustizia Riparativa può essere utilizzata a livello comunitario per la riparazione dei legami, che, poi, sono il fondamento del vivere comune. Infatti tutta la normativa internazionale in materia ribadisce che questo nuovo paradigma di giustizia è funzionale al recupero di quei legami che si rompono per effetto di un reato o di un conflitto generato da quello».

Ha affermato Martina Vallesi nella sua relazione alla Tavola Rotonda “Ricostruire legami“, citando anche la Risoluzione 15/‘02 del Consiglio Economico e Sociale dell’ONU (Standards and norms in crime prevention and criminal justice), nella quale si propone una definizione sovranazionale di Giustizia Riparativa come quel procedimento in cui «la vittima e il reo, e dove appropriato, ogni altro individuo o membro della comunità leso da un reato, partecipano insieme, attivamente, alla risoluzione delle questioni sorte dal reato, generalmente con l’aiuto di un facilitatore».

Ma nella sua relazione, Martina Vallesi cala anche il discorso nella concretezza della vita quotidiana in una comunità, raccontando, ad esempio, di come sia stato fondamentale il coinvolgimento della cittadinanza nel corso di un’esperienza di mediazione di un conflitto, connesso alla realizzazione di un progetto di riqualificazione urbanistica di una zona periferica.

Del resto, spiega Martina Vallesi,

«Da sempre, il Diritto penale e le Scienze criminologiche hanno concentrato l’attenzione sulla figura del delinquente, sulla sua personalità, sulla possibilità di recupero e sull’individuazione di un trattamento sanzionatorio di natura penale adeguato al crimine commesso, dimenticando di considerare i soggetti deboli del “rapporto” criminoso.

Permettere a “vittima” e “comunità” di entrare nella dimensione riparativa, equivale a riportare il conflitto generato dal reato all’interno della dimensione in cui si è creato, perché è lì che può trovare migliore cura».

Qui si trova il video dell’intervento di Martina Vallesi.

Il successivo intervento, di Maurizio D’Alessandro, è visibile qui; quello seguente, il terzo, di Maria Alice Trombara, sugli strumenti di Giustizia Riparativa nella vita delle comunità si trova qui. In questo post è pubblicato il video dell’ultimo intervento della Tavola Rotonda “Ricostruire Legami”, quello di Antonella Baiocchi, su micro e macro conflitti e sul loro impatto emotivo sui protagonisti e sulla comunità.

 

L’influenza della cultura cristiana nella mediazione penale

La Giustizia Riparativa e, in particolare, la Mediazione Penale in particolare possono risentire dell’influenza culturale del cristianesimo, ad esempio su registri come quello dell’espiazione o quello del perdono,

si è chiesto Maurizio D’Alessandro, rivolgendosi ai relatori (Maria Alice Trombara, Maria Rosaria Sasso, Alberto Quattrocolo e Giovanni Grauso) della Tavola Rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La Mediazione dei Conflitti e i suoi ambiti“.

In questo video è possibile seguire le riflessioni che sono state svolte, anche da Martina Vallesi, grazie a quella domanda, posta dopo alcune osservazioni svolte dai relatori e dai partecipanti sulle relazioni appena esposta.

Il tema della Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale è quello affrontato nel video dell’intervento di Giovanni Grauso. Mentre in questo post è pubblicato il video del terzo intervento, di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica”. In questo post è pubblicato il video del secondo intervento, di Alberto Quattrocolo, su “Ascolto e Mediazione in ambito sanitario“. Il video del primo intervento, quello di Maria Alice Trombara, sulla Mediazione Penale, è contenuto in questo post.

Giovanni Grauso: La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale – Tavola rotonda Cittadinanza alle emozioni

Giovanni Grauso svolge le sue riflessioni su possibilità e limiti delle previsioni della Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale.

Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Giovanni Grauso.

Mentre in questo post è pubblicato il video del terzo intervento di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica”. In questo post è pubblicato il video del secondo intervento, di Alberto Quattrocolo, su “Ascolto e Mediazione in ambito sanitario“. Il video del primo intervento, quello di Maria Alice Trombara, sulla Mediazione Penale, è contenuto in questo post. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.

Maria Rosaria Sasso: La Mediazione Scolastica – Tavola rotonda Cittadinanza alle emozioni

La Mediazione Scolastica, il suo senso, la sua funzione e le sue ricadute, è al centro del discorso di Maria Rosaria Sasso, in questo video del terzo intervento della tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La Mediazione dei suoi Conflitti e si suoi ambiti”.

Infatti, come sostiene nella sua riflessione:

«Purtroppo nella scuola, che è la prima agenzia di socializzazione, si parla troppo poco di emozioni, ma a queste e ai conflitti che lì sorgono (quelli tra studenti, quelli tra questi e gli insegnanti, quelli tra le famiglie e i docenti…) può dar voce, e la dà, la Mediazione Scolastica»

Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Maria Rosaria Sasso.

Mentre in questo post è pubblicato il video del quarto intervento nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni”, quello di Giovanni Grauso, su “La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale“. In questo post è pubblicato il video del secondo intervento, di Alberto Quattrocolo, su “Ascolto e Mediazione in ambito sanitario“. Il video del primo intervento quello di Maria Alice Trombara, sulla Mediazione Penale, è contenuto in questo post. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.

 

A. Quattrocolo: Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito sanitario – Tavola Rotonda Cittadinanza alle emozioni

«Perché mediare i conflitti tra medici, o infermieri, ecc., e pazienti (e loro famigliari)? Perché ci sono.

La risposta più semplice e superficiale è: perché ci sono.

Se ci si chiede da quando ci sono, la risposta si fa più complessa: in un certo senso, ci sono da sempre.

In generale, uno dei principali meccanismi relazionali d’innesco del conflitto, tra individui e tra gruppi (più o meno organizzati) è il vissuto di mancato riconoscimento sperimentato da almeno uno dei protagonisti della relazione (…) Quando il paziente sente di non essere riconosciuto come persona, sperimenta la negazione di un suo bisogno fondamentale; ma anche quando un medico incontra atteggiamenti non collaborativi od oppositivi del paziente, oppure quando viene trattato con sufficienza, o peggio quando è sospettato di negligenza, imperizia o imprudenza, sente negato, tra gli altri, anche il suo bisogno di essere riconosciuto nel suo ruolo e nella sua identità professionale, e sente ignorata la normale esigenza di essere rispettato in quanto essere umano che ricopre quel ruolo. Non scordiamo, tra parentesi, che accusare qualcuno di aver agito con imprudenza, imperizia o negligenza, significa mettere in dubbio la sua moralità personale.

Per gestire il conflitto tra professionisti della salute e pazienti, occorre entrare dentro la carne viva del conflitto. Cioè, occorre ascoltare sentimenti ed emozioni, pensieri e posizioni dei pazienti e dei professionisti in conflitto».

Nel secondo intervento alla tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La mediazione dei suoi conflitti e i suoi ambiti” (organizzata dall’Associazione Me.Dia.Re. il 12 novembre), è sull’esperienza pratica di Ascolto e Mediazione svolta da Me.Dia.Re. e dalle équipe formate da tale associazione nelle Aziende Sanitarie Pubbliche che si è basata la riflessione di Alberto Quattrocolo sulle possibilità di gestire i conflitti tra professionisti e pazienti (che si manifestino con denunce o richieste di risarcimento per responsabilità professionale, con reclami, con aggressioni ai danni degli operatori e in altri modi ancora).

Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Alberto Quattrocolo su Ascolto e Mediazione dei Conflitti in ambito sanitario.

Mentre in questo post è pubblicato il video del primo intervento nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni”, di Maria Alice Trombara, sulla Mediazione Penale. Qui, si trova il terzo intervento, di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica” e in quest’altro post abbiamo pubblicato il quarto intervento, di Giovanni Grauso, su “La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale“. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.

M. A. Trombara: La mediazione penale – Tavola Rotonda Cittadinanza alle emozioni

Maria Alice Trombara, nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni. La mediazione dei suoi conflitti e i suoi ambiti”, organizzata dall’Associazione Me.Dia.Re. il 12 novembre, ha spiegato premesse, caratteristiche, approcci, obiettivi della Mediazione Penale, come strumento di Giustizia Riparativa. In tale prospettiva, Maria Alice Trombara svolge un fondamentale excursus storico dei passaggi dei diversi paradigmi di giustizia, da quella Retributiva a quella Riabilitativa, per giungere, infine, a quella Riparativa, soffermandosi anche sulle esperienze europee ed italiane di mediazione penale e sul modello Umanistico di quest’ultimo, i suoi significati, le sue fonti d’ispirazione e le sue peculiarità.

Qui sotto è possibile vedere il video dell’intervento di Maria Alice Trombara.

Mentre in questo post è pubblicato il video del secondo intervento nella tavola rotonda “Cittadinanza alle emozioni”, quello di Alberto Quattrocolo, sulla mediazione dei conflitti tra medico e paziente (“Ascolto e Mediazione in ambito sanitario“). Qui, si trova il terzo intervento, di Maria Rosaria Sasso, su “La Mediazione Scolastica” e in quest’altro post abbiamo pubblicato il quarto intervento, di Giovanni Grauso, su “La Giustizia Riparativa nella nuova riforma del processo penale“. In questo ulteriore post è pubblicato il video del confronto tra questi relatori stimolati da una domanda-riflessione di Maurizio D’Alessandro riguardo a se e a quanto la mediazione penale (ma anche quella familiare e quella in altri ambiti relazionali e sociali) sia influenzata dalle radici cristiane della nostra cultura.

Ricostruire legami: tavola rotonda del 19 novembre

“RICOSTRUIRE LEGAMI”

Il 19 novembre, in diretta Zoom, sulla pagina Facebook di Me.Dia.Re., dalle 17,30 alle 19,30, si svolgerà la Tavola rotonda “Ricostruire legami”, in cui si parlerà della Mediazione dei Conflitti come risorsa per la riparazione o la ricostruzione dei legami (sociali).

Programma

  • Introduzione (Alberto Quattrocolo)
  • Funzioni della giustizia riparativa all’interno della comunità (Martina Vallesi)
  • Comunità e istituzioni: accogliere il disordine e gestire il disagio (Maurizio D’Alessandro)
  • Gli strumenti della Giustizia Riparativa all’interno della comunità (Maria Alice Trombara)
  • Micro e macro conflitti all’interno del tessuto sociale. Impatto emotivo sugli autori, vittime e comunità (Antonella Baiocchi)

La partecipazione all’incontro è gratuita.

 

Per informazioni: info@me-dia-re.it