1940: La Francia, colpita alle spalle dall’Italia di Mussolini, reagisce bombardando Genova e Savona

Nel giugno del 1940 l’Italia dichiarava guerra alla Francia. A Mussolini servivano “alcune migliaia di morti” per sedersi, di lì a pochi mesi – così assicurava – al tavolo del vincitore (lo abbiamo ricordato in questo post). Come sia andata, è noto a tutti: i morti furono centinaia di migliaia, i mesi quasi 60 e Mussolini finì come sappiamo.

La guerra per la popolazione civile comincia bruscamente, in Liguria, a Savona e Genova, alle 04,26 del 14 giugno, quando alcune esplosioni provenienti dai serbatoi combustibili di Vado Ligure, seguite due minuti dopo da altri boati provenienti dalle installazioni metallurgiche di Savona, danno la sveglia agli abitanti, mentre altri scoppi si sentono a levante, verso Genova.

Sono le granate provenienti dalla terza squadra navale francese, guidata dal Contrammiraglio Duplat: composta da 4 incrociatori, scortati da 11 caccia e 4 sommergibili, era partita dalla rada di Tolone la sera precedente; la copertura aerea è assicurata da 9 bombardieri. Come obiettivi ha le installazioni industriali di Vado Ligure, Savona e l’area industriale-portuale di Genova. La missione, ritorsione a un’incursione aerea italiana su Tolone, ha però anche motivazioni psicologiche: l’operazione è denominata “Alba di fuoco”, nota anche come battaglia di Genova.

La reazione italiana è pronta ma inefficace: sparano la batteria di Capo Vado e il treno armato posizionato ad Albisola, ma nessuno degli avversari viene colpito; i Mas italiani attaccano i cacciatorpediniere francesi con il lancio di sei siluri, che non causano danni, ma riescono a far ripiegare il nemico. Alle 4:48 l’attacco su Savona cessa.

Il secondo fronte dell’attacco francese colpisce il tratto di costa tra Arenzano e Sestri Ponente. Qui, da parte italiana, aprono il fuoco la Batteria Mameli e due pontoni armati; l’unica imbarcazione della Regia Marina a prendere parte alla difesa della città è la vecchia torpediniera Calatafimi, di scorta a una posamine nella zona: comandata dal tenente di vascello Giuseppe Brignole, si avvicina alla squadra francese protetta dalla foschia e lancia alcuni siluri, mostrando grande coraggio ma anche tutta l’inefficacia e vetustà della sua strumentazione bellica.

Allontanatesi indisturbate le navi francesi, incomincia la conta dei danni. Sugli insediamenti industriali di Vado Ligure si scorgono fiammate e colonne di fumo che si innalzano dai serbatoi; si riscontra, da successivo rapporto militare, che sono stati colpiti 7 edifici privati, lo stabilimento Monteponi, il gasometro con 1800 metri cubi di gas, lo stabilimento Agip dove un serbatoio da 15mila litri di nafta prende fuoco, lo stabilimento Carbon Fossili, l’ILVA e Fornicoke.

A Savona il bombardamento navale francese danneggia la stazione ferroviaria, il palazzo comunale, l’istituto nautico, le Distillerie Italiane, una trentina di appartamenti e fabbricati in diversi punti del centro città. Danni sparsi anche nelle zone di Albisola e Zinola, dove viene colpito pure il cimitero: cessate di uccidere i morti, scriverà più tardi Ungaretti.

La guerra mostra subito quello che sarà il suo volto: in prima linea non solo i militari ma anche le città e i civili. A Savona i morti sono 6 e 22 i feriti e, in numero minore, si contano vittime anche a Vado-Zinola e Genova, ma l’azione francese provoca importanti ripercussioni sul morale degli abitanti.

Il bilancio più pesante, quello su cui si sarebbe dovuto riflettere da parte dei vertici militari, è però quello strategico. La spedizione francese rende evidente la fragilità dell’apparato militare italiano: l’attacco delle motosiluranti senza esito, due siluri della Calatafimi che si inceppano nei tubi di lancio, il pontone armato che non può sparare perché accecato dal suo fumo, un pezzo della Mameli che va in avaria. Soprattutto si manifesta in modo drammatico l’incapacità dell’organizzazione militare a provvedere alla difesa delle città e dei loro abitanti: una flotta nemica poteva arrivare inavvertita e praticamente indisturbata fino davanti a Genova e ritirarsi altrettanto indisturbata grazie alla mancanza di ogni attività di ricognizione da parte dell’aviazione italiana, le grandi unità della Marina del tutto assenti, gli aerei che non riescono a intercettare le navi francesi nel viaggio di ritorno. Appariva evidente che l’Italia era stata portata in guerra con mezzi del tutto inadeguati rispetto alle velleità e alla reazione che si sarebbe scatenata.

Savona può così vantare il triste primato del primo bombardamento aeronavale sul suolo italiano nel corso della seconda guerra mondiale (il primo bombardamento aereo era già avvenuto su Torino l’11 giugno). L’area costiera ligure sarà ancora attaccata a più riprese, nel corso del conflitto: la strategia dei bombardamenti navali, prima francesi e poi britannici, del 1940-41 tornerà a concentrarsi sulla costa da Sestri Ponente a Voltri e nel savonese, estendendosi poi su Imperia, Finale Ligure, Varazze, Albenga, Genova e La Spezia. A essere colpita è la regione, più che una città in particolare: se infatti la città di Genova sostiene i danni più concentrati, tutta la Liguria subisce danni ingenti a causa della densità di complessi industriali dislocati lungo la costa, l’importanza dei suoi porti e la presenza della base navale di La Spezia.

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Sono state condotte analisi circa le diverse forme attraverso le quali, durante e dopo la seconda guerra mondiale, si è perpetuato presso la popolazione italiana il ricordo dell’esperienza dei bombardamenti. Si è rilevato come, sin dai primi tragici eventi del ’40-41, il coinvolgimento dei civili come “vittime collaterali” di operazioni belliche dirette contro impianti industriali e infrastrutture abbia iniziato a incrinare il consenso di cui godeva Mussolini, sebbene sia osservabile una lunga e imbarazzata rimozione, dall’elaborazione collettiva del lutto, in relazione ai bombardamenti alleati degli anni successivi, che uccisero vittime innocenti, colpevoli in quanto italiane, condannate a morte senza processo per i crimini del loro stato: nella narrazione del secondo dopoguerra, imperniata sull’idea di “guerra giusta”, le stragi di civili provocate dal bombardamento strategico americano e britannico saranno a lungo indicibili, e attribuite comunque alla responsabilità del regime fascista, che aveva portato l’Italia in guerra, come tuttora è possibile riscontrare in molte iscrizioni su monumenti o lapidi che commemorano i caduti.

Nella maggioranza dei casi, le istituzioni locali che si sono occupate di tramandare la memoria dei bombardamenti sono i comuni, da un punto di vista meno istituzionale e più emotivo.

In particolare, proprio a Savona, città medaglia d’oro al valore militare per il sacrificio compiuto dalla sua popolazione e medaglia d’oro al merito civile per l’attività partigiana svolta, appare significativo il riutilizzo di un monumento preesistente, esteso dal primo conflitto mondiale al secondo, per commemorare i caduti di tutte le guerre: denominata “Rintocchi e memorie”, l’opera include una campana, che ogni giorno, alle 18.00, batte 21 colpi, uno per ogni lettera dell’alfabeto italiano, mentre tutte le persone presenti in piazza e il traffico si fermano fin quando non è risuonato l’ultimo rintocco. Nella tradizione cittadina, è considerato un monumento alla pace.

 

Silvia Boverini

Fonti: www.it.wikipedia.org; C. Baldoli, “La memoria dei bombardamenti nelle regioni del Nord Italia”, http://www.treccani.it; L. Oliveri, “14 giugno 1940: la Marina Francese bombarda Genova e Savona”, http://uomini-in-guerra.blogspot.com; “14 giugno 1940, le prime bombe su Savona e Vado”, https://campionaridiparoleeumori.wordpress.com; www.ivg.it

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